La Polonia ha bloccato, per il momento, nell’Unione europeo il recepimento dell’accordo sull’imposta globale minima del 15% per le multinazionali. È l’unico Stato ancora contrario dopo che la presidenza francese dell’Ue, con l’aiuto della Commissione, è riuscita a recepire le osservazioni degli altri Paesi che nella scorsa riunione dell’Ecofin, tre settimane fa, si erano detti contrari. Tra questi, Svezia, Estonia e Malta.
Il no di Varsavia è visto come ripicca all’Unione europea, perché la Commissione non ha dato ancora il via libera al prefinanziamento del Recovery Fund legato al funzionamento della giustizia. È noto che Polonia e Ue sono ai ferri corti per le procedure sul rispetto dello Stato di diritto.
La Polonia vuole web tax e minimum tax, ma giuridicamente non è possibile
Tutti gli aspetti tecnici dell’imposta sono stati risolti, ha spiegato il ministro francese Bruno Le Maire al termine dell’Ecofin. “La Polonia”, ha raccontato Le Maire, “ha voluto che stabilissimo un collegamento tra il primo pilastro e il secondo pilastro dell’accordo Ocse ed era una richiesta legittima. Ora chiede un collegamento legalmente vincolante, che però non è possibile perché non si può far dipendere una direttiva europea da un accordo internazionale’.
Il primo pilastro: la web tax
Il cosiddetto primo pilastro dell’accordo Ocse è quello della web tax e prevede la redistribuzione delle imposte per le multinazionali (con fatturati da almeno 25 miliardi e un margine di almeno il 10%) negli Stati dove vendono beni e servizi pur senza avere una presenza fisica di sedi e uffici.
Il secondo pilastro: minimum tax di almeno il 15%
Il secondo pilastro prevede un’aliquota minima di almeno il 15% per le imprese internazionali. Varsavia insiste sull’approvazione congiunta dei due pilastri web tax e minimum tax, una richiesta non in linea con quanto già stabilito in sede Ocse.
Tutti i 136 paesi che hanno approvato la riforma Ocse, tra cui anche la Polonia, hanno votato a favore di un calendario ben distinto per l’approvazione dei due pilastri. Ora, Varsavia ha cambiato idea…
Il veto della Polonia
Nel dettaglio, la direttiva europea, non approvata per il no della Polonia, vuole trasferire alla legislazione comunitaria uno dei due pilastri concordati lo scorso anno dall’Ocse per creare un’imposta minima effettiva del 15% sulle imprese con ricavi annuali superiori a 750 milioni di euro, ma lascia da parte l’altro pilastro del patto, l’imposta sui giganti del tech (digital tax). Nella riunione dell’Ecofin a Lussemburgo Varsavia è stata, così, l’unica capitale che si è detta contraria.
Nel tentativo di venire incontro alle richieste polacche, la Francia ha proposto di inserire una dichiarazione firmata dai 27 che ribadisce l’impegno a portare avanti la tassa digitale non appena il provvedimento sarà finalizzato in seno all’Ocse, ma per la Polonia non basta. “Il legame non è giuridicamente vincolante per garantire che entrino in vigore contemporaneamente“, ha affermato la sottosegretaria Magdalena Rzeczkowska.
Il 24 maggio potrebbe essere la volta buona?
L’auspicio, espresso anche dal vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, è che si riesca a raggiungere l’accordo nella prossima riunione dell’Ecofin, in agenda per il 24 maggio. Il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, l’ha definito un buon compresso e ha invitato i Paesi riluttanti ad accettarlo. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, l’ha giudicato invece “un successo che non può essere sprecato”.
In base ai calcoli dell’Osservatorio fiscale della commissione Ue, la minimum tax al 15% porterebbe in Europa 48,3 miliardi: di cui 2,7 miliardi all’Italia.