Il caso

UE: Meta e una trentina di aziende chiedono chiarezza sull’AI Act. Maglie più larghe a Bruxelles verso le Big Tech?

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Lettera aperta alla Ue da parte di una trentina di aziende, compreso il gigante del tech Meta (Facebook, Instagram), ricercatori e associazioni, per chiedere chiarezza sull’AI Act. Il nuovo corso europeo più soft verso le Big Tech?

Lettera aperta alla Ue da parte di una trentina di aziende, compreso il gigante del tech Meta (Facebook, Instagram), ricercatori e associazioni, per chiedere chiarezza sull’AI Act.  

“L’Europa è diventata meno competitiva e meno innovativa rispetto ad altre regioni e corre il rischio oggi di perdere ancor più terreno nell’era dell’AI a causa di decisioni incoerenti in materia di regolamentazione”, si legge nella missiva, firmata appunto anche da Meta, oltre che dai gruppi pubblicitari francesi Publicis e Criteo, dalla piattaforma di streaming musicale Spotify e ancora dal gruppo franco italiano EssilorLuxottica, numero uno mondiale dell’ottica e aprtner di Meta per la prodzuine di smart glasses.

Regolamentazioni frammentarie e quadro confuso

“Negli ultimi tempi, le regolamentazioni sono diventate frammentarie e imprevedibili”, hanno aggiunto i firmatari, secondo cui gli interventi delle autorità europee “hanno generato un’enorme incertezza sul tipo di dati che possono o meno essere utilizzati per formare i modelli dell’AI”.

Per questo motivo, i firmatari chiedono ai decisori politici europei “decisioni armonizzate, coerenti, rapide e chiare in materia di regolamentazione sui dati nella Ue”.

Rapporto Draghi ispiratore

Gli autori della lettera dicono di prendere spunto e ispirarsi e riecheggiare il rapporto Draghi sull’economia dell’UE, che mette in guardia da un crescente distacco economico dei 27 dagli Stati Uniti e dalla necessità di “accelerare l’innovazione”, in particolare nella tecnologia digitale.

Il rapporto chiede anche un “cambiamento radicale” verso una maggiore integrazione europea, ma anche una minore complessità burocratica.

AI Act

All’inizio di agosto è entrata ufficialmente in vigore l’AI Act, la nuova legislazione UE per regolamentare l’IA, senza precedenti a livello globale, con l’obiettivo di promuovere l’innovazione in Europa limitando al contempo i possibili abusi.

In particolare, l’AI Act impone vincoli ai diversi sistemi di IA proporzionati ai pericoli che potrebbero rappresentare per la società.

Big tech nel mirino Ue

All’IA generativa come ChatGPT di Open AI si applicheranno regole specifiche per garantire la qualità dei dati utilizzati nello sviluppo degli algoritmi e il rispetto del diritto d’autore.

La legge entrerà pienamente in vigore soltanto a partire dal 2026, ma alcune disposizioni diventeranno vincolanti a partire dal prossimo anno.

Bersagliato da denunce in otto paesi europei, il social network X si è impegnato all’inizio di settembre a non sfruttare più i dati personali dei suoi utenti europei per addestrare il suo programma di intelligenza artificiale, Grok.

Nel mirino di undici paesi europei, Meta dal canto suo ha dovuto sospendere a giugno il suo progetto di utilizzare i dati personali dei suoi utenti in un programma di intelligenza artificiale.

Spauracchio GDPR

La lettera mette in discussione le recenti decisioni ai sensi del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) del 2018.

Meta ha dovuto affrontare multe record per aver violato la privacy degli utenti, inclusa una sanzione unica di oltre un miliardo di euro ai sensi del GDPR.

Meta e altri giganti della tecnologia hanno ritardato sempre più i prodotti per il mercato europeo, sostenendo che stavano cercando chiarezza giuridica.

Lo scorso anno Meta ha ritardato di diversi mesi il rilascio in tutta l’UE dei suoi thread alternativi a Twitter.

Allo stesso modo Google ha frenato il rilascio di strumenti di intelligenza artificiale nell’UE.

La nuova Commissione più soft con le Big Tech?

Resta da capire a questo punto quale sarà l’atteggiamento del nuovo esecutivo europeo di fronte alle Big Tech e all’implementazione dell’AI Act. Secondo le prime sensazioni, si prevede un atteggiamento più soft nei confronti delle Big Tech Usa e meno rigido sul fronte dell’implementazione dell’AI Act, che peraltro non viene nemmeno nominato nella lettera di incarico di Ursula von der Leyen alla vice presidente esecutiva e commissaria al Digitale Henna Virkkunen.

Un segnale importante, visto che nella lettera di incarico alla Virkkunen l’AI è citato en passant, in relazione alle AI Factories, mentre l’AI Act non è nemmeno nominato. E non sembra affatto un caso, quanto una prima indicazione del fatto che la stretta di bretoniana memoria da parte della Commissione Ue nei confronti delle Big Tech e dell’AI Act potrebbe essere allentata con il nuovo corso della finlandese Virkkunen. Nemmeno il GDPR è citato nella lettera di incarico di von der Leyen a Virkkunen e nemmeno questo sembra casauale.

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