La comunicazione

Web tax italiana rinviata, si attende esito colloqui Ue-USA di luglio

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I colloqui tra Stati Uniti ed Unione europea in materia di tassazione dei giganti tecnologici come Google, Amazon e Facebook, dovrebbero tenersi durante il prossimo mese di luglio. Il Mef annuncia l’ennesimo slittamento dell’entrata in vigore della tassa sui servizi digitali nel nostro Paese.

Il 16 marzo prossimo doveva entrare in vigore la tanto attesa web tax italiana, ma a quanto pare ci sarà un nuovo rinvio.

Il motivo è nel cambiamento dei rapporti tra Bruxelles e Washington. Se il precedente Presidente americano, Donald Trump, non era d’accordo con la tassazione delle grandi corportation tecnologiche americane, il nuovo inquilino della Casa Bianca, Joe Biden, sembra invece molto più possibilista.

I colloqui tra Stati Uniti ed Unione europea in materia di tassazione dei giganti tecnologici come Google, Amazon e Facebook, dovrebbero tenersi durante il prossimo mese di luglio, secondo quanto comunicato dal ministero dell’Economia e delle finanze, Daniele Franco, e riportato in un articolo del Fatto Quotidiano.

Web tax, ancora uno slittamento

Sul sito del ministero dell’Economia è stato pubblicato un comunicato a riguardo, in cui si comunica: “che è in corso di redazione il provvedimento che modificherà i termini per il versamento dell’imposta sui servizi digitali introdotta con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi da 35 a 50, e per la presentazione della relativa dichiarazione”.

I nuovi termini per il versamento dell’imposta e per la presentazione della relativa dichiarazione sono stati fissati “rispettivamente al 16 maggio e al 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui si verifica il presupposto d’imposta”.

I nuovi termini di versamento e dichiarazione si applicheranno anche in sede di prima applicazione della norma in luogo di quelli prorogati, rispettivamente al 16 marzo 2021 e al 30 aprile 2021, con il DL 15 gennaio 2021 n.3”, è precisato nel testo.

Ue decisa ad andare avanti anche da sola

Rapporto tra Europa e Stati Uniti che certamente sono meno tesi che nei mesi passati, ma che allo stesso tempo esigono un upgrade concreto se si vuole arrivare ad un vero accordo sul delicato tema della tassazione delle imprese di internet e più in generale delle Big Tech.

Secondo quanto riportato in un articolo online su bloomberg.com, relativo ad una bozza preliminare del comunicato ufficiale visto in via confidenziale, in occasione di un vertice che dovrebbe tenersi a fine mese, i leader europei sottolineeranno la necessità di affrontare con urgenza le sfide legate alla nuova fiscalità dell’economia digitale, “per garantire equità ed efficacia delle misure”.

La cosa più rilevante, però, secondo le indiscrezioni riportate da Bloomberg, è che l’Unione europea, “pur considerando fondamentale arrivare ad una soluzione condivisa da tutti entro la metà del 2021”, comunque confermerà “la volontà ad andare avanti anche senza un’imminente accordo globale”.

Proprio per questa inevitabile lentezza delle negoziazioni internazionali, diversi Stati europei, tra cui l’Italia, hanno provveduto ad andare avanti comunque, applicando prelievi sui servizi digitali, ma in ordine sparso. Motivo della disputa con la precedente amministrazione Trump.

In Italia, come in altri Paesi dell’Unione, la web tax è stata ideata come imposta temporanea in attesa di un accordo corale in sede Ocse (Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico).

Prossimi passi

Al momento, dichiarazioni favorevoli ad una tassazione dei gruppi tecnologici sono arrivate anche dalla Segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen: “Tali prelievi ci consentirebbero di raccogliere una cifra equa dalle corporation, senza intaccare i livelli di competitività delle nostre economie”.

La Commissione europea, invece, si è detta pronta a presentare un documento ufficiale entro il mese di giugno, in vista poi di una possibile entrata in vigore della web tax per il gennaio del 2023.

Sempre entro l’estate 2021 dovrebbe infine arrivare anche un documento dell’Ocse dedicato proprio alla tassazione delle Big Tech.

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