È cambiato il vento per le telco europee: da Bruxelles non soffia più una piacevole brezza ma una corrente fredda che sembra voglia gelare le ambizioni di ripresa del settore.
Una ripresa che gli operatori telefonici avevano cominciato a intravedere sul finire della scorsa legislatura europea, complice anche un approccio più flessibile dell’ex Commissario Antitrust Joaquin Almunia, che aveva dato il suo via libera a una serie di fusioni e acquisizioni che avevano portato da 4 a 3 il numero di società telefoniche attive in Germania, Irlanda e Austria.
Sulla scia di questi semafori verdi, il processo di consolidamento dei mercati tlc nazionali sembrava ormai indirizzato a buon fine e nei principali paesi si sono così avviate operazioni di concentrazione tra operatori. Tra quelle attualmente in attesa del parere delle Autorità, la proposta di fusione tra Wind e 3 Italia nel nostro Paese e quella tra 3 UK e O2 nel Regno Unito.
Operazioni che potrebbero subire una battuta d’arresto, stando almeno a quanto affermato a New York dal Commissario antitrust Margrethe Vestager, secondo cui non ci sono prove concrete che la riduzione del numero di operatori sul mercato porti a un aumento degli investimenti. Anzi, per il Commissario è vero il contrario: “alcune ricerche – dice infatti – sembrano indicare che una riduzione del numero di operatori da 4 a 3 sui mercati mobili nazionali può portare a un aumento dei prezzi per i consumatori ma non a un incremento degli investimenti”.
Un’affermazione che contravviene nettamente a quanto finora sostenuto dalle telco, e cioè che le fusioni consentono di incrementare gli investimenti e condividere i costi.
Che il vento fosse cambiato si era già capito dalla fermezza della posizione di Bruxelles sul dossier Telenor -TeliaSonera in Danimarca: le due società hanno abbandonato il progetto di fusione perché le richieste avanzate dalla Commissione – che si incentravano sulla necessità di mantenere comunque un quarto operatore attivo sul mercato – non avrebbero consentito di essere competitivi.
Vestager, parlando a una conferenza alla Fordham University, ha affermato di non voler mettere in discussione le decisioni del precedente esecutivo Ue e ha anche aggiunto che forse è ancora troppo presto per giudicare se le misure imposte da Bruxelles sulle compagnie telefoniche siano in grado di tutelare i consumatori.
Il Commissario, comunque, si è detto più propenso a imporre rimedi ‘strutturali’ come la vendita di asset o di diritti rispetto ad altri tipi di concessione come gli accordi per l’accesso alle infrastrutture, che possono essere più difficili da monitorare e restano in essere per un periodo limitato.
Vestager ha quindi ribadito che non c’è un numero ‘magico’ per definire quanti operatori possano coesistere su un dato mercato e che ogni caso verrà esaminato come a sé.
Quel che è certo è che nel caso della Danimarca, la Commissione ha ritenuto che la fusione non avrebbe generato maggiori investimenti né migliorato la qualità della rete.
Un netto dietrofront, quindi, un ritorno alla rigidità e a un approccio, come hanno fatto notare già in passato alcuni analisti, “che poteva essere adatto quando un operatore aveva una sola rete e offriva un solo servizio, come la telefonia o la Tv lineare, ma non oggi che le reti offrono servizi competitivi”.
Il campanello d’allarme, insomma, è suonato e anche nel caso di via libera ai merger in attesa, gli operatori sono avvertiti: la strada per ottenere l’Ok non sarà in discesa.