Gli Stati Uniti e la Cina sono stati in competizione e si sono scontrati in diverse arene: commercio internazionale, isole del Mar Cinese meridionale, risorse in Africa e diritti umani. Tra i vari fronti aperti, uno dei più oscuri, ma estremamente importante, è quello degli standard tecnologici internazionali, ovvero quelle regole di produzione che le aziende di tutto il mondo seguono affinché i loro dispositivi possano comunicare e funzionare in tutto il mondo. Storicamente, gli standard internazionali sono stati appannaggio di aziende americane ed europee in quanto soggetti leader in campo tecnologico. Negli ultimi 20 anni, però, la Cina è emersa con forza, incoraggiando i propri ingegneri ad essere attivamente coinvolti nella definizione degli standard all’interno degli organismi tecnici internazionali. Questa politica ha portato grandi risultati: nel 2016, le soluzioni proposte in seno al 3GPP (Third Generation Partnership Project) da Huawei – “polar codes” – per una parte fondamentale dello standard 5G hanno superato quelle di Qualcomm, grazie anche al voto favorevole del gigante cinese dei computer Lenovo; nel 2020 la Cina è diventata il primo paese al mondo per richieste di brevetti presso la WIPO (World Intellectual Property Organization). Quella degli standard è una questione cruciale perché rappresenta non solo un strumento di soft power e influenza, ma soprattutto un veicolo per l’espansione economica, commerciale e politica di un Paese.
China Standards 2035
In questo contesto rientra il 14° Piano quinquennale cinese, annunciato ad ottobre e ratificato lo scorso marzo nella quarta sessione della XIII Assemblea Popolare Nazionale tenutasi a Pechino. Il Piano pone l’attenzione sulla dual circulation strategy, ovvero sul bilanciamento tra mercato interno ed esterno, sulla transizione green e soprattutto sul tema dell’innovazione tecnologica. In particolare, con il programma China Standards 2035 la Cina si prepara a promuovere, con un approccio politico top-down, gli standard internazionali dell’industria tecnologica del futuro, integrando il piano Made in China 2025, focalizzato sul passaggio dalle produzioni low skills a quelle ad alta intensità di capitale e tecnologia.
Zili gengsheng
La visione cinese nasce dalla necessità, sottolineata dallo stesso Xi Xinping nel discorso tenuto a Shenzhen il 14 ottobre per commemorare i 40 anni dell’apertura della prima Zona Economica Speciale (ZES), di ridurre la dipendenza dal mercato internazionale per quanto riguarda i beni intermedi e di sviluppare quindi l’industria interna. Ci si riferisce, in particolare al mercato dei semiconduttori in cui, ad oggi, l’offerta è quasi integralmente gestita da aziende americane o legate a Washington. Ritorna dunque il concetto maoista di “zili gengsheng”, ovvero di rigenerazione e autosufficienza, su cui si basa il decoupling dell’economia cinese dai soggetti esteri nel settore dell’ hi-tech.
Dimensione esterna e soft power
Alla dimensione interna si affianca quella esterna. Il programma China Standards 2035, infatti, punta a espandere l’influenza tecnologica cinese nel mondo. Come noto, i massicci investimenti realizzati negli ultimi anni hanno già reso la Cina, in particolare aziende come Huawei e ZTE, un punto di riferimento tecnologico in ambito 5G, ma anche in altri settori di avanguardia come la robotica e la produzione di auto elettriche. Riuscire anche a internazionalizzare i propri standard consacrerebbe la leadership di Pechino a danno di Washington, sul piano politico e sul piano tecnologico, dando un forte impulso all’adozione diffusa di tecnologie cinesi. Dal punto di vista operativo, poi, la cooperazione portata avanti in politica estera negli ultimi anni potrebbe offrire gli strumenti per attuare tale visione: la Belt and Road Iniziative verso l’Europa e i progetti China-Pakistan Economic Corridor e Pakistan East Africa Cable Express verso Eurasia e Africa.