Elon Musk non ha mai nascosto la sua fidelizzazione a Donald Trump. Il rischio che il suo principale prodotto per i consumatori, il social X, possa diventare un megafono solo dei contenuti che interessano al magnate, sempre più legati ai repubblicani, è adesso reale.
X ha infatti deciso di impedire agli utenti di postare link a una newsletter contenente un documento hackerato che si suppone sia la ricerca della campagna di Trump sul candidato vicepresidente JD Vance. Il giornalista che ha scritto la newsletter, Ken Klippenstein, è stato sospeso dalla piattaforma. Le ricerche di post contenenti un link alla newsletter al momento danno solo errori. Ecco qui sotto la prova.
Cosa è successo
Il documento, che sarebbe frutto di un hacking messo in atto da attori statali iraniani, conterrebbe 271 pagine redatte dai democratici, evidentemente di critica, sul compagno di corsa dell’ex presidente Donald Trump, il senatore JD Vance, repubblicano dell’Ohio. Sebbene diversi organi di informazione abbiano ricevuto informazioni dall’hacking, sembra abbiano rifiutato di pubblicarle. Klippenstein afferma nella sua newsletter che una fonte chiamata “Robert”, con un indirizzo email AOL, gli ha offerto il documento. In esso sono contenuti quelli che sembrano essere il nome completo di Vance, gli indirizzi e parte del suo numero di previdenza sociale.
Questi ultimi tre elementi hanno fatto scattare la censura di X-Twitter, perché contenente informazioni personali e lesive. X ha affermato in un post sul suo account di sicurezza che Klippenstein è stato “temporaneamente sospeso per aver violato le nostre regole sulla pubblicazione di informazioni personali private”. La società non ha commentato il motivo per cui i link all’articolo di Klippenstein siano bloccati, limitandosi a dire che “Ken Klippenstein è stato bannato per aver pubblicato informazioni private in contraddizione con le regole“.
Regole a piacimento
X, quando si chiamava Twitter prima di essere acquistata da Elon Musk, aveva una politica ben definita sulla diffusione di materiale hackerato: era proibito pubblicare o linkare contenuti provenienti da violazioni informatiche e non pubblici. In base a questa politica, il social bloccò i link a un articolo del New York Post su Hunter Biden, il figlio dell’attuale presidente.
“Amo WikiLeaks” disse Trump durante la campagna contro Hillary Clinton nell’ottobre 2016, dopo che i seguaci di Julian Assange avevano messo online decine di migliaia di email hackerate dall’account di John Podesta, allora responsabile della campagna della democratica.
Nell’ottobre 2020, Twitter ha cambiato idea, affermando che non avrebbe più bloccato nulla. Il tutto, dopo il clamore su come l’azienda aveva gestito l’articolo del Post . “Il blocco diretto degli URL era sbagliato e abbiamo aggiornato la nostra politica e l’applicazione per risolvere” le parole dell’allora CEO Jack Dorsey. Persino Musk, si era spinto con il sottolineare nel 2022 che “sospendere l’account Twitter di una grande organizzazione per aver pubblicato una storia veritiera era inappropriato”. Adesso le cose sono cambiate.
Rincorsa alla Casa Bianca
La sospensione di Ken Klippenstein da X e il blocco dei link al suo articolo contenente informazioni private da un dossier sulla campagna di Trump, creano una situazione contraddittoria rispetto alle precedenti dichiarazioni sulla libertà di parola e sulla pubblicazione di materiale hackerato. X sta applicando le sue regole in modo selettivo?
Questa situazione solleva interrogativi sulla coerenza di Musk nell’applicazione delle policy dell’app e sulla possibile limitazione della libertà di stampa. La stessa definizione di “informazioni personali” sembra essere cambiata sotto la nuova gestione, e questo potrebbe portare a ulteriori discussioni sulla censura delle piattaforme di social media. La discrepanza tra le azioni attuali di X e le precedenti dichiarazioni solleva preoccupazioni sulla direzione che il microblog sta prendendo, anche come strumento capace di influenzare gli elettori, in mesi cruciali per la corsa alla Casa Bianca.