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Ultrabroadband: accordo Stato-Regioni. 3 mld per le aree bianche

Il piano del governo per la realizzazione di una rete a banda ultralarga pubblica nelle aree a fallimento di mercato potrà cominciare a muovere i primi passi col via libera oggi in Conferenza Stato-Regioni, all’accordo per la ripartizione di circa 3 miliardi di euro di fondi pubblici destinati a quelle aree del paese in cui gli operatori non trovano conveniente investire.

Si tratta, nello specifico, di quasi 1,6 miliardi di euro nazionali dal Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), che verranno ripartiti in base ai fabbisogni regionali, ai quali si aggiungono altri 1,18 miliardi di fondi regionali europei FESR e FEASR e 233 milioni di fondi Pon imprese e competitività.

Qualcosa in meno, quindi, dei 4 miliardi previsti inizialmente, alla luce dell’aumento degli impegni degli operatori privati nelle aree interessate dagli interventi. Telecom Italia, in particolare, ha annunciato la copertura di ulteriori 1.146 Comuni inizialmente non previsti nei “cluster” C e D.

C’è quindi anche un ‘tesoretto’ di circa 1,1 miliardi (600 milioni circa del FCS e circa 500 di fondi regionali) che “potrà essere impiegato nel caso in cui gli impegni non dovessero essere rispettati”, oppure per forme di agevolazione quali i voucher o per i crediti d’imposta nelle aree grigie se questo tipo di misure venisse approvato dalla Commissione europea, ha affermato in conferenza stampa il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Antonello Giacomelli, esprimendo in un tweet la sua soddisfazione per l’avvio di una strategia nazionale che segna una discontinuità rispetto a quanto fatto in passato, quando ci si limitava ad ‘assemblare’ i piani regionali procedendo in ordine sparso.

L’accordo di oggi può essere considerato un passo importante per la realizzazione del piano banda ultralarga perché per la prima volta, ha affermato Giacomelli, “non solo tutte le Regioni condividono un piano nazionale, i suoi obiettivi e la decisione di una rete pubblica in tutte le aree bianche, ma sono d’accordo sull’utilizzo congiunto delle risorse regionali e nazionali e sul criterio di ripartizione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione sulla base dei diversi fabbisogni territoriali”.  

Cosa prevede l’accordo

Per superare le obiezioni sollevate la scorsa settimana da alcune Regioni e che avevano fatto temere una inconciliabilità di vedute per fortuna superata, l’accordo prevede che i fondi assegnati dal CIPE ad agosto 2015 (per iniziali 1,6 miliardi) verranno utilizzati “secondo una ripartizione territoriale che tiene conto del fabbisogno stimato per gli interventi pubblici nelle aree bianche dei Cluster C e D e “tenendo conto delle altre risorse disponibili per il finanziamento del piano Banda Ultra in ciascuna Regione”, ha spiegato il MiSE in una nota.

Il rispetto dell’equilibrio complessivo 80/20 nella distribuzione delle risorse FSC, sarà garantito con un’ulteriore delibera CIPE “da approvare entro il 30 aprile 2016” che assegnerà alle sole regioni del Mezzogiorno 1,18 miliardi utilizzabili anche per altre opere infrastrutturali.  

Come già anticipato, spetterà a Infratel, società in-house del MiSE, il ruolo di soggetto attuatore degli interventi annunciati dal Governo.

Nello specifico,  si prevede un intervento diretto nei circa 7300 Comuni a fallimento di mercato, dove la rete resterà, quindi, pubblica  (Stato-Regioni), mentre nelle cosiddette aree ‘grigie’ (in cui è presente un unico operatore di rete ed è improbabile che nel prossimo futuro sia installata un’altra rete),  “saranno utilizzate ulteriori risorse individuate dalla Delibera CIPE e ulteriori strumenti finanziari previsti dal Piano BUL quali il  credito d’imposta, il fondo di garanzia e i voucher alla domanda. La fase due del piano sarà programmata e realizzata solo dopo il via libera della Commissione europea sul regime di aiuto”.  

Le reazioni

Una buona notizia per “un Paese che ha bisogno di competitività”, soprattutto perché “sarà immediatamente disponibile più di un miliardo e mezzo, tendendo conto dei fabbisogni, per affrontare le esigenze delle strutturazione della rete soprattutto nella cosi dette ‘aree bianche’, ovvero in quei territori cosiddetti ‘a rischio fallimento”, ha commentato il presidente della Conferenza delle Regioni e della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.  

“E’ stato un lavoro intenso che ha visto una condivisione piena. L’accordo serve al Paese per dare competitività e creare nuovi posti di lavoro”, ha concluso Bonaccini, in riferimento all’intesa tanto faticosamente raggiunta: una sorta di ‘do ut des’ in cui le Regioni del Sud che finora hanno beneficiato di più fondi, in base alle politiche Ue, cederanno risorse alle altre Regioni per la realizzazione della rete a banda larga, per averle poi restituite dal Governo in una fase successiva.  

Ricordiamo che, grazie al piano EuroSud, al sud la banda larga a 30 Mbps raggiunge il 75% della popolazione e quella a 100 mpbs è disponibile in scuole, ospedali e pubbliche amministrazioni. Al Nord, invece, l’infrastrutturazione è stata affidata per lo più all’intervento degli operatori privati che hanno privilegiato i 30 mega ritenendo troppo bassa la domanda di connessioni a 100 Mbps. Grazie ai fondi europei, in sostanza, molte regioni del meridione d’Italia arriveranno al 2018 con una copertura decisamente migliore e in tecnologia FTTN, ossia la fibra fino al cabinet e il rame fino a dentro la casa.

Stando ai dati Infratel, in Calabria, ad esempio, dove attualmente risulta non servito l’81% delle unità immobiliari, solo il 3% di queste non dovrebbe avere fibra da qui ai prossimi tre anni, in Puglia la percentuale scenderà all’1%, in Sicilia al 20% e in Basilicata al 24%, contro il 62% del Friuli Venezia Giulia, l’85% della Val D’Aosta, il 69% del Trentino Alto Adige.  

L’accordo è stato definito “un’ottima notizia” da Sergio Boccadutri, coordinatore dell’area innovazione del Pd, che ha sottolineato come il tema della connettività sia strettamente legato a quello dello “sviluppo economico dei nostri territori, della capacità di offrire servizi alle imprese e di porre le basi allo sviluppo dell’industria 4.0. Temi all’ordine del giorno dell’Agenda digitale europea di cui poco si parla”.  

Anche il presidente di Metroweb, Franco Bassanini, l’intesa Stato-Regioni è importante perché “...solo l’apporto di importanti risorse pubbliche come sono i fondi Fesr e Feasr può consentire di finanziare una rete infrastrutturale di nuova generazione che gli investitori privati non hanno interesse a finanziare perché’ il ritorno sugli investimenti e’ del tutto insufficiente”.  

Ora parola alla Ue

Ora, però, il piano andrà notificato alla Ue e i tempi sono molto stretti: ci vorranno infatti 60 giorni per avere una risposta (sempre che non ci siano obiezioni che faranno allungare ulteriormente i tempi) e almeno 4 mesi per preparare i bandi, col rischio, purtroppo, che quest’anno non si riuscirà a spendere neanche un euro dei fondi stanziati dal Cipe.  

I tweet

La conferma dell’intesa, che sancisce l’avvio di una strategia nazionale per l’infrastrutturazione delle aree più disagiate, arriva con una serie di tweet in cui Giacomelli e il presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Deborah Serracchiani avevano anticipato l’esito della Conferenza Stato-Regioni.


   

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