Non ci sarà una data di scadenza per la rete in rame di Telecom Italia nel piano nazionale per la banda ultralarga che dovrebbe andare in Consiglio dei Ministri questa sera. La conferma è arrivata ieri per bocca del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, che ha quindi spento la ridda di voci emerse nel weekend sulla volontà del Governo di spegnere la rete in rame a favore della fibra, con scadenze temporali ipotizzate al 2024 o 2030.
Niente switch-off del rame
L’ipotesi di switch off del rame a favore della fibra con tecnologia Ftth (Fiber to the home) e Fttb (Fiber to the building) resta la soluzione più gradita dal Governo, ma realisticamente troppo onerosa sul fronte degli investimenti per la realizzazione della nuova rete ultrabroadband. L’obiettivo dell’Agenda Digitale europea prevede nel 2020 la copertura del 50% della popolazione a 100 Mbps e del 100% con i 30 Mbps, performance di connessione che secondo gli esperti sono raggiungibili anche attraverso la tecnologia FttCab (Fiber to the cabinet), con la fibra fino all’armadio stradale e l’ultimo tratto fino al palazzo attraverso il doppino in rame sfruttando soluzioni come vectoring e G.fast.
Le potenzialità dell’FttCab
Secondo recenti stime di esperti come Carlo Cambini, Michele Polo e Antonio Sassano in un articolo a sei mani su lavoce.info (‘Gettando la fibra oltre l’ostacolo’) la velocità di 100 Mbps è già assicurata oggi in Italia da soluzioni che sviluppano la rete in fibra fino agli armadi (FttCab), utilizzando la rete in rame per l’ultimo tratto, che dagli armadi raggiunge i palazzi e poi le unità immobiliari dei clienti. La rete in rame in Italia copre già il 50% della popolazione entro 250 metri dall’armadio. In altre parole, una performance di 100 Mbps per il 50% della popolazione può essere assicurata, in Italia, anche da una soluzione prevalente di FttCab, così come le reti mobili di quarta generazione (4G – Lte) possono offrire performance analoghe nelle zone meno popolate.
FttCab: 100 Mbps già raggiunti in diverse città
Secondo stime di Antonio Sassano, professore di Ricerca operativa alla Sapienza di Roma fra i massimi esperti di frequenze, in diverse città italiane la velocità di connessione delle nuove reti ultra-broadband esistenti (con vectoring) è già oggi di 100 Mbps mbps. In dettaglio, a Torino l’83% della popolazione è coperto a 100 Mbps, con 50 armadi raggiunti dalla fibra; a Roma il 73% della popolazione, con 66 armadi raggiunti dalla fibra; a Bologna e Genova l’80% della popolazione, con rispettivamente 65 e 85 armadi raggiunti dalla fibra; a Verona il 65% della popolazione (88 armadi), a Bari il 77% (88 armadi), a Napoli l’83% della popolazione (68 armadi) e infine a Palermo il 72% (94 armadi).
Ipotesi sul tavolo per il Piano nazionale
Quindi, nel Cdm di questa sera non ci sarà nessun accenno allo switch-off della rete in rame di Telecom Italia, un asset al momento troppo prezioso per l’azienda, che per questo può tirare un sospiro di sollievo dopo le fibrillazioni dei giorni scorsi, emerse anche dopo l’incontro con i sindacati di venerdì. Lo spegnimento del rame avrebbe rischiato di mettere a repentaglio il piano di 4mila assunzioni nei prossimi tre anni appena annunciato da Telecom Italia, che nel suo piano industriale 2015-2017 ha messo nero su bianco investimenti complessivi per 15 miliardi.
Altre indiscrezioni sui punti cardine del nuovo piano che dovrebbe essere annunciato questa sera riguardano l’ipotesi di conferire alla banda larga a 30 Mbps lo status di servizio universale, con un prezzo fisso indipendentemente dalla tecnologia utilizzata. Nelle prossime settimane il Governo potrebbe inoltre emanare un decreto per rendere vincolanti gli obiettivi del piano.
Per quanto riguarda gli incentivi alla fibra, circola l’ipotesi di voucher o contributi a fondo perduto. Previsti inoltre sgravi del 50% su Ires e Irap nello Sblocca Italia per gli investimenti tecnologici.
Previsto anche un catasto unico delle infrastrutture al quale contribuiranno operatori Tlc e gestori di reti energetiche.
Gli operatori in linea di massima sono favorevoli alla neutralità tecnologica, nel senso che vorrebbero poter decidere in autonomia quale tecnologia usare per la realizzazione delle reti.
Costi della rete e fondi pubblici
Secondo i calcoli, contenuti nel Piano nazionale banda ultralarga andato in consultazione a dicembre per raggiungere gli obiettivi di copertura fissati da Bruxelles saranno necessari 12,3 miliardi di euro, dei quali appunto 6 saranno erogati dal pubblico.
Per quanto riguarda, nello specifico, i fondi pubblici, attraverso i POR – FESR e FEASR – saranno distribuiti 4,2 miliardi di euro (incluso cofinanziamento nazionale). In particolare, circa 2,4 miliardi di euro potranno essere dedicati alle infrastrutture abilitanti il servizio a banda ultralarga (a 30 e 100 Mbps). La quota parte comunitaria del FESR (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale) è così ripartito nel territorio: 722 milioni di euro per le 4 regioni convergenza; 26 milioni di euro per le regioni in transizione; 196 milioni di euro per le regioni competitività; 256 milioni di euro, infine, sono relativi alle risorse FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale). Il completamento della strategia sarà quindi permesso dal Fondo Sviluppo e Coesione: a valere su tale fondo, a partire dal 2017, potranno essere stanziati fino a 5 miliardi di euro per le infrastrutture di telecomunicazioni.