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Vivere in borghi digitali? Una soluzione “intelligente” con una strategia nazionale per il dopo Coronavirus

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Nell’anno 1000 in Italia nascono i comuni (comunità locali caratterizzate da un sistema urbanistico nuovo, creato su misura per le persone, al centro di economie locali, come fulcro di grande sviluppo artistico, come nuove istituzioni amministrative  per il governo partecipato delle comunità locali).

Con la nascita dei comuni si sviluppa quindi uno stile di vita non più strettamente legato alle attività agricole ma anche alle attività del commercio, dell’artigianato, degli scambi culturali: un sistema che valorizza un “insieme” di elementi che interagiscono tra loro creando nuove condizioni sociali, istituzionali, politiche, economiche e culturali.

Il sistema dei borghi post Coronavirus

Il dopo Coronavirus sarà caratterizzato da un mutamento di condizioni di vita: lo stile di vita dovrà mutare per contribuire non solo al superamento della pandemia ma soprattutto per affrontare un nuovo rapporto tra persone, ambiente, sfruttamento delle risorse. Lo stile di vita oggi deve cambiare considerando il principio della sostenibilità. Questa sostenibilità (alla base dell’agenda 2030 dal 2015) per essere efficace deve fare parte di una nuova cultura di vita e di azione.

Il sistema dei borghi può creare le condizioni di questo nuovo stile di vita, a partire dall’aspetto urbanistico come ha sostenuto di recente l’arch. Stefano Boeri (intervista in “Repubblica” del 20.4.2020: “Via dalle città, nei vecchi borghi c’è il nostro futuro”).

All’intervista hanno risposto positivamente le associazioni che rappresentano i piccoli comuni, i comuni montani e i borghi d’Italia (mi riferisco per tutti all’intervento del presidente dell’Uncem,  Marco Bussone). “Che il futuro sia nei borghi come dice Stefano Boeri – dice Marco Bussone, presidente di Uncem – è essenziale nella logica del risparmio del consumo di suolo, dell’efficienza energetica, di una rifunzionalizzazione degli spazi, di economie circolari che sappiano dare risposte alla crisi climatica e non soltanto alla crisi della pandemia che stiamo affrontando”.

I comuni sotto i 5000 abitanti sono 5.488, che rappresentano il 69,43% del numero totale dei comuni italiani. I Comuni tra i 5000 a 9000 abitanti sono 1.186 pari al 10,01% dei comuni italiani. La condizione di base indispensabile, preliminare, primaria per creare o ricreare lo stile di vita delle piccole comunità ( a valenza nazionale) in un contesto come quello di oggi (la società dell’informazione) è quello di avviare da subito (nell’ambito di un progetto di un grande intervento pubblico per una nuova stagione delle autonomie locali) un progetto di digitalizzazione dei borghi. Non solo creare una rete telematica efficiente e funzionale ma soprattutto i borghi possono essere luoghi di lavoro a distanza (agile, smart working, telelavoro), luoghi di studio (università in rete e scuola in rete), luoghi di turismo integrato e “lento” per una riscoperta del nostro sistema enogastronomico, di luoghi assistiti con telemedicina, ecc.

I borghi digitali: con amministrazioni nativamente digitali

La trasformazione digitale può partire “solo” dai piccoli comuni per avere un effetto di capillarità, di espansione diffusa, di qualità del transito verso organizzazioni pubbliche e private digitalizzate.

Il governo dovrebbe “ritarare” le sue strategie di innovazione digitale: 7.000 comuni possono fare la differenza nella sostenibilità di nuovi stili di vita e di economia. La strategia costa “poco” (una tantum) in quanto (finalmente) si potrà assicurare una copertura di rete telematica su tutto il territorio italiano con una rete telematica diffusa (nel rispetto del principio di creare condizioni comuni ed omogenee di sviluppo su tutto il territorio nazionale, art. 3 della Costituzione italiana).

La strategia per creare burocrazie digitali diffuse deve fare ricorso all’utilizzo di “prototipi” amministrativi digitali (un prototipo di amministrazione comunale per 7000 comuni costa quasi niente ma può essere “riusabile” da parte di tutti i piccoli comuni).

Per la realizzazione di un progetto per i borghi digitali la “Scuola Nazionale di Amministrazione Digitale” (SNAD), istituita dall’Università telematica Sapienza (Unitelma Sapienza), e diretta da chi scrive, ha da tempo avviato un osservatorio per lo sviluppo dei processi di cambiamento sostenibile e di digitalizzazione delle comunità locali. L’Università ha attivato da due anni un corso di laurea magistrale dedicato ai processi di innovazione nelle autonomie locali  e diversi master sull’amministrazione digitale. Per questo l’Ateneo si candida a contribuire a questo grande progetto dei borghi digitali assieme alle associazioni dei comuni e dei borghi.

I comuni italiani, in particolare i piccoli comuni, costituiscono la nervatura nazionale essenziale per lo sviluppo sociale ed economico, per una sanità riveduta radicalmente e valorizzando la sanità rispetto alla sua stessa operatività territoriale.

Finalmente, la “riscoperta” delle autonomie locali (e le autonomie locali digitali) oggi costituisce il migliore percorso concreto (dopo Coronavirus e non solo) per cambiare stile di vita e dare una risposta alla sostenibilità economica ed ambientale.

Per approfondire

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