Agcom interviene oggi con una nota sulla vicenda Vivendi-Mediaset. I giochi non sono ancora fatti e l’Autorità non ha ancora deciso se vietare l’Opa per abuso di posizione dominante in violazione della Legge Gasparri, precisando che l’istruttoria aperta il 21 dicembre scorso ai sensi dell’art. 43, comma 11 del TUSMAR (Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici), “è ancora in corso. Sono infatti in pieno svolgimento tutti gli adempimenti necessari per approfondire i molteplici aspetti tecnici, giuridici e di mercato che l’analisi richiede”.
I tempi dell’Agcom potrebbero essere lunghi, peraltro, visto che l’istruttoria “si concluderà entro centoventi giorni prorogabili di altri sessanta”. Ciò significa che l’analisi dell’Agcom sulla scalata di Vincent Bolloré al Biscione si concluderà al più presto il 21 aprile, ma la data potrebbe slittare anche al 21 giugno. Un’eternità.
L’intervento odierno dell’Autorità di via Isonzo arriva dopo l’indiscrezione lanciata da La Repubblica secondo cui l’Agcom sarebbe pronta ad imporre un nuovo stop a Vivendi, dichiarando nulla un’eventuale Opa lanciata dal gruppo del finanziere bretone per abuso di posizione dominante.
Il 16 dicembre l’Agcom ha ricordato che sono vietate operazioni finalizzate a concentrare il controllo di Telecom Italia, di cui Vivendi è primo azionista di fatto con il 24,6%, e Mediaset. Secondo la legge anticoncentrazione le imprese di comunicazione che detengono nel mercato italiano una quota superiore al 40% non possono acquisire ricavi superiori al 10% del Sic (tv, radio, editoria). E Telecom Italia, ha ricordato Agcom, detiene il 44,7% della quota di mercato delle tlc mentre Mediaset ha il 13,3% del Sic (Sistema Integrato delle Comunicazioni).
In pochi giorni, tra fine novembre e inizio dicembre, il gruppo francese è passato dal 2,5% fino al 29% di Mediaset, ad un passo dalla soglia obbligatoria per lanciare l’Opa. La famiglia Berlusconi si è difesa salendo al 38% del capitale nel gruppo televisivo, con un investimento di circa 150 milioni di euro, e facendo appello al fronte dei piccoli azionisti italiani per difendere l’assalto francese.
Nei giorni scorsi Mediaset ha cercato sponde in nuovi alleati internazionali, ProsiebenSat1 e Tf1, con un’alleanza strategica per la creazione di un’anti-Netflix del Sud Europa. Un progetto analogo, ma alternativo, a quello pensato in origine con Vivendi prima della rottura a luglio su Mediaset Premium.
Intanto le voci mettono sotto pressione il titolo Mediaset, che a Piazza Affari perde circa il 4,50% a 4,01 euro. C’è da dire che dal 28 novembre il titolo Mediaset è passato dai minimi dell’anno a 2,236 euro, fino ai massimi di 4,56 euro del 21 dicembre, con un incremento dell’82% del valore in meno di un mese.
Nel frattempo, Vivendi per salire dal 3% al 29% ha sborsato ben 1,2 miliardi di euro.
Sulla vicenda è intervenuto oggi il presidente di Telecom Italia Giuseppe Recchi, a margine del World Economic Forum di Davos: “Siamo spettatori, non ci riguarda”. I rapporti con il gruppo francese, primo azionista di Telecom con quasi il 24% – rileva Recchi – “sono ottimi”. In ogni caso “siamo totalmente estranei” alla vicenda Vivendi-Mediaset. “Telecom non ha nulla a che vedere”.
Cresce intanto l’attesa per la presentazione del piano strategico di Mediaset che si terrà domani a Londra. Resta da capire, in primo luogo, l’orientamento del Biscione sulla partecipazione di Premium (pomo della discordia con Vivendi) all’asta per i diritti della Champions League per il triennio 2018-2021, con la partecipazione sicura di Sky e Rai. L’asta, che si terrà a febbraio, partirà da una base di 660 milioni di euro, quelli spesi da Premium per il triennio 2015-2018 per accaparrarsi i diritti di trasmissione delle squadre italiane in Champions.
Domani ne sapremo di più.