Per più di 10 anni tutti i Big Tech hanno avviato l’attività di lobbying sui Governi per evitare norme stringenti con la scusa di assicurare a Internet, e quindi agli stessi giganti del web, la massima libertà di espansione, di azione e di iniziativa economica. In questo modo gli Stati e le Autorità regolatorie hanno continuato ad applicare, principalmente, offline le norme che tutelano il mercato, la concorrenza e le comunicazioni.
E proprio a causa dell’anarchia digitale, ora la Rete ha raggiunto un punto di non ritorno: fake news, hate speech, attentati terroristici effettuati in diretta sui social, interferenze straniere sulle piattaforme online per influenzare gli utenti-elettori e continui scadali per violazione dei dati personali. Tutti questi problemi hanno portato a gettare la spugna a Mark Zuckerberg, il fondatore e ceo di Facebook, il social che più di tutti incarna spesso la parte peggiore del web, sopra descritta. Così Zuckerberg ha lanciato un messaggio, soprattutto per de-responsabilizzarsi: sia dalle pagine del Washington Post (l’editore è Jeff Bezos a capo di Amazon), sia sul suo profilo personale chiede esplicitamente “nuove regole” per “proteggere Internet dai contenuti pericolosi”. E per avere nuove norme, scrive il fondatore di Facebook, occorre “un ruolo più attivo da parte dei governi”. Addirittura è Mark Zuckerberg a richiamare gli Stati, a farli notare che è arrivata l’ora di svegliarsi per approvare regole per migliorare il web: “Penso che sia importante definire quali ruoli vogliamo che le aziende e i governi possano giocare nell’affrontare queste sfide”, ha scritto. In realtà Zuckerberg chiede nuove regole comuni per non essere più accreditato come responsabile dei tanti problemi creati da Facebook.
“Contenuti dannosi, integrità elettorale, privacy e portabilità dei dati”. Su questi quattro temi il ceo Facebook crede ci sia bisogno di un “nuovo regolamento”.
Contenuti dannosi in Rete, servono linee guida
Dopo anni in cui i Governi e anche le autorità europee hanno lasciato spazio all’autoregolamentazione degli Over the Top per contrastare hate speech, fake news e in generale contenuti “tossici” sul web, Zuckerberg dice basta all’autoregolamentazione: “Questo significa decidere quello che è propaganda terroristica, post di odio e altro ancora”, ha sottolineato. “Nel tempo ci siamo confrontati con gli esperti sulle nostre politiche in questo senso, ma mi rendo contro che così faremo sempre errori e prenderemo decisioni con le quali le persone non sono d’accordo”. La confessione. Poi scatta la mossa. Chiede agli Stati e “agli organismi indipendenti di fissare gli standard che disciplinano la distribuzione di contenuti nocivi e tarare le aziende contro questi standard. Il regolamento potrebbe impostare le linee di base su ciò che è proibito e richiedere alle aziende di costruire sistemi per ridurre i contenuti al minimo possibile”.
Zuckerberg invoca standard comuni anche per evitare le interferenze politiche sui social. Nel 2019 siamo ancora a delle mere raccomandazioni da parte di Authority e per di più solo durante le campagne elettorale, ma ormai, soprattutto per via dei social, le campagne elettorali sono permamenti…
Addirittura per la protezione dei dati sul web, il fondatore di Facebook prende a modello il GDPR, il Regolamento europeo sulla data protection, fino a ieri da lui stesso considerato “troppo stringente”, così l’ha definito l’anno scorso nelle audizioni al Congresso Usa. Ora ha cambiato idea: “Serve un quadro armonizzato globale. Le persone in tutto il mondo hanno richiesto un regolamento completo sulla privacy in linea con il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea, e io sono d’accordo. Credo che sarebbe un bene per Internet se più Paesi adottassero un regolamento come il Gdpr come quadro comune”.
Infine il ceo di Facebook chiede una mano agli Stati anche sulla portabilità dei dati: “Anche questo ha bisogno di standard comuni, per questo sosteniamo un formato standard di trasferimento dei dati e il progetto di trasferimento di dati open source”.
Dunque Facebook è favorevole a regole, linee guida e a sistemi di monitoraggio, tanto criticati dagli oppositori della nuova direttiva Copyright nell’Ue, ma come mai? Gli convengono di più, dal punto di vista economico, organizzativo e di reputazione. Se davvero dovessere essere approvate le norme richieste, Zuckerberg si limiterebbe ad applicarle, attribuendo poi la colpa ai Governi e alle Authority di eventuali censure.