Il piano italiano per la banda ultralarga “porterà internet più veloce a consumatori e imprese. Aiuterà il paese a dotarsi delle infrastrutture necessarie, contribuendo così alla creazione di un mercato unico digitale connesso nell’UE. Grazie ad una buona cooperazione con l’Italia, abbiamo potuto completare l’esame del nuovo piano con grande rapidità.”
Così il Commissario antitrust Margrethe Vestager ha commentato l’atteso via libera al piano italiano per portare la banda larga nelle aree a fallimento di mercato, già tante volte dato per imminente nei mesi scorsi. Un via libera anticipato ieri dal premier Matteo Renzi, che nel corso della sessione di domande e risposte su Twitter #Matteorisponde aveva anticipato: “Il ritardo finalmente sta venendo meno. Entro domani credo che arriverà la notizia del giudizio dell’Europa sul nostro piano banda larga”.
Un via libera, quello appena arrivato da Bruxelles, necessario per partire con la messa in opera del primo bando per avviare gli interventi nelle prime sei regioni (Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto) con le quali si sono chiusi specifici accordi di programma e relative convenzioni operative per l’utilizzo dei fondi FESR e FEASR. I cittadini interessati dagli interventi previsti in questo primo bando sono 6,5 milioni, mentre i fondi pubblici complessivi saranno 1,4 miliardi, suddivisi in più di un miliardo di fondi statali (FSC) e 352 milioni di fondi strutturali a livello regionale.
Entro l’estate dovrebbero quindi partire anche i bandi per tutte le altre regioni.
Cosa ha comunicato la Ue
Il via libera di Bruxelles spazza via i timori che l’intervento diretto pubblico in queste aree, attraverso Infratel, che si occuperà di gestire la realizzazione le infrastrutture per poi concederle su base ventennale, non sia configurabile come aiuto di Stato.
“La Commissione europea ha stabilito che il piano nazionale italiano per la banda larga ad alta velocità, con un bilancio da circa 4 miliardi di euro, è in linea con le norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato. La strategia porterà l’accesso veloce a internet in aree in cui non è al momento disponibile, senza falsare indebitamente la concorrenza”, dice la Commissione in una nota.
La Commissione, nella sua valutazione ha potuto appurare che il finanziamento pubblico previsto nel piano elaborato dal Governo non si sostituisce agli investimenti privati e assicura inoltre che altri prestatori di servizi possano utilizzare l’infrastruttura finanziata pubblicamente su base non discriminatoria proteggendo in tal modo la concorrenza effettiva, un fattore essenziale per gli investimenti e per offrire prezzi e qualità migliori ai consumatori e alle imprese.
La Commissione ha rilevato che la strategia dell’Italia:
- comporterà la spesa di denaro pubblico per aree poco servite senza escludere gli investimenti privati. Sarà previsto un sostegno solo per le aree in cui attualmente non esiste alcun accesso alle reti di nuova generazione, vale a dire le reti che possono garantire velocità superiori a 30 Mbps, o in cui non ne è prevista la realizzazione nei prossimi tre anni (le cosiddette “aree bianche”). Per individuare queste aree, l’Italia ha effettuato una mappatura dettagliata e una consultazione pubblica;
- promuoverà l’utilizzo delle infrastrutture esistenti creando una base di dati con le informazioni pertinenti che non si limiterà alle infrastrutture della comunicazione e, incoraggiando gli offerenti a utilizzare le reti esistenti il più possibile, minimizzerà l’uso di fondi statali;
- stimolerà la concorrenza tra operatori e al livello del mercato al dettaglio. L’obiettivo è garantire che la nuova infrastruttura sia aperta a tutti gli operatori interessati, a vantaggio della concorrenza e dei consumatori. L’Italia ha espresso il proprio accordo a creare punti di interconnessione neutrali invece che collegare semplicemente le nuove reti di accesso alle infrastrutture già esistenti degli operatori storici. In questo modo, tutti gli operatori dovrebbero poter raggiungere le nuove infrastrutture di accesso in condizioni di parità;
- comporterà la concessione di aiuti di Stato mediante gare di appalto aperte conformi alla normativa italiana e dell’Unione in materia di appalti pubblici e rispettose del principio della neutralità tecnologica. In altre parole, l’aiuto non sarà assegnato ad una particolare tecnologia, ma le gare d’appalto stabiliranno i criteri qualitativi in considerazione delle caratteristiche del progetto.
Sulla base di tali elementi, la Commissione ha concluso che la strategia porterà l’accesso veloce a internet in aree in cui non è al momento disponibile, senza falsare indebitamente la concorrenza.
Cosa prevede il piano
Le gare, secondo il bando pubblicato da Infratel attualmente in fase di prequalifica, garantiranno la ‘neutralità tecnologica’ e privilegeranno gli operatori non verticalmente integrati, ossia quelli che operano solo all’ingrosso, rispetto a quelli presenti nel mercato dei servizi di accesso alla rete all’ingrosso e al dettaglio.
L’intervento diretto sarà limitato a una parte del Cluster C (per le quali si stima che gli operatori possano maturare l’interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale) e al Cluster D (aree tipicamente a fallimento di mercato per le quali solo l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps).
Per quest’ultimo, in particolare, che include 4.300 comuni dove risiedono circa 9,4 milioni di persone (il 15% della popolazione) il piano elaborato dal Governo prevede una forma di incentivo pubblico concesso in misura maggiore a fondo perduto, “considerando le infrastrutture a banda ultralarga strategiche ai fini delle politiche di coesione per lo sviluppo dei territori particolarmente disagiati, con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE-27 (17 mila euro)”.
Antonello Giacomelli: grazie alle Ue
Per il sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle telecomunicazioni, che cita il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, il Piano banda ultralarga dell’Italia rappresenta “uno dei più importanti processi di modernizzazione economica della storia della Repubblica”, tanto più dal momento che si tratta di interventi che coinvolgono complessivamente 7.300 comuni italiani su 8 mila e 13 milioni di cittadini.
Come dichiarato al nostro giornale dall’amministratore delegato di Italtel Stefano Pileri, il 77% delle aree industriali lombarde è ubicato in aree identificate come bianche e serve quindi una netta inversione di tendenza per garantire che anche il nostro tessuto produttivo colga i vantaggi dell’ultrabroadband.
“L’Istat ha parlato di benefici in termini di produttività dal 7 al 23 per cento a seconda delle regioni e dei settori”, ha detto ancora Giacomelli, sottolineando che “…l’infrastruttura pubblica deve garantire investimenti adeguati e un’effettiva parità di condizioni ai privati perché possano offrire in concorrenza i propri servizi sulla rete e, soprattutto, deve assicurare stessi potenziali livelli di connettività a tutti gli italiani, a quelli delle città e a quelli delle campagne, al Nord come al Sud, ai giovani e ai più vecchi. Evitare, insomma, un’Italia che viaggia su Internet a due velocità”.
Di ‘giorno storico’ per la banda larga italiana ha parlato invece il direttore generale della DG Connect della Commissione Ue Roberto Viola. Con il via libera della Commissione europea “si può partire”, ha affermato, definendo il disco verde di Bruxelles come un nuovo “attestato di stima al lavoro che ha fatto il governo italiano nel mettere in piedi un Piano che abbiamo giudicato solido”.
“A questo punto – ha concluso – seguiremo con attenzione e supporteremo l’attuazione di questo Piano”.
Sergio Boccadutri, deputato Pd, ha invece ricordato che “dopo anni di discussioni finalmente questa è la vera ‘prima pietra’ per la più importante opera infrastrutturale del Paese che consentirà a tutti, cittadini e imprese, di ottenere enormi vantaggi”.