“Non è una misura retrò”. Definisce così, a Key4biz, Maria Stella Gelmini (Forza Italia) la sua proposta di legge, che prevede il divieto di smartphone e altri device nelle scuole. Ma non è un divieto assoluto, infatti l’iniziativa legislativa dell’ex ministro dell’Istruzione, inserita nel Disegno di legge per l’introduzione dell’educazione civica a scuola in discussione nella Commissione Cultura della Camera, delega ai singoli istituti di fissare “condizioni, casi e luoghi in cui l’uso dei telefoni mobili e degli altri device è consentito per finalità didattiche o per esigenze indifferibili degli alunni”.
Key4biz. Quali potrebbero essere queste finalità didattiche e in che modo l’apprendimento può essere favorito con le nuove tecnologie?
Maria Stella Gelmini. I computer e l’informatica ci sono da tempo nelle scuole e nessuno vuole toglierli. L’informatica è essenziale e così anche l’utilizzo della Rete per finalità di ricerca e didattiche. Basti pensare alla possibilità di accedere a contenuti documentali e video, a testimonianze storiche, dati, grafici ecc.. Insomma, siamo ben lontani da qualunque prospettiva retrograda od oscurantista; anzi, ribadisco con forza che la tecnologia, nella sua dimensione “fisiologica” arricchisce la didattica. La mia proposta di legge mette l’accento, piuttosto, sui fenomeni patologici e sull’esplosione dell’utilizzo anche da parte dei più giovani di smartphone e tablet. Secondo i dati dell’Istat l’uso del cellulare rispetto alla prima decade degli anni 2000 è quasi raddoppiato nella fascia di età compresa fra gli 11 e i 17 anni, passando dal 55,6% del 2000 al 92,7% del 2011. L’aumento maggiore si è registrato tra i più piccoli: la quota di ragazzi tra gli 11 e i 13 anni che utilizza il cellulare è passata, infatti, dal 35,2% all’86,2%, mentre tra i 14 e i 17 anni dal 70,4% al 97,7%.
Key4biz. Come si potrebbe far rispettare il divieto, con sanzioni disciplinari?
Maria Stella Gelmini. Questo non lo deve decidere il legislatore: la mia proposta di legge prevede che siano le istituzioni scolastiche a stabilirle, ma non è l’aspetto sanzionatorio ad essere determinante: si tratta di diffondere nelle scuole la certezza di una direttiva e le modalità organizzative per attuarla. Starà alla sensibilità dei singoli istituti fare entrambe le cose, con la ‘copertura’ di una legge dello Stato, che vuole dare, in primo luogo, un input culturale.
Key4biz. Nella sua proposta di legge, inserita nel disegno di legge per l’introduzione dell’educazione civica, è previsto anche “l’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza digitale”, perché?
Maria Stella Gelmini. Perché oggi più che mai la scuola, la famiglia e le altre istituzioni formative, devono preparare le nuove generazioni ad affrontare le sfide – e i pericoli – del mondo digitale e di quello reale. Non basta l’insegnamento nozionistico dell’educazione civica, ma vanno declinati i valori, i diritti e i doveri previsti dalla Costituzione nella concretezza della vita di questi ragazzi, per farne dei buoni cittadini. Noi vorremmo che la Costituzione fosse veicolata agli studenti non come un’entità meramente cartacea, ma come l’espressione di una tavola di valori comuni da vivere e condividere quotidianamente. Qualche settimana fa in un liceo di Roma hanno preparato una rappresentazione teatrale e un giuramento contro la violenza e ogni tipo di discriminazione. È un esempio di cosa significhi educazione alla cittadinanza. Poi dobbiamo porci il problema – ecco perché l’aggiunta del tema del digitale – di tutti i fenomeni degenerativi connessi all’uso della Rete e anche delle potenzialità positive che questi strumenti ci offrono. Pensiamo a tutto il tema – su cui la politica è divisa ma che certamente è centrale – dell’allargamento delle forme di partecipazione democratica. Per tutte queste ragioni occorre che la società – non penso solo alla scuola – si impegni su questi temi.
Key4biz. Per insegnare l’educazione alla cittadinanza digitale sono previsti corsi di formazione per gli insegnanti?
Maria Stella Gelmini. La formazione dei docenti è cruciale, specie in questa nuova dimensione: le risorse ci sarebbero pure ma occorre una cabina di regia nazionale che determini gli indirizzi. Il rischio è di concentrare gli impegni su questioni marginali o di tendenza e trascurare invece questo che deve essere un impegno centrale.
Key4biz. In questo senso un contributo fattivo per “la lezione di digitale”, al fine di promuovere un uso responsabile e sviluppare un pensiero critico sui device, potrebbe venire da associazioni privacy, antibullismo, esperti del settore, personaggi pubblici?
Maria Stella Gelmini. Assolutamente sì. Sarebbe riduttivo, e anzi fallimentare, pensare a steccati fra pubblico e privato, o fra apporti provenienti da discipline diverse: la responsabilità non è in via esclusiva della scuola, ma di tutti gli istituti formativi, dell’associazionismo culturale, sportivo, religioso, e naturalmente delle famiglie. Serve un coinvolgimento di tutte le energie positive della società, secondo un principio di sussidiarietà.
Key4biz. A scuola ci vorrebbero anche più Personal Computer per formare i nuovi lavoratori di domani, non trova?
Maria Stella Gelmini. Certo e bisogna investire sull’alternanza scuola lavoro. Il problema è che mi pare che questo governo sull’argomento sia molto negativo e questo avrà delle ripercussioni concrete sulle prospettive dei nostri giovani.
Key4biz. Il divieto dei cellulari nelle scuole è già in vigore, come prevede la circolare del 2007 dell’allora ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, perché non viene rispettata? Perché l’esigenza di una legge nazionale?
Maria Stella Gelmini. La mia proposta di legge non è solo sull’uso dei cellulari in classe ma, come le ho spiegato, investe anche altri aspetti che ritengo rilevanti: mi sembrava utile entrando su queste tematiche ribadire un principio e dare una norma chiara. Siamo inondati sulla Rete e sui social di immagini girate con il telefonino nelle scuole. Di qui l’esigenza di ribadire il principio del divieto, per dare una scossa culturale e per rendere effettiva una previsione rimasta sulla carta.
Key4biz. All’estero il fenomeno come si sta regolando?
Maria Stella Gelmini. In Francia hanno recentemente approvato una legge che vieta l’utilizzo nelle scuole dei telefoni cellulari e di tutti gli altri dispositivi di comunicazione elettronica. Nel Regno Unito, la disciplina della materia è affidata ai singoli istituti ma il totale di scuole che vieta l’uso di smartphone è cresciuto dal 50% del 2007 a oltre il 90% del 2012. E gli effetti sono positivi: come dimostrano gli studi della London School of Economics. Anche negli Stati Uniti sono diffuse normative fortemente restrittive in materia e in Svezia il 57% degli studenti interessati dal divieto (operante nella fascia di età 10-15 anni) ha giudicato in modo positivo la misura, contro una quota di appena il 14% che vorrebbe più elasticità. Con la proposta di legge che stiamo portando avanti dunque ci allineiamo ai Paesi più avanzati: non è certo una misura retrò.
Key4biz. Lei ha scritto recentemente che per educare i giovani alla cittadinanza serve una palla, una bici e la Costituzione. Che cosa voleva dire?
Maria Stella Gelmini. Che dobbiamo staccare un po’ i nostri ragazzi (e anche noi adulti dovremmo farlo) da questi schermi e fare riscoprire loro i veri valori e l’interazione tradizionale con gli altri. Una partita a pallone è meglio che una a Fortnite. L’educazione alla cittadinanza può e deve prendere le mosse dalla nostra password: i principi fondamentali della nostra Costituzione. La spersonalizzazione dello spazio virtuale non deve far dimenticare che dietro i profili e i codici utente operano persone, con la propria dignità e il proprio bagaglio di diritti e doveri.