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Virus Wannacry, donne più disposte a pagare il riscatto (in media € 370)

Il recente attacco informatico Wannacry, che ha colpito numerose organizzazioni e aziende di mezzo mondo (dal Servizio Sanitario Nazionale inglese alla compagnia spagnola Telefonica, fino al governo russo) ha svelato definitivamente a tutti la pericolosità del ransomware, il tipo di malware che infetta il computer e chiede il riscatto per il ripristino. Già a febbraio Key4biz metteva in guardia i lettori da questa minaccia.

E tra le migliaia di vittime del virus è stato scoperto che le donne pagano di più la somma richiesta rispetto agli uomini, soprattutto per riavere l’accesso ai documenti di lavoro e alla musica. La curiosità è contenuta nello studio che tre ricercatori dell’università di Kent (GB) hanno condotto proprio sul ransomware, il cui termine è entrato per la prima volta nel dizionario inglese di Oxford nel 2012 per indicare “un tipo di malware che compromette il funzionamento del computer e chiede un riscatto sia per consentire di nuovo l’utilizzo del dispositivo e l’accesso ai dati sia per non riferire l’accaduto alla polizia. Infatti è conosciuto anche con il nome di policeware”.

Dall’articolo “l’analisi economica del ransomware” pubblicato dai tre ricercatori britannici si conosce anche il tariffario che gli hacker applicano alle vittime. “Il loro vero obiettivo è racimolare 100 euro circa per ogni persona bersagliata, perché solo il 10% paga la cifra totale di 1.000 euro”, si legge nel report. Evidentemente si può anche trattare con i pirati informatici.

Le donne, come detto, meno degli uomini dicono No al riscatto e in media pagano in Bitcoin 370 euro, contro i 260 euro saldati dai maschi.

In generale il target preferito dagli hacker è: una persona,  un ente o un’azienda che valuta troppo importanti i file contenuti nel Pc che non può non pagare il riscatto. Per i documenti di lavoro e per la collezione musicale le vittime sono quasi sempre disposte a pagare anche perché gli hacker, ormai sono diventati anche mezzi-commercianti, fissano un prezzo non proibitivo per tutti e soprattutto in relazione al portafoglio della vittima. E la Disney rientra perfettamente in questo identikit, infatti è stato scritto che gli hacker avevano rubato una copia del film “Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar” con la richiesta di riscatto per non farlo uscire sul web prima dell’anteprima mondiale al cinema, ma a Yahoo Finance è arrivata la smentita dal numero 1 della major: “Non siamo stati vittima di hackeraggio!. Ci è stato comunicato il furto di una copia del film, abbiamo preso seriamente in considerazione la minaccia, ma abbiamo deciso di non cedere a quanto richiesto”, ha detto Bob Iger.
Evidentemente non era un attacco informativo, ma un bluff.

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