Se il sorriso dei ragazzi si anima con la parola magica balletto di Marshmello che ha incollato milioni di loro davanti all’ultimo evento di Fortnite, il volto delle ragazze si accende di vitalità nel momento in cui si tira fuori la parla Tik Tok. Si pronuncia la parola magica e il corpo si attiva come una marionetta a molla che ripropone fedelmente quanto il sistema dei neuroni specchio ha incamerato nell’osservazione epidemica della condivisione di corpi che influenzano altri corpi.
Il corpo incarnato di significati che oggi, grazie al web-mirror si amplificano e assoggettano gesti, passi, suoni nella coreografia mediatica e uniformante del villaggio globale.
Balletto che evidenzia quanto le applicazioni tecnologiche nel momento della loro massima ascesa diventino protagoniste assolute di nuove forme comunicative che traghettano all’unisono nuovi comportamenti sociali generati dalla manipolazione tecnologica che dall’uomo porta allo stravolgimento dell’uomo sui suoi canali espressivi per eccellenza.
Il principale protagonista di questi
cambiamenti è il corpo come costruttore di significati che dilagano dalla rete
nella rete sociale e in questo spazio vengono incarnati in espressioni corporee
assimilanti a sancire l’appartenenza al gruppo come riferimento degli stessi
significati e veicolo di quell’intenzionalità che si carica della vitalità del
Web.
Intenzioni che sono espressioni mentali di forze direzionali pronte a “mettersi
in moto” nella costante ricerca e interpretazione di nuovi significati
d’azione.
Gli adolescenti sono il terreno più fecondo per insediare il germe del conformismo, utile alla società in termini di rilevamento di andamenti che possono essere sfruttati per scopi commerciali, imprenditoriali, di visibilità, di appiattimento culturale assicurando poco investimento e massimo vantaggio a chi, dall’altra parte governa il flusso algoritmico delle ricerche di mercato.
L’etica nel web viene mascherata da scelte giovanili, di moda, di tendenza, che vengono addebitate alla bramosia di far divertire i ragazzi senza pensare che saranno quei stessi ragazzi una volta cresciuti a portare avanti la società nella quale tutti noi oggi viviamo.
Ci si muove nel web, ci si anima nelle danze che sotto i riflettori dell’occhio globale traghettano mode, ci si controlla e ci si spia piuttosto che guardarsi, si mima, si riproduce e si delega allo strumento la mediazione relazionale delegando a sua volta il corpo a veicolo di trasmissione di significati condivisi.
Il corpo quindi come legante sociale di uno spazio allargato, infinito, che si carica di gesti scattosi, compulsivi, ossessivi, in cui si evidenzia un’assoluta mancanza di coordinazione tra movimenti e suoni che amplificano, in una sorta di caricatura corale messaggi elementari in un ritmo di fondo ripetitivo e ridondante che annebbia il pensiero e fa muovere il corpo, forse proprio per non pensare.
Il sistema motorio si attiva spinto dall’osservazione dell’altro e il cervello si spegne per mimare movimenti che non sono stati attivati da un cervello pensante e creativo ma solo imitativo, sotto la spinta della prima forma di apprendimento.
Eppure Daniel Stern per costruire la sua epistemologia teorica andava ad osservare i ballerini a Boston, e Mitchel Resnick nelle sue Computer House si immaginava una coordinazione di persone, che nel costruire progetti simulavano la sincronia della samba.
In queste danze però c’era quell’armonia derivante dall’attenzione dell’altro per i passi dell’altro, dall’attesa, dal rimando attivo del corpo azionato da un cervello il cui scopo era quello di coordinarsi a vicenda per dare significato a significati espressivi nell’eleganza della trasmissione condivisa.
Il rimando sociale al movimento del corpo postato in rete, è assolutamente privo di coordinazione e all’osservatore esterno sensibilmente orientato salta all’occhio la mancanza di armonia che invece dovrebbe essere il legante principale di uno spazio allargato in cui la parola condivisione, e di nuovo si ci riferisce a parole che sono divenute simboli di usi consueti, avrebbe invece bisogno di svilupparsi all’interno di una progettualità armonica in cui predomini l’ascolto dei diversi suoni e l’osservazione di gesti unici e distinti.
Nel web e dal web tutto si appiana in una vetrina simbolica il cui corpo si muove in modo non coordinato in un appiattamento di movimenti e di gesti che si ridimensionano ad immagini iconiche: like e l’apprezzamento dell’altro docet.
Se vogliamo danzare, se vogliamo sviluppare davvero condivisione e creatività, trasmettere valori e significati, allora forse dovremo iniziare a muoverci partendo dall’osservazione di noi stessi e non replicando, spesso in maniera caricaturale, quanto il corpo influencer vuole farci assimilare, prestando attenzione ai passi dell’altro per avviare quella sincronizzazione che porta alla vera condivisione.
Apriamo le danze allora…
Bibliografia
Stern, D., (2011), Le Forme Vitali. L’esperienza dinamica in psicologia, nell’arte, in psicoterapia e nello sviluppo. Raffaello Cortina Editore
Resnick, M. (2018), Come i bambini. Immagina, Crea, Gioca, Condividi. Erickson.