La politica prende posizione sul possibile ingresso di Iliad sul mercato mobile italiano. In particolare sono i parlamentari della Lega Nord Davide Caparini e Jonny Crosio a chiedere “…alla Commissione Europea, per tramite del Governo, di rendere pubblica l’operazione Iliad consentendo a tutte le parti interessate di conoscerne i contenuti nonché di garantire un pieno coinvolgimento delle competenti autorità nazionali”.
L’arrivo di Iliad in Italia “imposto da Bruxelles come condizione per consentire la concentrazione tra Wind e H3G rischia di avere un impatto negativo sul mercato mobile nazionale” dicono Crosio e Caparini in una nota, sottolineando come il solo annuncio della possibile operazione “ha fatto perdere a Telecom Italia 10 punti in poche ore”.
L’appello dei due parlamentari si aggiunge a quello di Fastweb, che aveva chiesto alla Ue di aprire una consultazione pubblica sull’accordo tra Vimpelcom e Hutchison col gruppo di Xavier Niel, volto all’acquisizione, da parte di quest’ultimo degli asset – frequenze e torri – messi in vendita da Wind e 3 per ottenere il via libero Ue. Anche Fastweb ambiva a conquistare questi asset, ma la sua offerta è stata battuta da quella di Niel e ora il mercato, e anche la politica, si interrogano sulle possibili conseguenze di questo accordo.
Il parallelo con la Francia, dove con l’operatore low cost Free Niel ha conquistato in 4 anni 12 milioni di clienti (il 17% del mercato), va “considerato con cautela”, dicono gli analisti di Banca Akros, sottolineando come la scelta di Vimpelcom e Hutchison di prediligere Iliad “potrebbe ritorcersi contro” Wind e 3, visto che il mercato di Iliad si sovrappone con i loro rispetto al valore dei clienti di Telecom. L’ex incumbenttra l’altro può contare su un ormai consolidato piano sulla fibra ottica e su una maggiore forza sul versante dei contenuti grazie all’accordo tra Vivendi e Premium, la Pay Tv di Mediaset.
Per gli analisti di Mediobanca Securities, inoltre, il mercato francese del 2012 è molto diverso da quello italiano oggi, soprattutto se si considera l’Arpu, ossia il ricavo medio per utente che 4 anni fa Oltralpe si attestava a ben 40 euro, mentre oggi in Italia è di 12 euro. Il che lascia ben poco spazio al lancio di offerte a prezzi stracciati come è avvenuto in Francia nel 2012.
Fatto sta che, però, Vincent Bollorè, che nel 2014 ha preferito abbandonare il mercato mobile francese – cedendo SFR a Numericable per 13,5 miliardi di euro – potrebbe dunque di nuovo ritrovarsi a dover combattere contro Niel. Ora, sebbene il condizionale è ancora d’obbligo, visto che l’accordo è comunque condizionato all’ok di Bruxelles, certo è che Bollorè sta già facendo i conti con l’impatto della notizia sul titolo Telecom.
Secondo La Repubblica, al momento Bollorè ci sta rimettendo potenzialmente 1,6 miliardi. La sua partecipazione in Telecom Italia vale il 43% in meno rispetto al valore di carico di 3,7 miliardi iscritto nel bilancio a fine marzo. Lo scorso dicembre, Mediobanca Securities aveva calcolato che Vivendi – che attualmente controlla il 24,7% del capitale – aveva speso 3 miliardi di euro per il 20,1% di Telecom Italia a un prezzo medio di carico di 1,14 euro per azione. Oggi le azioni Telecom valgono 0,65 euro e vengono da un mese molto impegnativo, in cui hanno perso quasi il 25%, sulla scia della Brexit e delle ultime novità relative al possibile ingresso di Iliad e al prossimo disimpegno da parte di Niel.