In attesa dell’11 marzo, data in cui Bruxelles darà la sua risposta preliminare al progetto di fusione tra 3 Italia e Wind, l’Antitrust italiano ha chiesto alla Commissione europea di potersi occupare direttamente della questione, essendo la fusione circoscritta al mercato italiano. Né Wind né 3 Italia generano infatti fatturato fuori dal nostro Paese e la competenza di approvare o meno l’operazione potrebbe quindi spettare all’Autorità di Piazza Verdi.
Dalla fusione, che Vimpelcom (casa madre di Wind) conta di poter chiudere entro fine anno, nascerà il terzo operatore mobile del mercato italiano, che potrà competere ad armi pari con i primi due player: TIM e Vodafone.
Ma difficilmente la Ue, sempre più intransigente verso questo tipo di concentrazioni, accetterà la proposta dell’Antitrust italiano, almeno stando all’unico precedente in materia. Anche l’Autorità tedesca aveva infatti presentato fatto una richiesta simile nel caso dell’acquisizione di ePlus da parte di Telefonica, ma la richiesta è stata rifiutata. Si trattava, anche in questo caso, del terzo e del quarto operatore del mercato tedesco e, come era avvenuto in precedenza anche per i merger tra 3 e O2 in Irlanda e tra 3 e Orange in Austria, Bruxelles ha dato il suo via libera, ma subordinando l’operazione alla piena attuazione di una serie di impegni presentati da Telefonica per garantire l’ingresso di nuovi concorrenti nel mercato mobile e per rafforzare la posizione dei concorrenti già attivi sul mercato.
Dall’approvazione di questi merger, però, molto è cambiato: prima di tutto il responsabile europeo non è più Joaquin Almunia ma Margrethe Vestager ed è stata proprio la risolutezza del nuovo Commissario a far saltare il matrimonio tra Telenor e Teliasonera in Danimarca.
A cambiare, a onor del vero, sono state nel frattempo anche le esigenze alla base dal consolidamento, sempre più spinto dalla convergenza fisso-mobile. E’ questo che ha portato BT a rientrare nel mercato della telefonia mobile acquistando EE nel Regno Unito e che ha spinto Vodafone verso Liberty Global in Olanda.
“Gli operatori che sono solo fissi o solo mobili avranno difficoltà a restare competitivi in Europa”, ha detto il Ceo di Orange Stephane Richard. L’ex monopolista d’oltralpe sta portando avanti il tentativo di fusione con Bouygues Telecom, terzo operatore del mercato mobile francese. Operazione che, secondo Richard, sarà di esclusiva competenza dell’Antitrust nazionale.
Altre operazioni sono in attesa dell’imprimatur di Bruxelles: la più importante è quella tra O2 (divisione di telefonica) e 3UK nel Regno Unito. L’operazione ha ricevuto non poche critiche, prima di tutto dallo stesso regolatore britannico che ha parlato dei potenziali rischi per gli investimenti e i prezzi.
Anche l’Antitrust europeo avrebbe avanzato una serie di obiezioni, anch’esse incentrate sui rischi evidenziati dall’Ofcom.
Non è neanche detto, secondo gli analisti, che ostacolando le fusioni nazionali la Ue voglia invece privilegiare un consolidamento pan-europeo.
Come ha spiegato a Reuters l’analista Agathe Martin di BNP Paribas, “Non siamo negli Stati Uniti d’Europa. le sinergie tra i diversi paesi a oggi sono molto poche”.
Sono ancora troppe, insomma, le differenze regolamentari, sociali e culturali che impediscono di trarre vantaggio dal mercato unico: basti pensare, ad esempio, che un utente italiano non può ancora guardare o comprare un film digitale o un evento sportivo trasmesso online da una società con sede in un altro paese europeo.
Il mercato unico resta dunque di fatto più sulla carta che nella realtà anche se, come nota un articolo del New York Times, “…La speranza è che un mercato unico digitale contribuisca a migliorare la moribonda economia europea attraverso la creazione di nuove imprese e decine di migliaia di posti di lavoro legati alla tecnologia”.