La Web Tax, già in vigore in Italia, piace anche a Francia e Germania. “Un contributo adeguato per i colossi del web da pagare in ogni Stato in cui fanno profitti”, ha annunciato ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, che ha aggiunto: “i dettagli saranno svelati al prossimo consiglio dei ministri dell’Economia (Ecofin), in programma a Tallinn a metà settembre”. Dunque l’Italia fa scuola in Europa perché nel nostro Paese, con l’approvazione del Parlamento, il 15 giugno scorso, della ‘manovrina’ correttiva dei conti pubblici chiesta da Bruxelles, la web tax è già realtà.
Web tax in Italia
La web tax, in vigore in Italia dal 24 giugno scorso, è concepita come un intervento transitorio o ‘ponte’, in attesa che si intervenga a livello sovranazionale con regole comuni. Non un regime di tassazione, ma l’ok a nuove regole per accordi di tipo fiscale tra i colossi dell’economia digitale e il fisco italiano. Infatti i giganti del web, con oltre un miliardo di ricavi e un giro d’affari di almeno 50 milioni di euro, potranno stringere accordi preventivi con l’Agenzia delle entrate. È possibile anche chiedere il riconoscimento della stabile organizzazione e regolare i conti con il fisco rispetto al passato, attraverso un accertamento con adesione, sanzioni dimezzate e il rischio di un procedimento penale azzerato.
“Con questa norma diciamo alle imprese multinazionali di credere nell’Italia, dichiarandosi stabile organizzazione, indipendentemente da cosa dicono i loro fiscalisti. Chi fa business in Italia è giusto che paghi le imposte come ogni altra impresa italiana”. Così Francesco Boccia (PD), presidente della commissione Bilancio della Camera, aveva annunciato la legge. Boccia è il primo firmatario dell’emendamento che ha introdotto la web tax nel nostro Paese e l’onorevole porta avanti questa battaglia dal 2013 (leggi la sua intervista a key4biz), anno in cui il testo della legge proprio sulla web tax ottenne l’ok dalla Commissione Bilancio della Camera ma poi l’iter parlamentare fu sospeso da Matteo Renzi, allora da poco segretario PD.
In Italia il ricavato della web tax ai più bisognosi e alla riduzione del cuneo fiscale
Perché i cittadini e le imprese italiane devono pagare le tasse e i cosiddetti Over the Top, le multinazionali del web, no? Per questo motivo Francesco Boccia ha definito questa la web tax una misura di equità sociale: “il tempo scorre via velocemente ed è ormai chiaro a tutti che prima le multinazionali del web pagheranno le imposte, prima potremo abbassarle a tutti gli altri. Si è sempre chiamata equità”. Infatti il testo che introduce in Italia la web tax prevede che le entrate risultati da questa tassa “sono destinate, anche mediante riassegnazione, al Fondo nazionale per la non autosufficienza (destinato a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti) e al fondo politiche sociali (un fondo destinato alle Regioni per lo sviluppo della rete integrata di interventi e servizi sociali), per un ammontare non inferiore a 100 milioni di euro annui e per la restante al Fondo per la riduzione della pressione fiscale”.
Le Ott che, invece, non certificheranno la stabile organizzazione andranno incontro alle inevitabili verifiche dell’amministrazione fiscale.