#vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it.
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Che il CRM sia una delle dimensioni più interessanti e più concrete sotto il profilo del business lo si può capire dalle tante iniziative che, da Salesforce in poi, hanno contraddistinto il panorama digitale degli ultimi anni attirando verso la Rete anche aziende meno attente agli aspetti più propriamente di marketing e comunicazione.
Ai tempi dei social media però, tempi nei quali grandi aziende eCommerce come Privalia trasferiscono il proprio customer care su Facebook e nei quali la gran parte delle società di telecomunicazione o le utilities guardano proprio a tale piattaforma come ambiente per il servizio al cliente, non possiamo non chiederci che differenza intercorra fra una visione tradizione del CRM ed una visione che abbia nelle piattaforme sociali il suo elemento essenziale di cambiamento non solo sul piano quantitativo, ma anche qualitativo.
Cominciamo col dire che non si tratta solo di ambientare la relazione con il cliente in luoghi diversi benché il CRM tradizionale sia tipicamente confinato in piattaforme proprietarie e ad accesso riservato, mentre il social CRM si esplica essenzialmente su Facebook, LinkedIn e Twitter. Eppure, anche solo osservandolo in questo passaggio, emerge con forza come vi sia una tendenza che ne cambia la natura da un approccio basato sui prodotti e servizi dell’azienda e che ha al centro i suoi processi (e orari) ad uno che abbia al centro il cliente e le sue modalità, anche 24 ore su 24, di rapportarsi al brand. Mentre il CRM tradizionale, nelle funzionalità in cui è realizzato, assegna al cliente il compito di usare form predefiniti di comunicazione lineare, il social CRM è poi di carattere conversazionale e complesso, in un cambiamento dove l’accento è sempre messo più sull’utente e sul linguaggio che quest’ultimo adotta.
Lo spostamento di piattaforme rileva poi in chiave di identificazione del cliente: mentre nel CRM tradizionale il database è posseduto dall’azienda che lo realizza secondo le sue preferenze e scelte tattiche, nel social CRM è l’utilizzo delle login sociali a consentire un’interrogazione – potenzialmente più profonda, ma non necessariamente altrettanto funzionale – ai database come l’Opengraph di Facebook.
Che fare, dunque? Essendoci spostati dal “campo di casa” ad un campo neutrale, l’azienda dovrà evitare – anche per ragioni tecniche ed editoriali legate alle piattaforme stesse ed al loro funzionamento – le movenze “push” e commerciali tipiche del primo CRM, ma dovrà assumere un ruolo “pull”, non più verticale, ma orizzontale di gestione della community ed ad un vero e proprio piano editoriale che incentivi gli utenti a interagire con la marca e consentire all’organizzazione di apprendere come migliorare la relazione.
Il CRM digitale tradizionale è infatti fondato da ultimo sui dati, mentre quello sociale è basato sui contenuti con ulteriori complessità, anche di carattere editoriale per ciascuna azienda, complessità seconda per delicatezza sola a quella reputazionale: l’ultima differenza fra i due modelli emerge infine dal carattere privato della comunicazione azienda – cliente del primo CRM laddove invece la relazione sui social media si attua in un contesto prevalentemente pubblico in cui il target dell’impresa non sono solo l’interlocutore parte in causa, ma anche i terzi che si troveranno a valutare le qualità di ascolto e di attenzione del brand in un momento di gestione delle criticità vissute dagli altri utenti.