Comprendere il bullismo e intervenire uscendo dai luoghi comuni e dai comodi cliché: questo l’intento dello psicoterapeuta Domenico Barrilà, da sempre impegnato a cercare la via educativa più utile, non la più facile.
“Bullismo”, di fatto, è un semplice nome, eppure il primo di milioni di passi che daranno forma, scheletro, membra a una storia, a una trama non ancora scritta e di cui saremo coautori, prima con i bambini e poi con i ragazzi.
Andare oltre il nome è necessario, per addentrarci nei fantasmi che si intravedono dietro i comportamenti violenti che dobbiamo decidere di accettare solo come eccezioni, perché se divenissero la norma, non ci sarebbe né presente né futuro, per nessuno, a cominciare da quella gioventù che troppo spesso ci illudiamo di educare, ma che stiamo solo compiacendo o trascurando.
Barrilà, con la profondità di sguardo che gli è consueta, dimostra quanto sia necessario far crescere il “sentimento sociale”, farlo divenire materia centrale di ogni percorso educativo, soffocando, questa sì che è una violenza buona, quella “volontà di potenza” che induce troppi a credere che solo schiacciando l’altro potranno sentirsi elevati, che diminuire il prossimo sia la strada più breve per accrescere la propria autostima.
L’autore sollecita una “sterzata culturale” che impedisca quelle illusioni, pericolose, perché quando avremo annientato la personalità del nostro simile, saremo solo più disperati, non avendo generato nessun progresso reale, ma solo una generale diminuzione di umanità.