Le nuove norme europee sugli Over-The-Top continuano a tener banco nella Ue. Manca ancora, infatti, una posizione comune sulle potenti web company (Google, Apple, Facebook e Amazon) ormai presenti su diversi mercati, agevolati anche da sistemi di ottimizzazione che gli permettono di bypassare con facilità il fisco.
Ma se da una parte troviamo la Ue che sta pressando i Paesi col piano anti-elusione e alcuni membri, Francia e Germania in primis, che vorrebbero leggi molto più rigide contro le multinazionali della rete, dall’altra ci sono molti che mettono in guardia sui rischi di norme troppo ‘soffocanti’.
La Gran Bretagna sta guidando una fronda di 8 Paesi (Irlanda, Polonia, Svezia, Paesi Bassi, Finlandia, Repubblica Ceca, Estonia) che stanno facendo pressione sulla Ue perché stemperi i propri ardori.
Uno strano cambio di passo della Gran Bretagna, dopo aver approvato lo scorso anno delle norme più severe su fisco e OTT.
I primi Ministri di questi Paesi hanno scritto al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, per palesare le loro preoccupazioni.
Nella lettera, riportata da Les Echos, si legge: “…noi dovremmo regolamentare solo in caso di bisogno evidente (…) e il Mercato Unico Digitale non potrà essere un successo se si soffocano l’innovazione, gli investimenti e l’imprenditorialità”.
L’invio di questa lettera avviene a ridosso del summit europeo dei Capi di Stato e di Governo che domani dovrebbero parlare della strategia Ue per il digitale.
Sotto il pressing di Francia e Germania, la Commissione europea ha annunciato a maggio una grande indagine sui comportamenti delle web company, da lanciare entro la fine dell’anno, possibile preludio di una più rigorosa regolamentazione sulle loro pratiche.
L’invio lo scorso aprile da parte dell’Antitrust Ue della comunicazione di addebiti a Google per sospetto abuso di posizione dominante sul mercato della ricerca online, non fa che confermare le preoccupazioni sollevate dallo strapotere americano su internet.
La prospettiva di regole molto più rigide sugli OTT inquieta la Gran Bretagna e i suoi ‘alleati’.
La spiegazione la fornisce un diplomatico: “L’obiettivo non dovrebbe essere quello di costruire una fortezza. Constatiamo che alcuni Stati hanno una visione troppo difensiva nei confronti degli Stati Uniti mentre noi siamo favorevoli a una strategia che favorisca l’occupazione”.
Parigi e Berlino non sono però d’accordo.
Un rappresentante dell’asse franco-tedesco ha spiegato: “Questi 8 Paesi sono focalizzati sulla creazione di un mercato interno a esclusivo vantaggio dei consumatori. La nostra visione è più globale”.
Questo aspro dibattito evidenzia un dato di fatto: la Ue è divenuto un luogo strategico per i giganti del web che continuano a investire in modo massiccio su Bruxelles.
Come?
Con forti azioni di lobbying.
A provarlo sono i dati raccolti dall’ultimo studio pubblicato ieri dall’ONG Transparency International che ha passato al setaccio tutti gli incontri avuti dalla Commissione Ue con le aziende negli ultimi sei mesi.
Google è il player che è stato più spesso ricevuto a Bruxelles: 29 appuntamenti solo in un semestre.
La Camera americana del commercio a Bruxelles fa inoltre parte della top-ten e sembra ovvio che tra gli argomenti di discussione di questi incontri ci siano stati le sorti degli OTT.
Lo stesso Presidente USA Barack Obama del resto non ha celato il proprio malumore di fronte all’atteggiamento di chiusura della Ue nei confronti dei giganti americani del digitale.
Altre tre ONG (Corporate Europe Observatory, Friends of the Earth Europe e LobbyControl) hanno svelato nei giorni scorsi la classifica delle aziende più lobbiste a Bruxelles.
Anche in questo caso Google figura tra le prime dieci mentre al terzo posto troviamo Microsoft.