Dopo diversi trimestri di segno meno, finalmente i ricavi legati ai servizi mobili di Telecom Italia hanno superato la ‘barriera zero’, sono cioè cresciuti dello 0,1%. Un risultato che potrebbe far sorridere per la sua irrisorietà apparente ma che invece induce ottimismo ai piani alti dell’ex monopolista, che attendeva da anni questo seppur risicatissimo ritorno alla crescita.
Un trend che potrebbe diventare sempre più consistente se almeno uno dei pezzi di un puzzle sempre più globale andasse a segno sul mercato italiano: la fusione tra Wind e H3G. Col ritorno a tre operatori, infatti, la guerra dei prezzi registrerebbe una frenata e a giovarne sarebbe i ricavi e i margini degli operatori.
I risultati di Telecom, soprattutto se confrontati a quelli di altri grandi player europei come Orange, non sono stati brillanti. Nella giornata della loro presentazione il titolo ha lasciato sul terreno il 6,5%, ma dopo lo scivolone di due giorni fa, ieri ha registrato una buona performance e anche oggi ha viaggiato in terreno positivo, toccando rialzi superiori al 5% nonostante la gran parte degli analisti, da Nomura a Mediobanca abbiano ritoccato al ribasso il target price. Scrive Deutsche Bank: “dolore nel breve ma guadagno nel lungo termine” e questo sembra essere il mantra della gran parte degli osservatori come dello stesso ad Marco Patuano, che profeticamente aveva affermato “il mercato capirà e apprezzerà” il piano.
Bank of America Merrill Lynch, oggi, consiglia ‘buy’ sul titolo. Pur sottolineando che Telecom ha registrato una delle peggiori performance del settore, legata in parte a fattori negativi come la debolezza dei Paesi emergenti e le revisioni delle guidance con livelli pù elevati di capex e debito, gli analisti ritengono che il calo del titolo potrebbe portare a una rivalutazione potenziale di oltre il 65% e spiegano che gli elementi positivi e di sostegno al titolo ci sono: “possono richiedere pazienza ma saranno visibili già nel 2016”.
Apprezzabile, in particolare, l’accelerazione sugli investimenti nella ‘componente innovativa’ (6,7 miliardi in 3 anni saranno spesi per la fibra e l’LTE) che porterà la società al top in Europa nelle reti.
Tra gli analisti, chi è rimasto positivo sul titolo, come Kepler Cheuvreux, lo ha fatto non tanto per fiducia nei fondamentali della società quanto, più che altro, per il “possibile coinvolgimento di Telecom nel consolidamento europeo delle tlc”.
Scenario da cui, al momento, si è sfilata la francese Orange, spiegando che i tempi per aggregazioni di grandi gruppi tlc in Europa non sono ancora maturi e che non vi è allo studio alcuno progetto su Telecom Italia. Anche Marco Patuano, per altro, si è detto scettico sui benefici di un consolidamento paneuroepo: “… se parliamo di operazioni all’interno dello stesso mercato il consolidamento ha senso, ma se parliamo di operazioni cross border i benefici ancora sono da valutare: ci possono essere, ma sono da valutare”.
Positivo, anche per Icpbi il mantenimento del “presidio del segmento di rete fissa, considerato cruciale dal management e l’accelerazione degli investimenti nel fisso che potrebbe avere importanti benefici, anche in vista di un’ulteriore spinta al consolidamento nel mercato italiano”.
Ieri, nel corso della presentazione dei risultati finanziari del quarto trimestre, Vimpelcom – casa madre di Wind – si è detta ottimista di riuscire a chiudere la fusione entro il 2016, nonostante l’operazione debba ancora passare dalle forche caudine della Ue, il cui verdetto preliminare è atteso l’11 marzo.
Se andasse a buon fine, si tratterebbe di un’operazione tra le più importanti del settore negli ultimi 10 anni: la joint-venture, controllata pariteticamente da Hutchison Europe Telecommunications e VimpelCom diventerebbe il principale player del mercato mobile italiano.
VimpelCom, che ha già omesso la controllata italiana dal suo report finanziario segnalandola come ‘destinata alla vendita’, contribuirà alla JV facendo confluire gli asset di Wind, valutata 13,9 miliardi ma con sulle spalle un debito netto di 10,1 miliardi, mentre Hutchison farà confluire gli asset di 3 Italia (valutati 7,9 miliardi) più 200 milioni di euro cash.
Pur sperando che il contesto, con il ritorno a un mercato a tre, faciliti il compito, TIM ha davanti un periodo molto complesso strategicamente, soprattutto all’interno del suo stesso cda, con Vivendi pronta a prendere in mano le redini: il 15 febbraio, l’ad del conglomerato francese Arnaud de Puyfontaine e il coo Stephane Roussel sono entrati nello strategico comitato nomine e remunerazione e l’indipendente Felicité Herzog ha fatto il suo ingresso comitato per il controllo e i rischi.
La società ha annunciato un aumento del 20% degli investimenti al 2018, data entro cui si è impegnata a investire 12 miliardi di euro, con il grosso della cifra distribuito tra fibra e ottica e LTE.
Il piano andrà necessariamente ad appesantire il già notevole indebitamento, ed è per questo che dal versante francese sarebbe arrivato l’invito a elaborare un piano di taglio dei cisti da presentare entro la metà del mese prossimo.
Nonostante tutto, comunque, Vivendi difende l’investimento in Telecom, costato oltre 3 miliardi di euro e lo considera “…un’opportunità per il gruppo di essere presente e di svilupparsi su un mercato le cui prospettive di crescita sono significative e nel quale l’appeal per i contenuti di qualità è molto forte”.
Durante la presentazione dei risultati di Vivendi, che ha chiuso il 2015 con un fatturato in crescita del 6,7% a 10,762 miliardi anche se gli utili hanno registrato una flessione del 59% a 1,932 miliardi di euro, il Ceo de Puyfontaine ha sottolineato che l’obiettivo dell’investimento “a lungo termine” in Telecom è quello di voler “accompagnare la più grande compagnia di telecomunicazioni in Italia nel suo progetto di sviluppo a lungo termine”, stabilendo così una presenza “in un mercato con cui condividiamo le stesse radici latine” e cogliendo anche un’ulteriore possibilità di “prendere parte a ogni possibile consolidamento del settore dei media” e nella distribuzione dei contenuti.
Non a caso, nel suo piano al 2018, Telecom ha posto l’accento anche sul rafforzamento del segmento Multimedia Entertainment che comprende, tra le altre, le attività nel settore Video, Music, Gaming e Publishing.
Ma ci sono poi le partite ancora del tutto aperte di Metroweb e Tim Brasil.
Sulla prima, Patuano sembra aver nuovamente fatto un passo indietro rispetto a qualche settimana fa, quando sembrava cosa fatta il piano per cablare 250 città con un impegno finanziario di circa 2,5 miliardi: “non cerchiamo un accordo a tutti i costi”, ha detto l’ad di Telecom, mentre il presidente di Metroweb Franco Bassanini ha ricordato che sono aperti molti tavoli e che al momento “è difficile dire come finirà”.
Molto dipenderà anche dalla posizione che sulla questione prenderà l’Agcom a cui il piano è stato presentato nelle scorse settimane.
In Brasile, il gruppo ha confermato gli investimenti per 14 miliardi di reais. A maggio scade la proposta del fondo russo LetterOne a Oi per un aumento di capitale da 4 miliardi di dollari. Ma a quanto si apprende, il magnate russo Mikhail Fridman avrebbe ‘sganciato’ il via libera dalla fusione con Tim Brasil, che resterebbe dunque a ballare da sola.
Una mossa forse per spingere Telecom a prendere una decisione a dare il suo via libera a un’operazione che sarebbe tra l’altro agevolata anche dal Governo brasiliano, pronto a mettere mano alle regole in capo al settore della telefonia fissa.
Un’operazione che tra l’altro si inserirebbe in un contesto che punta sempre di più sulla convergenza – tra i servizi fissi, mobili e tra tlc e media – e sul consolidamento tra operatori per ottenere sinergie ed economie di scala per poter incrementare gli investimenti.
È questa la molla che sta spingendo le operazioni in corso in Europa e che potrebbe essere la vera chiave di volta per il ritorno alla crescita anche in Italia.