Lo zero rating è vietato in principio, ma può essere autorizzato dal regolatore nazionale. Questo il senso delle sentenze, pronunciate oggi, dalla Corte di giustizia europea dell’Unione europea. Le sentenze sono un inno alla net neutrality e sono una buona notizia per i consumatori, perché lo zero rating è vantaggioso per il cliente solo in apparenza.
Innocenzo Genna: “La Corte ribadisce che si tratta di una fattispecie vietata, salvo che il regolatore nazionale la autorizzi in virtù del minimo impatto sul mercato”
“Zero-rating means zero-rating”. “La Corte ribadisce, senza tentennamenti”, spiega a Key4biz Innocenzo Genna, “che si tratta di una fattispecie vietata, salvo che il regolatore nazionale la autorizzi in virtù del minimo impatto sul mercato. Ma non è questo il caso in questione, perché Vodafone e TMobile da soli rappresentano una parte predominante del mercato tedesco“, osserva ancora l’avvocato specializzato in politiche e regolamentazioni europee per il digitale, la concorrenza e le liberalizzazioni.
La Corte di Giustizia già con la sentenza di settembre 2020 ha bocciato le pratiche di zero rating, perché sono vietate dal regolamento 2015/2120 (il “Regolamento”) che ha introdotto nel quadro europeo disposizioni sulla neutralità della rete.
Dario Denni: “Ritenute illegittime le pratiche di zero rating perché a monte era già chiara la lesione dei diritti degli utenti finali”
“La Corte di Giustizia ha ritenuto illegittime queste pratiche di zero rating perché a monte era già chiara la lesione dei diritti degli utenti finali”, dichiara a Key4biz Dario Denni, direttore della regolamentazione di Europio Consulting. “Infatti”, continua, “va detto che le offerte zero rating non sono illegittime in sé e per sé ma necessitano di un’attenta valutazione – caso per caso – da parte delle Autorità di Regolazione Nazionali”.
“Nel caso di specie”, ricorda Denni, “gli operatori devono essersi rivolti al Tribunale Amministrativo in opposizione della valutazione dell’Autorità Nazionale tedesca. Il Giudice Amministrativo tedesco deve aver sentito l’esigenza di adire la Corte europea per chiarire una fattispecie così tecnica”. Secondo Dario Denni, “la Corte di Giustizia trovandosi di fronte ad un’offerta già in violazione del regolamento sul roaming, ha altresì ritenuto illegittime le opzioni tariffarie zero rated che sono state attivate su quell’offerta perché in violazione del regolamento su Open Internet”.
Net Neutrality
Le sentenze rispecchiano il principio della net neutrality ed ecco perché sono positive per i consumatori. “Lo zero rating è vantaggioso per il cliente solo in apparenza: uno schema tariffario con cui si induce ad utilizzare determinati servizi invece di altri, ma non c’è niente di innovativo. Non si tratta di nuovi servizi o di innovazione, ma solo di una diversa tariffazione di servizi esistenti”, commenta Genna.
“È evidente quindi”, sottolinea Dario Denni, “che non si possono aggirare le norme europee con delle strategie contrattuali, con accordi o con pratiche commerciali che introducano un trattamento non equo e discriminatorio del traffico. Anche le opzioni tariffarie devono rispettare il Regolamento, operare con trasparenza in modo da superare il controllo delle Autorità nazionali. Le linee guida del Berec hanno recentemente chiarito ogni dubbio su questo. Le offerte e i programmi devono essere trasparenti, non discriminatori, equi e ragionevoli. A maggior ragione devono esserlo le opzioni tariffarie”.
Le sentenze nel dettaglio
Analizziamo le tre sentenze della Corte di Giustizie dell’Ue con cui ha stabilito:
- Le opzioni a «tariffa zero» sono contrarie al regolamento sull’accesso a un’Internet aperta
- E ne consegue che limitazioni della larghezza di banda, della condivisione della connessione o dell’utilizzo in roaming, conseguenti all’attivazione di una siffatta opzione, sono anch’esse incompatibili con il diritto dell’Unione
“La Corte ha rigettato la possibilità per gli operatori di superare il divieto di zero rating con delle offerte ‘creative’, come quelle oggetto del giudizio”, continua Innocenzo Genna.
“In questo modo”, questa la decisione importante della Corte – spiega Genna, “l’arbitro ultimo circa l’ammissibilità dello zero rating resta il regolatore nazionale che, tenendo conto delle dimensioni delle imprese coinvolte e quindi dell’impatto sul mercato, può eventualmente dare il via libero”.
“Vodafone e TMobile hanno probabilmente sperato in una sentenza diversa della Corte, che autorizzasse delle forme di zero rating senza passare per il regolatore nazionale. Ma è andata male”, ha concluso l’avvocato Genna.
Che cos’è la tariffa zero
Un’opzione tariffaria cosiddetta a «tariffa zero» è una pratica commerciale mediante la quale un fornitore di servizi di accesso a Internet applica una «tariffa zero» o più vantaggiosa, a tutto o a una parte del traffico di dati associato a un’applicazione o a una categoria di applicazioni specifiche, proposte da partner di detto fornitore di servizi di accesso. Questi dati non sono quindi detratti dal volume di dati acquistato nell’ambito del piano tariffario di base. Una siffatta opzione, proposta nell’ambito di piani tariffari limitati, consente così ai fornitori di servizi di accesso a Internet di accrescere l’attrattiva della loro offerta.
In conclusione
Con le sue sentenze, la Corte di giustizia ricorda che un’opzione a “tariffa zero”:
- opera, sulla base di considerazioni di ordine commerciale, una distinzione all’interno del traffico Internet, non detraendo dal piano tariffario di base il traffico verso applicazioni di partner. Una siffatta pratica commerciale non soddisfa l’obbligo generale di trattamento equo del traffico, senza discriminazioni o interferenze, quale previsto dal regolamento sull’accesso a un’Internet aperta.
- Ed inoltre, le suddette limitazioni della larghezza di banda, della condivisione della connessione (tethering) o dell’utilizzo in roaming, dal momento che trovano applicazione unicamente a causa dell’attivazione dell’opzione tariffaria a «tariffa zero», che è contraria al regolamento sull’accesso a un’Internet aperta, sono anch’esse incompatibili con il diritto dell’Unione.
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