La dichiarazione per una mobilità a zero emissioni
Entro il 2040 si dovranno vendere solo auto e furgoni a zero emissioni in tutto il mondo. Questo l’accordo annunciato alla COP26 tra Governi, amministrazioni regionali e cittadine, enti pubblici, aziende e associazioni.
Si tratta ovviamente di un documento non vincolante, che impegna comunque in qualche modo i firmatari a fare il possibile affinché queste vetture siano non inquinanti entro i prossimi 10 anni ed entro il 2035 nei principali mercati mondiali.
Come spiegato dal comunicato ufficiale, Governi nazionali e regionali si impegnano a convertire la flotta pubblica ad una mobilità a zero emissioni già entro il 2035, mentre le imprese potrebbero anticipare al 2030.
L’accordo è stato sottoscritto da 26 nazioni, tra cui il Regno Unito, il Canada, Austria, Paesi scandinavi e baltici, Polonia, Slovenia, Croazia, Cambogia, Israele, Nuova Zelanda, Cile.
Roma, Firenze e Bologna dicono si
Brilla l’assenza dell’Italia, uno dei mercati più importanti a livello mondiale, ma anche quella di Stati Uniti, Germania, Francia, Russia, Cina e resto dell’Asia.
Per il nostro Paese, però, hanno aderito in maniera autonoma al patto le città di Bologna, Firenze e Roma, mentre per gli Stati Uniti città come Atlanta, New York, Dallas, Los Angeles, San Francisco, Seattle e Stati come la California e Washington.
Solo sei importanti case automobilistiche hanno firmato l’impegno, tra cui Mercedes-Benz, Ford e Volvo. Altre aziende leader salite a bordo sono la società di trasporti Uber e il rivenditore di generi alimentari Sainsbury’s.
Un accordo che non taglierà a sufficienza le emissioni
Un accordo che comunque è valutato dagli esperti e gli ambientalisti come debole e privo di efficacia, soprattutto perché non vincolante e non in grado negli effetti di limitare l’aumento della temperatura media globale entro i +1,5°C.
“Ciò che preoccupa oggi è che le principali economie, come Stati Uniti, Germania, Cina, Giappone, e produttori di livello mondiale, come Volkswagen, Toyota e Hyundai, non sono nemmeno riusciti a firmare una dichiarazione d’intenti sui veicoli elettrici, non riuscendo a fare quanto necessario in termini di sicurezza climatica”, ha dichiarato Martin Kaiser, direttore di Greenpeace Germania.
“Con la Cina, gli Stati Uniti, la Germania e la Francia assenti, ci vorrà più di una dichiarazione non vincolante per ripulire la più grande fonte di inquinamento, che è il settore dei trasporti“, ha affermato in una nota l’ong Transport & Environment.
Elettrificazione vs eFuel, il futuro dell’industria auto ad un bivio
Ja, die 🇩🇪BuReg ist sich einig: wir unterzeichnen nicht. Wir wollen saubere & klimaneutrale Mobilität, aber eben technologieoffen. Der FOSSILE Verbrenner muss 2035 auslaufen! Was in der Glasgow-Erklärung fehlt? – eFuels aus erneuerbaren Energien in Verbrennungsmotoren zu nutzen. https://t.co/ULhVlKkISy
— Andreas Scheuer (@andreasscheuer) November 10, 2021
Secondo quanto contenuto in un tweet del ministro dei Trasporti tedesco, Andreas Scheuer, la mancata firma dell’accordo da parte della Germania è legata ad un confronto/scontro piuttosto lungo, tra industria e mondo della politica.
Alla base del disaccordo, si legge nel post, c’è il disaccordo di base tra due fronti, quello dell’elettrificazione dell’auto e quello dei carburanti sintetici.
Sostanzialmente, all’elettrico si oppone l’efficacia degli eFuel, carburanti sintetici ecologici, cioè e-gas, e-benzina e e-diesel, prodotti/sintetizzasti a partire da fonti rinnovabili, cosa che abbassa notevolmente il carico di carbonio, ma che al consumo emettono – comunque – basse emissioni di CO2.