Gli analisti francesi scommettono sul titolo Vivendi e consigliano agli investitori di tenere ben strette le azioni del gruppo, che negli ultimi tre mesi ha messo a segno un incremento del 20% e viaggia in borsa oltre quota 20 euro. Il consenso è dovuto alla ‘campagna italiana’ del gruppo presieduto da Vincent Bollorè, che non più tardi di venerdì scorso ha portato il suo amministratore delegato Arnaud De Puyfontaine alla presidenza esecutiva del Gruppo Tim, al posto di Giuseppe Recchi, nominato vicepresidente.
Risolto senza grossi contraccolpi il nodo della maggioranza de facto in Telecom Italia notificata alla Commissione Europea, Vivendi è il primo azionista del gruppo italiano con il 23,9% del capitale, e controlla i due terzi del Cda (10 membri su 15) dopo l’ultima assemblea del 4 maggio.
Persidera
Fra i rimedi individuati dalla Commissione Ue per dare disco verde al controllo de facto di Vivendi c’è la cessione del 70% detenuto in Persidera, la società di Telecom Italia che controlla 5 mux per il digitale terrestre, il restante 30% è in mano al Gruppo l’Espresso.
Nonostante il controllo de facto di Tim, Vivendi non si è vista costretta a consolidare il debito di Telecom Italia che viaggia sopra i 25 miliardi. Un boccone indigesto che però la Commissione Ue, interessata eminentemente a questioni antitrust, le ha risparmiato.
Trovare un acquirente per Persidera non sembra facile, quanto meno in Italia, visto che i player naturali (Mediaset e Rai) detengono già 5 mux a testa, tetto massimo consentito. Il che apre il campo a potenziali nuovi entranti, che potrebbero essere interessati ad accaparrarsi i mux di Persidera. Anche se l’affare dei mux ha un orizzonte temporale limitato, visto che il digitale terrestre è una tecnologia con un tempo di vita limitato: la roadmap per il passaggio dei 700 Mhz dai broadcaster al mobile, in ottica 5G, è fissata al 2022 e un extra time per il digitale terrestre su altre frequenze sub 700 è programmato con limite al 2030.
Telecom Italia
Vivendi punta forte su Telecom Italia, che con la cura Cattaneo ha rimesso in ordine i conti, chiudendo il 2016 con utili per 1,8 miliardi di euro, a fronte di un rosso di 70 milioni nel 2015. L’operatore è impegnato nello sviluppo della sua rete ultrabroadband e deve affrontare la concorrenza di Open Fiber sulla fibra, in attesa del prossimo sbarco di Iliad in Italia.
Telecom Italia, titolo sottostimato
Ma per Vivendi il controllo di Telecom Italia rappresenta la garanzia di una piattaforma strategica per distribuire al meglio i suoi programmi nel Sud Europa e di realizzare il famoso polo convergente del Mediterraneo tanto caro a Vincent Bollorè.
Gli investitori vedrebbero di buon occhio anche lo sbarco in borsa di Universal Music, che secondo gli analisti potrebbe valere 12 miliardi.
Insomma, Telecom Italia, in vista del grande progetto strategico di creare “Una Netflix del Sud Europa”, resta la priorità per Vivendi, che tuttavia non ha alcuna intenzione di uscire da Mediaset. A più riprese il gruppo di Cologno ha fatto sapere che la disputa sulla cessione mancata di Premium a Vivendi si risolverà per vie legali.
D’altra parte, secondo Stéphane Beyazian, analista di Raymond James sentito da La Tribune, un’uscita da Telecom Italia sarebbe oggi fuori discussione, visto che “Le azioni di Telecom Italia sono sottostimate del 30% rispetto al loro valore reale, a causa del rischio di una nuova guerra dei prezzi nel mobile in vista dell’imminente arrivo di Iliad in Italia”. Secondo l’analista, il titolo potrebbe tornare al rialzo grazie alla riduzione dei costi e alla vendita di asset e alle opportunità di fusioni e acquisizioni a più lungo termine.
Mediaset
Intanto, sul fronte Mediaset, Vivendi (secondo azionista con una quota vicina al 29% dietro a Fininvest) sembra intenzionata a congelare i suoi diritti di voto nel Biscione sotto il 10% in vista della prossima assemblea degli azionisti di Mediaset fissata il 28 giugno. Secondo la Reuters, Vivendi sarebbe inoltre intenzionata a fare ricorso al Tar e in sede Ue contro la pronuncia del 19 aprile dell’Agcom, che riscontrato un’eccessiva concentrazione delle partecipazioni del gruppo nel mercato dei media e delle Tlc e ha ordinato a Bollorè di cedere entro un anno quote in Telecom Italia o in Mediaset. Vivendi dovrà presentare il suo piano di exit strategy all’Autorità entro il 19 giugno, ma i ricorsi dovrebbero partire prima.
Agcom nella sua istruttoria ha verificato la posizione dominante di Vivendi nel mercato delle telecomunicazioni e dei media ai sensi dell’articolo 43 del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici (Tusmar) che stabilisce un divieto al superamento dei tetti di controllo. In particolare, le imprese di comunicazioni elettroniche che detengono nel mercato italiano una quota superiore al 40% non possono acquisire ricavi superiori al 10% del Sistema Integrato delle Comunicazioni, il cosiddetto Sic (tv, radio, editoria). Mediaset secondo gli ultimi dati ha ricavi attorno al 13% del Sic.
Infine, ieri Arnaud De Puyfontaine ha annunciato ieri l’apertura entro fine mese di Vivendi Italia, avamposto dal quale verrà seguito il mercato italiano (interessano i diritti del calcio, film e serie Tv) dal quale si potrà organizzare la realizzazione della Netflix del Mediterraneo. Vivendi vuole contribuire al rilancio del cinema italiano e sullo sfondo resta sempre Mediaset.