Ora che l’intelligenza artificiale generativa è realtà ed è presente in tante applicazioni soprattutto di Big Tech adesso c’è fame di dati per allenare questi algoritmi.
Mentre Microsoft e Google provano la carta di una montagna di corsi gratuiti per far diffondere il più possibile i loro tool di intelligenza artificiale, Zoom ha iniziato ad addestrare la sua IA con i dati dei clienti. La notizia, diffusa dal sito Stackdiary, ha subito e, giustamente, scatenato le preoccupazioni dei clienti della piattaforma di videocall.
“È il momento di abbandonare Zoom e trovare un’alternativa”, è la reazione più comune condivisa sui social da molti clienti della piattaforma, che ha portato la chief operating officer di Zoom, Aparna Bawa, a tentare di frenare le preoccupazioni.
“I clienti Zoom decidono se abilitare le funzionalità di intelligenza artificiale generativa (di recente lanciate con prova gratuita) e separatamente possono dare il consenso a condividere i contenuti con Zoom per scopi di miglioramento del prodotto”, ha scritto la COO della società.
“Questo è opt-in. Un nuovo utente che inizia a usare Zoom oggi non ha questo attivato per impostazione predefinita”, ha spiegato ancora la manager.
Opt-in significa che il cliente deve essere consapevole e dare il proprio consenso a cedere tutti i suoi dati per allenare l’IA generativa di Zoom.
Ma, nonostante questa spiegazione della chief operating officer di Zoom, i clienti della piattaforma restano preoccupati, perché, segnalano, il vero problema è nei Termini di servizio di Zoom da poco aggiornati.
“I Termini di servizio concedono a Zoom un uso illimitato ed eterno alle nostre conversazioni per addestrare la sua intelligenza artificiale e potenzialmente rivelare il nostro lavoro agli altri tuoi clienti”, fanno notare alcuni utenti.
“I Termini di servizio consentono per il Machine Learning e l’intelligenza artificiale diritti irrevocabili a Zoom. Ciò è particolarmente preoccupante per coloro che lavorano nel settore sanitario”, ha commentato una esperta di cybersecurity.
Tutti i dati pubblici degli utenti Google per addestrare Bard
Infine, secondo il sito CPO magazine anche Google ha aggiornato l’informativa sulla privacy per consentirle di usare tutti i dati pubblici generati dagli utenti con le sue piattaforme per addestrare la IA generativa, ossia Bard. Disponibile ora in nuove 40 lingue, tra cui arabo, cinese, tedesco, hindi e spagnolo e il suo utilizzo è stato ora esteso anche il Brasile e in tutti i 27 paesi dell’UE.