Key4biz

Viareggio e l’orribile vicenda di “normale disumanità”. Cronaca di un “omicidio normale” ?

La terribile vicenda registrata da un orribile sequenza video nella notte di un giorno “normale di vacanza” a Viareggio della non normale uccisione per investimento ripetuto d’un borseggiatore marocchino senza fissa dimora ci ha tutti colpito.

Ancora una volta dopo la vicenda della povera Sharon “uccisa per caso in un giorno normale” o del 17enne che stermina la famiglia in una “notte normale” ci si interroga sui perché di questi eventi di follia, purtroppo sempre più diffusi e che vanno oltre deviazioni patriarcali e femminicidi.

Perché non si uccide volontariamente “senza un perché” e in questo caso non bastano certo i 200 euro della pochette e relativo contenuto. Il modo violento e reiterato dell’atto (la signora per quattro volte “scarica” il proprio suv sull’uomo già a terra) ripreso dal video è espressione non solo di una volontà di uccidere per riprendersi la borsetta ma di farlo essendo sicura degli esiti, cioè di uccidere l’autore che le ha sottratto la borsetta.

Ma c’è anche da domandarsi se una tale pulsione reiterata e violenta non sia stata supportata oltre che da evidente sproporzionata premeditazione anche da forti motivazioni di odio razziale vista l’origine marocchina dell’uomo?

E’ chiaro infatti che la signora non commette alcun “errore di manovra” dato che dopo l’investimento recupera la borsetta dall’uomo ormai esanime a terra e se ne va tranquilla guardandosi bene dal verificarne le condizioni e offrire un minimo di supporto e aiuto, dunque rifiutandosi di portare qualsiasi tipo di soccorso (oltre la semplice “omissione”) ad un uomo morente a terra e colpito con la sua auto per ben quattro volte.

Quindi nessun impulso guidato da paura ma premeditazione reiterata e accanimento su un uomo a terrà senza alcuna pietà. Perciò sembrerebbero sommarsi tragicamente in una follia pulsionale di omicidio con schegge di premeditazione, anche razzismo e disumanità rifuggendo volontariamente da qualsiasi soccorso.

La giustizia farà il suo corso e già il fermo e l’accusa vanno dritti – a tutta evidenza -all'”omicidio volontario”, perché da qui si deve partire. In un paese democratico e in uno stato di diritto sostenuto da una giurisdizione penale e costituzionale forti e certe ognuno di noi non può farsi giustizia da solo come nel Far West o nella giungla.

Ma poi la pietas dovrebbe comunque guidare o illuminare i nostri atti entro spiragli di lucidità se non lungo la pietra scolpita nel dettato biblico a “non uccidere mai”, tanto meno per futili motivi e se non per legittima difesa che qui le immagini sembrano escludere totalmente.

Sorprende allora la rincorsa spasmodica e smodata di alcuni politici di destra alla difesa d’ufficio per escludere l'”omicidio volontario”, diseducando e distraendo la pubblica opinione senza alcuna consapevolezza di induzione in questo modo a comportamenti di “giustizia fai da te e di incitamento all’odio” per riportarci al Pleistocene.

Perché se la critica è ad una giustizia e sicurezza inefficienti si agisca perché lo siano meno con più personale (magistrati e poliziotti) e con reati acconci e sanzioni conseguenti, ma senza richiami “giustificazionisti individualizzanti” che ci porterebbero alla guerra per bande o alla giungla appunto di fronte a quella che ci appare come una vera e propria “esecuzione”.

Ma ancora più grave e incomprensibile la totale assenza di una qualche traccia di umanità seppure in presenza di uno “stato di pericolo” e con una risposta del tutto sproporzionata o estrema ci deve invece interrogare sulle cause profonde di uno stato della mente e della percezione dell’insicurezza di un’“omicida  consapevole” certo esacerbata da social irresponsabili e indisponibili ad educare, formare, guidare a comportamenti responsabili, dei quali la signora è esperta frequentatrice come da ricostruzioni giornalistiche essendo imprenditrice in settori che ne fanno ampio uso.

Social tra masse, potere, decostruzione arbitrario del consenso e non neutralità della tecnica

Dunque quei social di fatto sensibili solo a lucrare sulla “generazione di traffico” (miliardi di follower) proprio evitando di distinguere per rovesciamento pedagogico tra bene e male, tra razionalità e irrazionalità, tra responsabilità e irresponsabilità e rifiutandosi di proteggere i più fragili e per i quali queste Big Corporation vengono da anni sanzionate su entrambe le sponde dell’Atlantico anche per usi impropri di condizionamento del consenso politico-democratico vista la funzione di decostruzione arbitraria del rapporto tra masse, consenso e potere.

Partendo dalla tesi giustamente insostenibile della “neutralità della tecnica” da intendere come “puro veicolo di transito” di contenuti che alla tecnica non appartengono e di cui il canale non può ritenersi responsabile. Ma non serve ricorrere a Marshall McLuhan per smontare questa tesi infondata perché “il medium è il messaggio” e il medium è innanzitutto la tecnica e le sue forme.

Traiettoria che ha come conseguenza primaria di favorire comportamenti individuali e collettivi (di rinforzo del branco che protegge il singolo come tra i lupi nell’attacco ai più deboli delle greggi?) che portano a difendere la “sacralità” della vita umana a corrente alternata e – purtroppo – sempre più spesso “a staccare del tutto la spina” rimuovendo qualsiasi valore della vita e con questa spegnendo qualunque barlume di lucidità chiusi in “bolle social” che si auto-alimentano e vivono di “luce propria” anche se spesso totalmente nel buio, alimentate dalla melma di culture antisistema e complottiste di “pochi buoni e puri contro tutti gli altri cattivi” (spesso coincidenti con i diversi, i sionisti,  i migranti, gli oppositori in genere) che Hannah Arendt ci ha insegnato a riconoscere anche con la “banalità del male” di una techne che si fa dominio e potere sulle masse fino all’annientamento di quel totalitarismo che si tradurrà nella Shoah.

Ecco la funzione decostruttiva del consenso in forme arbitrarie che mina le basi stesse della democrazia come la abbiamo conosciuta nel ‘900. Che ci conduce a quel buio di mente e cuore che frantuma la ragione e che ci mostra il valore della vita umana annientata da una “pochette” (o dall’esecuzione burocratica di un ordine di un qualche capo) nella orrifica “normalizzazione” di un omicidio, sproporzionato, disumano, senza pietà e sostenuto probabilmente da motivazioni razziste che una “società del diritto e giusta” e che voglia definirsi “umana e illuminata dalla pietas” non può tollerare.

Perché dobbiamo continuare e mai rinunciare ad educare noi stessi innanzitutto molto prima del rispetto della legge e/o della paura della pena con una etica forte della responsabilità e con una scuola che formi al rispetto della persona e alla fiducia nelle forze dell’ordine oltre che nell’uomo.

Ossia capace di costruire quella società solidale per la quale siamo geneticamente programmati (come ci dicono le neuroscienze) che sappia formare e integrare nella comunità, accogliendo e monitorando i processi e gli esiti di quella integrazione possibile ancor prima del rispetto della legge canalizzandone le devianze e comprendendole.

Cioè “non possiamo rinunciare mai nè ad essere kantiani nè ad essere cristiani”, ossia non rinunciando mai ad educare  e includere per dare un senso al nostro appartenere ad una stessa comunità di destino che sia soprattutto giusta ricorrendo per la nostra sicurezza agli enti e alle regole a questa deputati oltre che al lume della ragione con l’educazione e la responsabilità perché con Dante “fatti non foste a viver come bruti”!

Exit mobile version