La società dell’informazione, termine coniato quasi vent’anni fa dall’Unione Europea, sembra non avere mai attecchito definitivamente nella città di Roma.
L’inefficienza che ha caratterizzato l’uso dell’informatica pubblica in questi ultimi vent’anni ne è un testimone silenzioso.
Eppure una corretta gestione dell’informazione è alla base di qualsiasi sistema improntato ai principi della legalità e trasparenza.
Da mafia capitale ad affittopoli, troviamo fenomeni dovuti in parte anche all’inadeguatezza e alle mancanze dell’ICT.
Roma e le sue partecipate, sarebbe contraddistinta da migliaia di data center e decine di migliaia di centrali di spesa, tutte accompagnate da procedimenti sconnessi, frammentati e individualistici.
È facile capire la vulnerabilità di un sistema preda di interessi ambigui.
Più una città è digitalizzata e più probabilità ci sono che sia trasparente, equa e democratica.
Non fosse altro per il controllo sull’operato di chi deve prendere le decisioni per la città che può essere realizzato attraverso un uso intensivo delle nuove tecnologie.
A ciò naturalmente si deve aggiungere una attenta programmazione delle scelte di investimento e spesa, che possono essere razionalizzate anche attraverso un incrocio dei dati presenti nelle diverse banche dati, al fine di evitare gli errori del passato.
La mancanza di una valutazione di impatto delle norme o dei progetti, accompagnata ad una mancata programmazione previsionale, ha determinato in passato errori che non dobbiamo esitare a definire madornali.
Pensiamo a “grandi opere”, che avrebbero dovuto portare lustro alla città e che oggi languono, dopo che il Bilancio di Roma è stato gravato in modo pesante dei costi di realizzazione
Parliamo ad esempio della Nuvola di Fuksas all’Eur: 400 milioni di euro il costo dell’opera, 10 anni di lavoro per un’opera ancora chiusa. Cosi come le Vele dello sport di Calatrava, altri 600 milioni per un’opera anch’essa ancora non realizzata.
Con il costo dell’opera di Fuksas, Roma avrebbe potuto avere la ristrutturazione totale straordinaria di tutte le scuole (secondo i dati forniti dal competente dipartimento della Capitale), con lavoro per tutte le imprese di costruzione romane e beneficio per i cittadini,
o la manutenzione totale straordinaria di tutte le strade di Roma… ripetuta per ben due volte, nonché 15 km di metropolitana di superficie.
L’’informatica può dunque servire a proiettare, attraverso analisi comparate dei dati, nel medio termine gli effetti di impegni di spesa rilevanti, senza effettuare interventi spot che poi si rivelino un fallimento.
Da questo punto di vista anche l’uso accorto dei fondi a disposizione della capitale potrà aiutare l’informatica pubblica a decollare.
Ma non bisogna commettere l’errore di confondere sussidi e piani di investimento con il reale sviluppo della società dell’informazione.
I proclami mediatici sullo stanziamento di svariati miliardi di euro per la nuova rete in banda larga, non chiariscono ancora i reali intenti del governo.
L’arte di fare tripli salti mortali per salire sempre sul carro dei vincitori non è sinonimo di innovazione.
Mancherebbe infatti allo stato attuale un piano per l’occupazione e per una corretta digitalizzazione delle PA.
La copertura della rete ad esempio non potrebbe dare i suoi frutti se non ci fossero contemporaneamente degli incentivi alla domanda: da un wi-fi gratuito ed ubiquo in luoghi pubblici a un sistema di tariffe agevolato per studenti, disoccupati e famiglie meno abbienti.