Per facilitare gli investimenti nelle nuove reti Tlc, soprattutto nelle nuove Ngn in fibra ottica, servono “regole chiare e certe”, in grado di allineare gli “obiettivi della politica con quelli della regolazione”. E’ questo il messaggio di Giuseppe Recchi, presidente di Telecom Italia, lanciato oggi a Davos a margine del World Economic Forum. Recchi ha sottolineato che con i suoi 3 miliardi di euro all’anno, per il prossimo triennio, Telecom Italia “è la prima azienda per investimenti in Italia”.
Secondo Recchi, il piano messo a punto dal Governo per la realizzazione di una rete nazionale a banda ultra larga, che stanzia 6 miliardi di euro, “è finalmente buono”, soprattutto perché prevede interventi diversi a seconda della aree di diffusione di internet, a partire dalle aree a fallimento di mercato, dove nessun operatore sarebbe disposto a investire senza sussidi. Quattro cluster, che di fatto rappresentano la mappa della diffusione della Rete nel nostro paese, per le quali il Governo ha messo a punto strategie differenziate sul fronte degli incentivi fiscali in rapporto alla redditività.
”Per investire servono regole chiare e certe e il coordinamento fra obiettivi politici e regolamentazione”. E qui non è mancata, a titolo esemplificativo, una stoccata alla decisione dell’Agcom che ha rivisto le tariffe unbundling del triennio 2010-2012 in modo retroattivo, creando maggiori costi per Telecom Italia per circa 40 milioni. “Il vero impatto negativo della misura – spiega Recchi – oltre all’importo, sta nel concetto che le regole possano essere cambiate a posteriori, cosa deleteria in un paese che vuole favorire gli investimenti privati”.
“L’importante – sostiene Recchi – è che il processo avvenga per passaggi successivi e che la rete venga potenziata e sviluppata guardando alla domanda reale e allo sviluppo progressivo delle tecnologie”. In pratica, non è necessario immaginare che la fibra finisca in ogni casa, perché la prima cosa da verificare è l’effettiva domanda.
I numeri necessari per la diffusione della ultra banda larga in Italia sono elevatissimi e variano a seconda del mix tecnologico che si vorrà utilizzare. Per la rete fino alle case Ftth (Fiber to the home), servono 35 miliardi di euro, per la Fttb (Fiber to the building), ovvero fino al marciapiede, ci vorrebbero 23 miliardi. Per la Fttc (Fiber to the cabinet), cioè fino alle cabine di smistamento, si parla di 8-10 miliardi. Ed è quest’ultimo, fatte le debite proporzioni in base a fondi pubblici e privati, quello più realisticamente percorribile.
Secondo quanto riferito dal piano nazionale banda ultra larga, i fondi strutturali europei dedicati al settore per il periodo 2014-2020 ammontano a 2,1 miliardi di euro di cui, il grosso (1,84 miliardi) dal FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e 257,9 milioni di euro di FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale). A questi si aggiungono i 4 miliardi di fondi FSC da anticipare con la Banca europea degli investimenti (BEI).
I privati, secondo quanto riportato dal Piano Strategico, hanno messo sul piatto 2 miliardi nel triennio 2014-2016.