Vincite improvvise

Vincere alla lotteria non è una iattura

di James Hansen |

Lungi dal darsi alla pazza gioia, i vincitori di grossi premi in denaro non si danno alla pazza gioia ma utilizzano la somma come una sorta di supplemento al loro reddito annuo normale.

Forse per comprensibili motivi umani, sono sempre ampiamente riprese le notizie di vincitori alle lotterie che poi fanno bancarotta, oppure sono citati in causa da ex partner che vogliono condividere il bottino o assediati da parenti e vicini che propongono di aiutare a spenderlo. Il messaggio parrebbe essere che chi vince finisca comunque per vivere male l’improvvisa ricchezza.

Una parte di verità c’è. Le persone non abituate a gestire somme importanti possono avere difficoltà a farlo. Un nuovo studio però —“Long-run effects of lottery wealth on psychological well-being”, di Erik Lindqvist, della Stockholm School of Economics, di Robert Östling, della Stockholm University e dell’americano David Cesarini, della New York University — smentisce che il biglietto vincente sia una iattura. Anzi: “I vincitori di premi importanti sostengono aumenti nella soddisfazione di vita che persistono per oltre un decennio e non sembrano diminuire con il passare del tempo” La correlazione tra ricchezza e benessere è talmente nota da essere una banalità. Popolarmente comunque, regnano dubbi sugli effetti della ricchezza improvvisa — forse dovuti al meccanismo riassunto nella favola di Esopo sulla volpe che, quando non riesce a raggiungere un grappolo d’uva posto troppo in alto, decide che “tanto, quell’uva era acerba”. Reagisce cioè disprezzando il premio mancato.

La ricerca svedese ha riguardato un campione di 3.362 giocatori vincenti in tre lotterie nazionali—Kombi, Triss-Monthly e Triss-Lumpsum. Nell’insieme avevano portato a casa un totale equivalente a $ 277 milioni—poco più di $83mila a testa.

 

Uno dei risultati più interessanti è la netta smentita anche della credenza popolare secondo cui i vincitori di somme significative si diano alla “pazza gioia”, scialando velocemente la vincita con spese folli. Secondo i ricercatori invece: “I vincitori di premi importanti (tra i $100mila e gli $800mila) godono di un miglioramento nella loro condizione economica per ben oltre un decennio dopo il colpo di fortuna”. Lavorano di meno, questo sì, ma spendono solo gradualmente la vincita. Spesso ne investono una buona parte, preferendo — forse paradossalmente — obbligazioni finanziarie a basso rischio rispetto alle più performanti azioni quotate: un risultato in linea con ricerche condotte in altri paesi. I vincitori perlopiù utilizzano la somma come una sorta di supplemento al loro reddito annuo normale.

Chi prova un’intima delusione a sapere della permanenza del benessere che accompagna una bella vincita alla lotteria — una fortuna che non ha potuto personalmente provare — potrà consolarsi sapendo che ci sono anche giochi dove invece risulta meglio perdere che vincere. Una ricerca di Adam Leive dell’University of Virginia, recentemente apparsa sul Journal of Health Economics, identifica un caso sorprendente in cui non solo i perdenti vivono più a lungo dei vincenti, ma guadagnano meglio.

Lo studioso ha paragonato gli esiti di vita dei vincitori delle medaglie d’oro e d’argento negli eventi olimpionici d’atletica leggera. Gli “ori” muoiono mediamente oltre un anno prima degli “argenti” e questi secondi — i “perdenti”, per dire — risultano perfino seguire occupazioni in media meglio pagate di quelli che avevano invece ottenuto l’oro e il primo posto in pedana. Era forse una medaglia “acerba”?

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