La conferma arriva stamani dal gruppo francese presieduto da Vincent Bollorè: Vivendi detiene il 19,9% delle azioni ordinarie di Telecom Italia e secondo molti osservatori non escluderebbe di salire fino alla soglia del 25%, oltre la quale dovrebbe scattare l’Opa.
Le voci che si susseguono da tempo sono state avvalorate ieri dalla SEC, l’autorità americana per il controllo dei mercati, che ha divulgato il modello 13D/A presentato dal conglomerato francese e dal quale risulta che Vivendi è ora accreditato di 2,68 miliardi di azioni.
La società è diventata azionista di riferimento di Telecom Italia a settembre 2014, dopo aver ‘ereditato’ la quota dell’8,2% di Telefonica nell’ambito dell’accordo per l’acquisizione dell’operatore brasiliano GVT.
Dal 4 settembre al 2 ottobre, quindi, Vivendi ha acquistato azioni sul mercato per complessivi 737,74 milioni di euro, portando il prezzo totale dell’acquisizione a 3,054 miliardi di euro. Il gruppo avrebbe quindi speso mediamente tra 1,036 e 1,135 euro per azione.
“Questo nuovo investimento – sottolinea il gruppo in una nota – conferma l’intenzione di Vivendi di essere azionista di Telecom Italia in un’ottica di lungo periodo e di sviluppare le sue attività nel Sud Europa”.
Intenzione non del tutto scontata all’indomani dell’accordo con Telefonica, visto che nel frattempo Vivendi aveva ceduto altre controllate nel settore delle telecomunicazioni, a partire dall’operatore mobile francese SFR.
La reazione del management italiano
Recentemente, alla diffusione della notizia della salita di Vivendi al 15% del capitale Telecom, l’amministratore delegato Marco Patuano aveva affermato: “Se aumenteranno la loro quota, va sempre bene”, facendo ben intendere di non essere a conoscenza dei progetti di rafforzamento del socio francese nell’azionariato.
Anche stamani, Patuano spiega di aver avuto “indicazione della crescita di Vivendi al 19,9% del capitale di Telecom Italia”. Si tratta, secondo il manager, di “…un ulteriore rafforzamento di quello che si sta dicendo da tempo circa l’interesse strategico e non tattico di Vivendi” per Telecom Italia.
Quanto alle strategie congiunte dei due gruppi, Patuano ha spiegato che c’è una “evidente complementarietà” tra Vivendi che “ha l’ambizione di essere protagonista nel mondo dei contenuti” e Telecom Italia che è invece attiva “nella banda ultralarga e nella distribuzione dei contenuti”.
La strategia di Bollorè
Resta ora da capire quale sarà la strategia di Bollorè, che al momento non conta alcun rappresentante in Cda. Le cose potrebbero però cambiare a breve, vista anche la natura estremamente energica e accentratrice del finanziere bretone, che finora ha mantenuto una posizione defilata che mal si adatta al suo stile. Patuano, tuttavia, sostiene di “non aver avuto indicazioni” sulla possibile convocazione di un’assemblea straordinaria per la nomina di nuovi componenti del board.
Di sicuro c’è che Bollorè vorrà giocare un ruolo attivo nel processo di consolidamento in atto in Europa e tenere le fila di un possibile accordo con altri ex monopolisti europei come Orange o Deutsche Telekom(anche se Patuano ha smentito di aver avviato discussioni con l’incumbent francese), coltivando al contempo il suo progetto di creazione di un colosso dei contenuti attivo a livello europeo e mondiale. Una strategia che passa dai contenuti video e musicali delle due controllate Canal+ e Universal Music, ma che poggia inevitabilmente sulle reti di telecomunicazione – che costituiscono l’autostrada sulla quale questi contenuti vengono ormai distribuiti in maniera privilegiata.
In questo contesto si inserisce quindi la possibilità che il gruppo francese punti a salire ancora anche nell’azionariato di Telefonica di cui attualmente detiene una quota vicina all’1%, ottenuta convertendo in una partecipazione diretta dello 0,95% parte della quota del 7,5% ereditata in Telefonica Brasil.
Un’operazione, secondo gli analisti di Liberum, che Vivendi non avrebbe difficoltà a portare avanti, avendo in cassa abbastanza liquidità e che risulterebbe coerente con l’affermazione di Vivendi di voler sviluppare le sue attività nel Sud Europa e con la consueta strategia di Bollorè di conquistare abbastanza peso decisionale in un’azienda senza doverla acquisire in toto.