Il nuovo documento

Ultrabroadband, il Governo cambia in corsa

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Il Governo cambia in corsa la Strategia nazionale per la banda ultralarga, pubblicando una nuova versione che ridisegna i Cluster e impone vincoli comunitari.

Da un giorno all’altro il Governo ha cambiato ieri la “Strategia italiana sulla banda ultralarga”, sostituendo il documento pubblicato sul sito del Governo il 3 marzo dopo il Consiglio dei Ministri con una nuova versione, pubblicata ieri, che rispetto alla prima oltre ad essere più corposa (147 pagine contro le 116 della precedente) contiene diverse aggiunte e alcuni cambiamenti in corso d’opera. In particolare, le modifiche riguardano la composizione dei Cluster, l’aggiunta del Cluster D, la conferma dei voucher alle famiglie con privilegio per l’upgrade dal rame alla fibra, la possibilità per un operatore wholesale di negare l’accesso per difendere gli investimenti fatti nelle nuove reti.

 

Lo spacchettamento dei Cluster

In primo luogo, rispetto alla prima versione comparsa online, la nuova Strategia contiene una descrizione del Cluster D, assente nella prima versione pubblicata.

In secondo luogo, modifica il Cluster A (aree redditizie) che nella prima versione del piano erano “le principali 500 (più avanti si dice 502 ndr) città in cui risiedono il 46% della popolazione nazionale e le maggiori aree industriali” e che nella nuova versione “Include le principali 15 città nere (dove è presente – o lo sarà – più di un operatore di rete) per quanto riguarda le reti a più di 30 Mbps (Roma, Milano , Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, 12 Bari, Catania, Venezia, Verona, Messina, Padova e Trieste) e le principali aree industriali del Paese;

Costituisce il 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di persone);

In questo cluster è possibile il “salto di qualità” richiesto dalla normativa UE portando la velocità di collegamento da 30 a 100 Mbps entro il 2020 con l’utilizzo di strumenti finanziari per l’accesso al debito (a condizioni agevolate e a basso rischio) e/o mediante misure di defiscalizzazione degli investimenti”.

 

In terzo luogo, modifica il Cluster B (aree marginali), che nella nuova versione è “formato dalle aree in cui gli operatori hanno realizzato o realizzeranno reti con collegamenti ad almeno 30 Mbps, ma le condizioni di mercato non sono sufficienti a garantire ritorni accettabili a condizioni di solo mercato per investire in reti a 100 Mbps:

• Include 1.120 comuni  alcuni in aree nere e altri in aree grigie (è presente un solo operatore di rete e non vi sono piani per un secondo) per le reti a più di 30 Mbps”. Nella prima versione della Strategia  i comuni del Cluster B erano 3.300 comuni, più del doppio rispetto a quella rivista.

Anche il Cluster C (aree a fallimento di mercato) cambia nella nuova versione, che recita così: “Si tratta di aree marginali attualmente a fallimento di mercato, incluse aree rurali, per le quali si stima che gli operatori possano maturare l’interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale:

Include circa 2.650 comuni e alcune aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps;

Vi risiedono circa 15,7 milioni di persone (il 25% della popolazione);

In queste aree è necessario prevedere non solo soluzioni per l’accesso al credito agevolato e incentivi fiscali, ma anche una parte di contributi a fondo perduto limitata, ma proporzionalmente maggiore rispetto a quella del cluster B”. Nella versione precedente il Cluster C (aree rurali o interne) contava 4.300 comuni circa, soprattutto al Sud, incluse le aree rurali, a fronte di 9,4 milioni di persone (il 15% della popolazione).

Nel nuovo documento compare il Cluster D, così definito:

“Sono aree tipicamente a fallimento di mercato per le quali solo l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps:

  • Ingloba i restanti 4.300 comuni circa, soprattutto al Sud, incluse alcune aree rurali;
  • Vi risiedono circa 9,4 milioni di persone (il 15% della popolazione);
  • In questo cluster, soprattutto al Sud, si ritiene che l’incentivo pubblico possa essere concesso in misura maggiore a fondo perduto, considerando le infrastrutture a banda ultralarga strategiche ai fini delle politiche di coesione per lo sviluppo dei territori particolarmente disagiati, con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE-27 (17 mila euro). Tale intervento pubblico è già in corso in circa 300 Comuni”.

L’investimento complessivo per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale europea, pari al 100% della popolazione collegato a 30 Mbps e il 50% a 100 Mbps entro il 2020, è pari a 12,4 miliardi si legge nel documento a pag. 34.

“Il territorio italiano è stato suddiviso in 94.000 aree per definire un numero limitato di geotipi in base alla relativa concentrazione della popolazione”. Per la mappatura di queste aree, fonti del Governo rimandano alla consultazione pubblica recentemente realizzata da Infratel, nella quale i comuni sono classificati in aree bianche, nere, grigie ecc. ma non sono classificati  in termini di velocità di connessione. In altre parole, non si vede dove la velocità di connessione non raggiunge i 30 Mbps e dove non raggiunge i 100 Mbps.

“I vincoli comunitari, che cosa non si può fare”

Nella nuova versione del documento del Governo, a pagina 51, è inserito integralmente un paragrafo assente nella precedente versione, intitolato “I vincoli comunitari, che cosa non si può fare”:

 

“Il quadro regolatorio definito dall’UE per iniziative come l’infrastrutturazione in banda ultralarga di questo Piano, definiscono alcuni vincoli che è bene avere presente per avere un realistico quadro della situazione nel suo complesso. All’interno di questi vincoli non è possibile:

  • Assegnare contributi o incentivi ad un operatore senza procedura di evidenza pubblica;
  • Definire sistemi di assegnazione di contributi che non garantiscano neutralità tecnologica e una vera apertura alla concorrenza;
  • Ipotizzare il controllo integrale da parte di un operatore integrato su tutta la nuova rete sovvenzionata con aiuti pubblici;
  • Non garantire ex-ante che le reti incentivate possano essere aperte e offerte in condizioni di parità di accesso a tutti gli operatori;
  • Non rispettare gli «Orientamenti Comunitari» per tutti gli interventi pubblici in materia di banda larga;
  • Non prevedere meccanismi di claw-back in caso di sovraprofitti”.

 

In altre parole, al punto tre di questo paragrafo della nuova strategia del Governo esplicita l’impossibilità per un operatore integrato di ottenere il controllo su tutta la nuova rete sovvenzionata con aiuti pubblici.

Un’altra aggiunta nel nuovo documento riguarda “L’infrastruttura di riferimento adottata”, che consente a chi realizza la rete per la vendita di connettività all’ingrosso (wholesale-only), di prevedere la possibilità di rifiutare l’accesso alle infrastrutture passive per proteggere gli investimenti (“in caso il modello di business con cui viene realizzato l’intervento fosse wholesale-only, in riferimento all’articolo 3(3)f della Direttiva 20 14/61/EU, si prevede la possibilità di prevedere il rifiuto di accesso alle infrastrutture passive per proteggere gli investimenti fatti”).

Questo nuovo elemento sembra in contraddizione con quanto previsto dai vincoli comunitari esplicitati poco prima nella strategia a pagina 51, laddove si stabilisce che non si può “Non garantire ex-ante che le reti incentivate possano essere aperte e offerte in condizioni di parità di accesso a tutti gli operatori”. A maggior ragione se c’è stata una gara è altamente probabile che vi sia un unico fornitore wholesale.

Voucher

Nella nuova versione si prevede l’erogazione di “i voucher per tutti gli utenti che migrano verso la nuova infrastruttura, differenziando il suo importo in relazione all’architettura di rete sottostante”.

In altre parole, i voucher saranno maggiori per chi migra alla fibra ottica in Ftth, la tecnologia più “A prova di futuro” che garantisce i 100 Mbps, vale a dire l’obiettivo più difficile da raggiungere dell’Agenda Digitale.  I voucher saranno quantificati più avanti, non prima del 2018, in base alla diffusione che la fibra avrà raggiunto.

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