Oggi, grazie ad un semplice apparecchio che si collega al nostro televisore, il set-top-box (o “pezzotto”), dal costo di poche decine di euro, è possibile guardare tutte le partite della Serie A di calcio, le partite delle coppe europee di calcio, le gare di Formula Uno, i grandi tornei internazionali di tennis e sport invernali come lo sci, più altri pacchetti con migliaia di canali sportivi per dare un’occhiata su quanto accade nel resto del mondo.
Pochi euro, come detto, per consumare in maniera illegale contenuti protetti da diritto d’autore. Si tratta in effetti di abbonamenti del tutto illeciti, risultato di attività criminali che sostanzialmente sfruttano gli investimenti di altri a proprio vantaggio, creando una vera e propria borsa elettronica illegale di numerosi contenuti audiovisivi piratati provenienti da tutto il mondo.
Da una recente indagine realizzata dalla Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali (FAPAV) e Ipsos, oggi sappiamo che sono oltre 4.6 milioni gli italiani che fruiscono di contenuti sportivi piratati, per oltre 21 milioni di atti di pirateria l’anno.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera di oggi, sono invece 2 milioni gli abbonamenti illegali attivati, per un giro di affari criminale di oltre 200 milioni di euro l’anno (senza considerare le vendite di tali pacchetti verso clienti di altre nazioni).
Reti criminali che fanno leva su server nascosti all’estero e su tecnologie software sempre più avanzate in grado di offrire, sottocosto, pacchetti con migliaia di canali e codici di accesso, che consentono lo scambio illecito e non autorizzato di diritti.
“Uno dei software che permette queste attività è prodotto in maniera del tutto legale da Xstream Codes, società incorporata in Bulgaria da due ingegneri greci”, si legge sul quotidiano.
Oggi, come si legge nell’articolo del quotidiano nazionale, i gruppi criminali, vere e proprie filiere organizzate e con evidenti legami con clan mafiosi e camorristi, non tendono a nascondere il proprio operato, al contrario lo esaltano, trovano ogni modo possibile per renderlo visibile, per attirare sempre nuovo pubblico pagante, coinvolgendo anche piattaforme estere e grandi aziende, che al momento poco collaborano con proprietari dei diritti (ad esempio Sky, Mediaset, Dazn, Calan +), come nel caso dell’olandese Worldstream, di cui riportar sempre il Corriere, vero e proprio gitante del settore che al momento non risponde alle richieste di interruzione dei servizi pirata provenienti dall’Italia.
Il pezzotto, d’altronde, deve la sua popolarità sia al prezzo basso del servizio, sia alla modalità con cui si diffonde tra la gente, cioè con il passaparola degli amici, nei negozietti in cui si va spesso, magari all’alimentari sotto casa, presso il barbiere di fiducia, il bar preferito o il norcino.
In molti casi, le organizzazioni criminali cercano anche di farsi pubblicità su Google, pagando l’advertising in modo da posizionarsi meglio nelle pagine di ricerca, come nel caso delle piattaforme Galaxy IPTV, Luckystreaming o Freedom IPTV.
Il rapporto tra pirateria audiovisiva e clan mafiosi, soprattutto legati alla camorra campana, è emerso proprio dalle indagini della magistratura. È seguendo le reti di camorra che gli investigatori hanno scoperto uno dei più grandi grossisti di abbonamenti pirata a Scampia, così come l’estesa rete criminale che partiva dall’Italia, Campania e la Sicilia (Pozzuoli, Pomigliano d’Arco, San Giorgio a Cremano, Angri, Ragusa), per raggiungere Barcellona, quindi la Germania e la Svizzera.