Se la voglia di evasione è a pieno titolo ciò che comprensibilmente ha caratterizzato l’anno e mezzo di pandemia mondiale, non stupisce che a una costante diminuzione del fatturato delle news e dei giornali – con le loro cattive notizie e gli aggiornamenti sul numero dei contagi e dei morti da coronavirus – abbia risposto un aumento sensibile del business della tv streaming, della musica, dei podcast e dei video OTT, segno di un utilizzo sempre più costante della rete, sia con connessioni Internet casa che Internet mobile (e in entrambi i casi, i comparatori come SOSTariffe.it possono aiutare a scegliere le offerte più convenienti disponibili sul mercato). Ma il dato che è forse più sorprendente riguarda un altro media (o più propriamente, un multimedia): il gaming, a cui tiene testa, al momento, soltanto lo streaming video.
Videogame tra mobile gaming e colossi dei media
Come dimostra uno studio di Axios, la crescita del fatturato legato al gaming è tanto inarrestabile che i maggiori colossi dei media stanno cominciando a riprogrammare almeno in modo parziale il loro business per non correre il rischio di rimanere indietro. Perfino Netflix, con il suo tesoretto di duecento milioni di utenti, sta pensando a strategie per proporre a questo pubblico una serie di contenuti legati ai giochi; del resto non è la prima volta che la sinergia videogame-tv è al centro del servizio di streaming – si pensi a serie come The Witcher, ad Assassin’s Creed o a Castlevania, o al videogioco (naturalmente isometrico e con grafica anni ’80) ispirato alla terza stagione di Stranger Things. Proprio in questi giorni la compagnia di Reed Hastings sta assumendo dirigenti nel settore del gaming, secondo le voci per un servizio simile a quanto offre Apple con Apple Arcade (e cioè giochi per mobile di alta qualità, senza contenuti pubblicitari per gli abbonati paganti). L’obiettivo è il 2022, e come ha insegnato fin troppo bene la pandemia i piani possono cambiare molto rapidamente; il segnale però c’è ed è forte, in parallelo con il superamento dei videogame come “prodotto per ragazzini” e la loro definitiva consacrazione come intrattenimento per tutte le età, molto spesso con finanziamenti e personale coinvolto ben superiori a quelli di un blockbuster di Hollywood e trame e personaggi sempre più raffinati. Una nuova dimensione interattiva del racconto, insomma, ormai tanto sofisticata da sfidare le narrazioni più tradizionali nel loro campo – e non di rado a superarle.
Gli eSports, quando il gioco si fa competitivo
Il genere che cresce di più? Manco a dirlo, gli eSports, che combinano l’intrattenimento ludico con la vera performance sportiva, creando star milionarie e attirando centinaia di milioni di sguardi sugli smartphone o sui computer per tornei seguitissimi: i Cristiano Ronaldo del futuro, o meglio del presente, non hanno più un pallone tra i piedi ma un controller o una tastiera tra le mani (e fa parte di questo nuovo approccio anche lo sbarco sempre più massiccio su Twitch di star ed ex star del calcio o di altri sport tradizionali). Perfino ESPN, la più nota emittente televisiva statunitense dedicata allo sport, ormai ha nel suo palinsesto diverse ore ogni settimana dedicate a giochi come Rocket League, Madden o NBA 2K, così come Fox Sports. In un cortocircuito che può apparire bizzarro solo a chi non frequenta l’ambiente, sono gli stessi atleti che normalmente calcano i campi da calcio, gli stadi del football, i palazzetti del basket (e che negli ultimi mesi, in diversi casi, sono stati costretti a uno stop forzato) a diventare i volti dello sport elettronico, anche con finalità benefiche, come ha dimostrato qualche mese va Kevin Durant, superstar della NBA.
Le prospettive tra cloud e mobile gaming
Verrebbe da pensare che le società più a loro agio con una riconversione “ludica” siano proprio quelle legate già nel loro core business all’economia digitale, come Microsoft o Google, Apple o Amazon, ma la realtà non è così semplice. Per quanto i colossi di Silicon Valley continuino a investire miliardi soprattutto nel cloud gaming, che permette anche a chi non ha un computer ultimo modello di godere appieno dei videogame più avanzati e immersivi (a patto ovviamente di avere una buona connessione, soprattutto per quanto riguarda la latenza), raggiungere un vero attivo è tutt’altro che facile: solo Microsoft, con il suo servizio xCloud e il Gamepass, ha ottenuto un successo pieno, mentre i competitor faticano: in primis Google, che con Stadia ha dovuto più volte rivedere i suoi programmi, patendo soprattutto dal lato delle esclusive, a dispetto di una qualità complessiva che pare però essere molto buona. Insomma, bisogna vedere se si tratta soltanto delle prime comprensibili difficoltà di un modo di intendere il gioco totalmente nuovo, e in grado di cambiare nel giro di pochi anni il panorama videoludico – relegando le console a un ruolo di comprimarie, se non facendole addirittura sparire – o se c’è dell’altro: quello del gaming è un settore tanto attraente quanto difficile, e non si contano i fallimenti di aziende che sulla carta avevano tutto (soldi, know-how, personale strappato alle software house più in voga) per sfondare e che invece non l’hanno fatto, trovandosi a chiudere in fretta e furia un’intera divisione per evitare perdite più cospicue.
Intanto, tra i cantori della prossima fine delle console si è iscritto nientemeno che Naoki Yoshida, il creatore dell’acclamato Final Fantasy XIV e coinvolto anche nella creazione del nuovo capitolo della saga (il sedicesimo). Secondo Yoshida, a decretare la fine di PlayStation, Xbox e Nintendo sarà… il 5G: a quel punto, secondo l’autore, ci sarà la possibilità di trasmettere contenuti di altissimo livello su qualsiasi dispositivo, facendo definitivamente decadere la televisione del salotto (o il monitor del PC) in favore di soluzioni basati sulla telefonia mobile, come gli smartphone e i tablet. Si parla, naturalmente, di mercato orientale, che com’è noto ha un rapporto con il “gaming su telefonino” molto più stretto che in Europa o negli USA, dove nella maggior parte dei casi lo smartphone è il regno del casual gamer, non dell’appassionato che spendere decine, se non centinaia, di euro ogni mese in giochi. Di sicuro c’è molti dei nomi più prestigiosi stanno guardando con rinnovato interesse alle evoluzioni del mobile gaming: il dubbio non è sull’eventualità che il futuro sia dei giocatori, ma sul come.