Troppo spesso le aziende, soprattutto quelle più piccole e con minori attitudini a ragionare in termini di pianificazioni di marketing, approcciano il digitale partendo dalla fine – sponsorizzando un post o creando un sito-vetrina – senza porsi il porsi di problema delle “buyer personas” da raggiungere, degli obiettivi da porsi, delle risorse da coinvolgere e dei KPI da tenere sotto controllo.
Del resto, la misurabilità del digitale dà la sensazione di poter monitorare tutto, ma, nel fare questo, crea la ulteriore complessità di moltiplicare le metriche e parcellizzare gli sforzi operativi e di analisi.
Che fare?
A mio avviso, vi sono tre vie per creare un piano di marketing digitale:
- La “via dall’alto”;
- La “via dal basso”;
- La “via di lato”.
La “via dall’alto” è la via più tradizionale ed ha il compito di mettere in sequenza i micro-momenti con i quali gli utenti in target assumeranno informazioni e prenderanno decisioni così da definire i touch-point digitali grazie ai quali progressivamente:
- accrescere la brand awareness e la fiducia nei confronti del brand;
- aumentarne la consideration ovvero la capacità di essere valutata al prodursi di un bisogno;
- generare conversioni (acquisti, richieste di contatto, visite al punto vendita, …);
- favorire la fedeltà e il passaparola.
Uno dei meriti della pubblicità su Facebook ed Instagram, ad esempio, consiste nell’avere organizzato le proprie soluzioni proprio attorno a questo schema:
– awareness (like alla Pagina e pianificazione con limite di frequenza);
– consideration (traffico al sito, engagement dei post, visualizzazione di video, …);
– purchase (conversioni, visite al punto vendita, …);
– retargeting nelle forme sempre più graduali che Facebook offre.
La “via dal basso”, tipica dei siti eCommerce e di chi gestisce un modello di business tradizionale”, si avvale di un approccio empirico e guarda ai rendimenti delle azioni di web marketing condotte per ottimizzarle via via grazie all’ottimizzazione delle campagne e delle landing page. Questo approccio fa leva su Rapporti di Google Analytics sempre più puntuali quali:
- Il Rapporto Sorgente / Mezzo e le conversioni che evidenzia;
- Google Search Console quanto alla presenza su Google;
- Le Conversioni Indirette e i modelli di attribuzione con i quali possono essere osservate, in modo più realistico, le azioni “a monte” del percorso di scelta;
- Le nuove tecniche di attribuzione basate su big data e intelligenza artificiale;
- Gli strumenti proprietari dei singoli canali di marketing come il pixel di Facebook.
La “via di lato” infine prova a porsi un sentiero di miglioramento della propria presenza online analizzando i competitor e servendosi dei tanti strumenti di osservazione degli stessi per individuarne i rendimento. I ferri del mestiere di questo approccio sono:
- Il Rapporto Pubblico / Benchmarking di Google Analytics;
- I tool SEO come Semrush;
- I tool social come Likalyzer.
È difficile dire quale sia la via migliore anche se il primo approccio è suggeribile per modelli di business mentre i due successivi sono tipici delle digital companies: probabilmente la strada migliore è scegliere un percorso facendo sì che gli altri due siano fattori di verifica – o di falsificazione – e di costante monitoraggio e sperone all’ottimizzazione.