Nel 2017 sono stati venduti 113,2 milioni di dispositivi indossabili (“wearables”). Nel 2021 la quota di unità vendute salirà a 222 milioni secondo dati IDC, con una crescita media annuale superiore al 18%.
Braccialetti fitness intelligenti, smart watch, magliette sensorizzate connesse al nostro smartphone che registrano i battiti del cuore e la pressione sanguigna; e ancora gli auricolari e i tanto attesi smart glass, sono le tecnologie più diffuse con cui identifichiamo i wearables, ma l’innovazione tecnologica non smette di correre e nuove soluzioni si stanno affacciando dai laboratori al mercato.
Per il 2018 eMarketer calcola in 50 milioni gli utilizzatori di tecnologie indossabili negli Stati Uniti. La metà di questi farà uso di smart watch. A livello mondiale, il mercato delle tecnologie indossabili potrebbe raggiungere a fine 2018 i 6 miliardi di dollari di valore secondo calcoli Statista, ma CCS Insight rilancia e stima il dato globale a 34 miliardi di dollari nel 2020.
Insomma, un settore vivace e dinamico, che crescerà sicuramente anche per effetto delle continue innovazioni ai prodotti, i software e i servizi.
Esiste un’ampia gamma di possibili applicazioni commerciali per questa tecnologia, dai dispositivi indossabili che controllano la salute personale e il benessere, all’incremento delle capacità militari. Un settore che molto probabilmente sfrutterà questi sviluppi è quello dell’Internet delle cose.
Ad esempio, in un progetto promosso dall’Unione europea sullo sviluppo delle tecnologie al grafene (“GrapheneCore1”), a cui partecipano 25 soggetti italiani, tra università, fondazioni e imprese (come CNR, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Fondazione Istituto Italiano di tecnologia, Selex ES), si vuole fare in modo che i sistemi elettronici indossabili diventino una cosa comune, di utilizzo quotidiano.
I ricercatori hanno stampato con successo dei materiali bidimensionali come per esempio il grafene, direttamente sui tessuti, rendendo possibile la produzione di circuiti elettronici integrati indossabili.
Utilizzando delle convenzionali tecniche a getto d’inchiostro che sono economiche, sicure e rispettose dell’ambiente, si legge in una nota dell’Unione europea sul progetto, è stato possibile stampare con successo dei materiali 2D, creando circuiti elettronici integrati direttamente sui tessuti.
“Gli altri inchiostri per i sistemi elettronici stampati normalmente richiedono solventi tossici e non sono adatti per essere indossati, mentre i nostri inchiostri sono sia economici che sicuri e rispettosi dell’ambiente, e possono essere combinati per creare circuiti elettronici semplicemente stampando differenti materiali bidimensionali sul tessuto”, ha spiegato il dott. Felice Torrisi del Cambridge Graphene Centre.
L’utilizzo del grafene e di altri inchiostri con materiali 2D collegati per creare componenti elettronici e dispositivi, che possono essere integrati perfettamente nei tessuti, si colloca all’avanguardia tra gli sforzi volti a realizzare dei tessuti intelligenti. Gli stessi tessuti intelligenti possono essere visti come parte di uno sforzo più ampio di sfumare ulteriormente il confine tra tecnologia e oggetti di ogni giorno, spesso descritto come “computazione ubiqua”.
L’ubiquitous computing è un nuovo modello di interazione uomo-macchina in cui le informazioni sono elaborate all’interno degli oggetti, sulla superficie dei tessuti magari.