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Web tax, ‘molto rumore per nulla’ a Tallinn. Le prossime tappe

Nessun accordo dei 28 Paesi dell’Unione europea sulla web tax. Si è concluso con nulla di concreto il Digital Summit a Tallinn, in Estonia, per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale nell’Ue. “La Commissione europea proporrà nuove norme nel 2018 per tassare in modo equo i giganti d’Internet, come Google, Apple, Facebook e Amazon”, ha dichiarato Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue. “Le nuove proposte punteranno a una tassazione equa ed efficace affinché siano garantiti sia la certezza del diritto sia condizioni eque per tutti”, ha aggiunto Juncker. Dunque si parlerà di nuovo di web tax all’Ecofin del 2018 “dove penso troveremo un accordo” ha concluso il presidente della Commissione. Due sono i punti chiave sui quali lavorerà l’esecutivo europeo:

  1. Definire i termini della tassazione nel Paese in cui sono generati i profitti senza considerare la stabile organizzazione.
  2. Trovare il modo per definire bene i profitti generati nei diversi Stati membri.

Qual è il principale ostacolo da superare? Convincere per l’entrata in vigore di una tassa comunitaria anche Lussemburgo e Irlanda, per esempio, gli Stati con regimi da paradiso fiscale per i giganti della Rete, che al momento, non sembrano affatto intenzionati a dare l’ok. Si smarcano dicendo: “se l’Europa vuole essere leader dell’economia digitale, la soluzione non è più tasse e più regole, ma è il contrario”, ha detto il premier irlandese Leo Varadkar.

Serve l’unanimità dei 28 Paesi per approvare la web tax in tutta l’Unione europea, ma non è l’unica condizione possibile. La tassazione dei giganti del web può diventare realtà “a macchia di leopardo”. Infatti potrebbe essere applicata da un gruppo di Stati, almeno 9, secondo la ‘cooperazione rafforzata’, prevista dai Trattati dell’Ue, a cui ha fatto riferimento, arrivando al Digital Summit, anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Se la proposta della Commissione Ue non trova l’accordo di tutti i 28 Paesi l’Italia è pronta a varare la legge per tassare i giganti del web insieme ad un gruppo di Stati come prevede la cooperazione rafforzata”.

L’Italia, insieme alla Francia, Germania e Spagna, ha sottoscritto la dichiarazione politica congiunta per dar vita a “un’equiparazione fiscale” sul fatturato generato dai Big della Rete e non più sui ricavi in Ue. Inoltre gli stessi quattro Stati hanno trovato l’intesa anche per equiparare il versamento dell’Iva dell’economia digitale a quello delle aziende tradizionali. Garantendo che l’imposta sul valore aggiunto sia versta nel paese dove si fattura.

Web tax in Italia anche senza il ‘permesso’ dell’Ue

C’è da dire che l’Italia potrebbe introdurre la web tax anche senza il permesso della Ue. E infatti l’esecutivo si sta muovendo anche individualmente. Nella prossima legge di Bilancio sarà affrontato il tema della tassazione dell’economia digitale. “Esistono alcune ipotesi, tra cui una tassazione molto flat sui ricavi nei confronti delle aziende che non hanno una stabile organizzazione in Italia” ha detto Luigi Casero, viceministro dell’Economia durante il convegno in cui Lef ha comunicato l’elusione fiscale nel nostro Paese di Google e Facebook (è pari a 1 miliardo dal 2013 al 2015).

“Ritengo”, ha concluso Casero, “si debba intervenire in questo campo tenendo però presente che si stabilisca come procedere a livello europeo”.

E se la strada a livello europeo sembra, al momento, portare alle ‘calende greche’ l’Italia farebbe bene a non perdere tempo e ad essere ancora una volta apripista sul tema introducendo, con una legge nazionale, la web tax.

Perché le aziende tradizionali devono pagare le tasse sui profitti ottenuti nell’Ue e gli Over the Top (OTT) no?

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