“È nostra intenzione convocare entro il mese di febbraio il tavolo nazionale interministeriale sul settore delle tlc, in accordo con il ministro del Lavoro Marina Calderone, dove faremo il punto complessivo sulle sfide del comparto”. Lo annuncia il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, dopo l’accordo per il ritiro dei licenziamenti alla CallMat.
Sul tavolo diverse questioni aperte, che vanno dalla gestione occupazionale del post scorporo della rete Tim al tema del reskilling in vista di una sempre crescente diffusione dell’AI nel settore.
Da tempo i sindacati chiedono un confronto aperto a 360 gradi sulle sorti del settore, che tra le altre cose vive con una certa preoccupazione il dibattito sui rapporti del Governo con Elon Musk, fondatore di SpaceX.
I numeri della crisi della filiera sono impietosi, con una flessione del 35% del fatturato dal 2010 al 2023, in fumo 15 miliardi, e una crisi occupazionale che rischia di peggiorare visto l’aumento dell’età media dei lavoratori, la maggior parte dei quali supera i 50 anni. La speranza è quella di trovare un piano condiviso per accompagnare le numerose sfide da affrontare.
Non più tardi di ieri il sindacato aveva attaccato il Governo sulla vicenda SpaceX.
Space X: Cgil e Slc, ‘1,5 mld a Musk mentre le Tlc italiane perdono valore di giorno in giorno’
“Un miliardo e mezzo di soldi pubblici a Musk per affidargli delicatissimi servizi di telecomunicazione mentre il settore italiano delle Tlc, un tempo eccellenza mondiale, è ormai distrutto e perde valore di giorno in giorno. Un progetto poco chiaro, anche sotto il profilo dell’impatto in termini di sicurezza nazionale, poiché consegnerebbe dati sensibili nelle mani di un soggetto privato e straniero”. Così il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Slc Riccardo Saccone sul possibile accordo fra il governo italiano e la Starlink di Elon Musk per la fornitura di servizi di telecomunicazione strategici.
“Sarebbe – continuano – il completamento di un puzzle che ha già visto la distruzione dell’ex monopolista della telefonia con la vendita della rete ad un fondo americano, che ha reso di fatto irraggiungibile il progetto di cablare l’intero paese con una rete in fibra ad altissima capacità e lasciando quel che rimane di Telecom ad un futuro incerto e alle continue voci di ulteriori spezzatini’, non certo foriere di buone prospettive per i lavoratori. Per garantire la connettività al Paese, il 27% delle risorse totali del Pnrr è stato dedicato alla transizione digitale, con bandi di gara e relative assegnazioni. Questa mossa del Governo metterebbe in discussione anche quanto fatto fino ad ora, causando un danno agli operatori che sulla base delle pianificazioni fatte hanno assunto impegni”.
“Ammesso che esista, il piano governativo per le telco – aggiungono – deve davvero essere qualcosa di una complessità ‘misteriosa’ perché a giudicare dalle sue mosse non si vede altro che una dismissione feroce delle poche infrastrutture del settore che ancora rimangono a controllo pubblico a vantaggio di interessi non certo nazionali”. Gesmundo e Saccone ricordano un’altra delle “tante scelte incomprensibili dell’Esecutivo”, ovvero “l’ulteriore vendita ai fondi di investimento dell’infrastruttura di Raiway, che potrebbe tranquillamente essere utilizzata per costruire una rete di telecomunicazioni di backup pubblica in caso di emergenze, per fare un po’ di cassa e finanziare il finto piano industriale della Rai”.
“Tutto questo – sottolineano – avviene mentre le aziende del settore ormai boccheggiano anche per l’assenza di una politica industriale pubblica, aziende che sempre più difficilmente saranno in grado di sostenere gli investimenti necessari per mettere il Paese al passo con le sfide tecnologiche della transizione digitale, con inevitabili ricadute anche sulla qualità dell’occupazione in Italia. Un settore che vanta una forte tradizione di innovazione e che con politiche industriali coerenti potrebbe rilanciare e far competere il nostro tessuto produttivo prostrato da un declino industriale al quale pare non esserci fine, così come non pare vi sia una reale volontà di invertire la rotta”. “Ci chiediamo – concludono il segretario confederale della Cgil e il segretario generale della Slc – cosa si stia aspettando per convocare un tavolo governativo per discutere delle ricadute di scelte di cui si davvero fatica a comprendere le ragioni guardando all’interesse strategico del Paese e, soprattutto, dell’occupazione”.
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