Negli ultimi anni abbiamo assistito al lento declino della tv in diretta. I telespettatori, grazie all’esplosione delle connessioni mobili, sono sempre più orientati verso un consumo dei contenuti audiovisivi anytime, anywhere e any device.
I palinsesti sono morti nel senso più tradizionale del termine. Oggi gli utenti si costruiscono programmazioni sempre più personalizzate in base ai loro gusti e alle loro preferenze.
Le revenue pubblicitarie sono in lenta ripresa dopo aver raggiunto il livello minimo nel 2008; finanziamento pubblico sotto pressione; mentre la pay tv continua a crescere, i broadcaster tradizionali hanno cominciato a produrre e distribuire format brevi sulle piattaforme di video-sharing come YouTube o Dailymotion.
Il settore della distribuzione è profondamente mutato con i provider over-the-top e gli aggregatori di contenuti.
La Commissione Ue ha ben compreso il grosso fermento del mercato e presentato il mese scorso la proposta di revisione della Direttiva sui servizi media audiovisivi (SMA), avviando un nuovo approccio alle piattaforme online per raccogliere le nuove sfide poste dal digitale in vista della realizzazione del Mercato Unico. (Focus sui punti essenziali).
Una revisione necessaria considerata la maggiore offerta di video on-demand che però arriva su mercati ancora molto frammentati con più canali e servizi VOD disponibili.
L’Osservatorio europeo dell’audiovisivo ha presentato un Rapporto che esamina il campo d’applicazione della Direttiva SMA e le proposte di modifica avanzate a Bruxelles dai Commissari Ue Ansip e Oettinger.
La Direttiva Ue prevede regole più severe per la tv e un regime più ‘morbido’ per i servizi media audiovisivi on-demand in alcuni settore specifici, come la tutela dei minori, la promozione e la distribuzione di opere europee, la pubblicità e le televendite.
Ma è davvero necessario conservare una regolamentazione il cui rigore varia in funzione del servizio reso visto che la distinzione tra tv e servizi on-demand è sempre meno netta?
Le modifiche alla Direttiva SMA erano attese da tempo dall’industria di settore, visto che queste norme comuni hanno quasi 30 anni e nel frattempo molte cose sono cambiate.
Da qui la necessità della Ue di intervenire rapidamente per assicurare un level playing field tra broadcaster e newcomers.
In questo senso, altre novità riguarderanno i contributi degli OTT alla produzione Ue.
Attualmente le emittenti televisive europee investono circa il 20% delle loro entrate in contenuti originali e i fornitori di servizi a richiesta meno dell’1%. La Commissione vuole che le emittenti televisive continuino a riservare almeno metà del tempo di trasmissione alle opere europee e obbligherà i fornitori di servizi a richiesta a garantire almeno il 20% di opere europee nei loro cataloghi. La proposta chiarisce inoltre che gli Stati membri possono chiedere ai servizi on-demand disponibili sul territorio nazionale di contribuire finanziariamente alle opere europee.
Per le piattaforme online, la Commissione ha delineato un approccio mirato e basato su principi per risolvere i problemi segnalati dai partecipanti alla sua consultazione pubblica sulla valutazione delle piattaforme, che si è svolta nell’arco di un anno, e coadiuverà l’industria e le parti interessate nei loro sforzi di autoregolamentazione e coregolamentazione per garantire che questo approccio resti flessibile e aggiornato.
In questo sensi indispensabile lavorare sulla fiducia dei consumatori.
Per i ricercatori dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo tra servizi audiovisivi tradizionali e di nuova generazione ci sono confini sempre più sfumati, sarebbe forse più opportuno quindi ragionare senza fare più distinzioni tra servizi tradizionali e online.