L’effetto Trump sui mercati azionari e l’economia americana
I sondaggi davano un testa a testa negli Stati chiave del Paese, ma alla fine Donald Trump ha vinto con 5 milion di schede in più a suo favore sulla sfidante Kamala Harris.
Al momento, Trump ha conquistato 295 grandi elettori (ne servivano almeno 270), contro i 226 di Harris. Insomma, il tycoon ha sostanzialmente vinto e si avvia a diventare il 47° Presidente degli Stati Uniti, con tanto di maggioranza alla Camera e al Senato.
Questi sono numeri che consentirebbero a Trump di governare senza problemi e di avviare rapidamente tutte le promesse/riforme che ha annunciato in questa lunga campagna elettorale per le presidenziali 2024.
Ora tutti si chiedono quali potranno essere le conseguenze per l’economia americana, i mercati finanziari e soprattutto il commercio.
Banche, petrolio e gas
Partiamo di mercati azionari. Secondo stime Fidelity, che ha esaminato dati raccolti negli ultimi 74 anni, le azioni hanno avuto rendimenti medi del 9,1% negli anni legati alle grandi sfide elettorali. E i principali indici, dall’S&P 500 al Nasdaq-100, fino al Dow Jones Industrial Average, sono tutti in rialzo quest’anno.
Si prevede che la nuova presidenza avrà un impatto maggiore su alcuni titoli azionari rispetto ad altri, tra cui quelli del petrolio e del gas, possiamo dire delle Big Oil in generale, nonché sulle criptovalute e sui titoli bancari.
Tra i primi provvedimenti che Trump ha promesso di prendere una volta alla Casa Bianca c’è il programma di espansione delle trivellazioni petrolifere, revocando le restrizioni ad esempio in Alaska e nell’Artico, eliminando le norme che limitavano i permessi per il gas naturale liquefatto, anche quelle relative alle emissioni inquinanti delle automobili e dei mezzi di trasporto.
Le azioni bancarie, tra cui Citigroup, Bank of America, Wells Fargo e Goldman Sachs, sono tutte in positivo, perché si aspettano che i repubblicani e quindi Trump si orientino verso una più decisa deregulation. Ciò, secondo l’approfondimento di Guglielmo Gavino su qz.com, potrebbe includere un ritiro della supervisione da parte del Consumer Financial Protection Bureau.
Trump è da tempo considerato il “Cripto-President”, per via del suo manifesto interesse per le criptovalute, in particolare i Bitcoin. Dopo il picco di ieri sera a oltre 76mila dollari per un Bitcoin, oggi la criptovalute viaggia ancora sui 74mila dollari, rimanendo su livelli da record storico.
Trump ha promesso di licenziare il presidente della Securities and Exchange Commission, Gary Gensler, da sempre scettico sulle criptovalute, e di istituire una riserva nazionale di Bitcoin.
Il protezionismo di trump
Poi c’è il dominio commerciale, particolarmente interessante per il (di) nuovo Presidente repubblicano. “La parola più bella del dizionario è tariffa“, ha detto Trump il mese scorso durante un’intervista sul palco all’Economic Club di Chicago, “è la mia parola preferita“.
Tra il 2018 e il 2020, l’amministrazione Trump ha aumentato le imposte sulle importazioni statunitensi dalla Cina di oltre il 500%. Prima erano tra i più bassi al mondo, circa l’1,6%.
Durante la campagna elettorale del 2024, Trump ha proposto di aumentare i dazi sulle importazioni dalla Cina fino al 50% , fino al 60% in totale, aggiungendo dazi dal 10% al 20% sui prodotti provenienti dal resto del mondo. Ha anche parlato di una ” tariffa del 100% ” sui paesi che “abbandonano” il dollaro USA e tariffe fino al 2.000% sui veicoli di fabbricazione estera.
Impatto sul portafogli dei consumatori americani
Il che potrebbe significa un aumento sensibile dei costi per famiglia in America tra 1.700 e 7.600 dollari.
Livello di spesa altissimo, che andrebbero ad annullare qualsiasi vantaggio derivante dai possibili tagli delle tasse, anch’essi ampiamente annunciati.
Si apre quindi una nuova era di guerre commerciali tra Stati Uniti e resto del mondo, con il protezionismo che tendenzialmente dilagherà e gli effetti negativi sui prezzi dei prodotti e quindi l’impatto sulle tasche dei consumatori saranno piuttosto profondi.
Ogni tariffa commerciale alla fine è scaricata dalle aziende sui prezzi finali al consumatore.
Secondo l’ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale si ipotizzava che, se a metà 2025 USA, Eurozona e Cina imporranno dazi permanenti del 10% sui flussi commerciali tra le tre aree e gli USA e il resto del mondo si imporranno a vicenda dazi permanenti del 10%, colpendo un quarto dell’interscambio mondiale di beni, aumentando l’incertezza sulle politiche commerciali future e a cascata sugli investimenti privati, il PIL globale potrebbe ridursi di quasi lo 0,6% al 2027 per poi riassorbire in parte lo shock.
I timori europei
Particolarmente delicate sono poi le relazioni tra Washington e Bruxelles. L’Union europea teme le politiche commerciali della Trumpnomics 2.0 e secondo Goldman Sachs fa bene.
Un recente studio della banca globale d’investimento vede la possibilità di una riduzione di circa un punto percentuale del PIL dell’Eurozona in caso di irrigidimento dei rapporti con gli Stati Uniti.
Un dato pesante, considerato il momento difficile del mercato interno europeo, la crisi tedesca e le tensioni geopolitiche innescate dalla guerra in Ucraina.
Trump non stima l’Europa, vista come un orpello del passato coloniale, mentre invece ha parole di grande affetto per il Presidente ungherese Viktor Orban. Una situazione che non depone a favore di un dialogo pacifico e aperto con Bruxelles.
Che fine farà il Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-Usa?
Proprio su questi temi, in particolare quelli commerciali, ma anche relativi alle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale o il 6G, il commissario europeo designato per il commercio internazionale e la sicurezza economica e per le relazioni inter-istituzionali e la trasparenza, Maroš Šefčovič, durante l’audizione di conferma alle Commissioni del Parlamento europeo per il Commercio internazionale (Inta) e per gli affari costituzionali (Afco), si è impegnato poi a rinnovare il Consiglio per il commercio e la tecnologia (Trade and Technology Council) Ue-Usa.
Durante l’audizione di conferma alle Commissioni del Parlamento europeo per il Commercio internazionale (Inta) e per gli affari costituzionali (Afco), parlando delle relazioni con l’alleato americano, Šefčovič ha dichiarato di voler proporre “un’offerta di cooperazione, compreso un rinnovato Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-Usa, e allo stesso tempo sarò pronto a difendere i nostri interessi in caso di uno scenario dirompente“.
ora bisognerà vedere quanto la nuova amministrazione Trump sia interessata a questo consesso. Non è da sottovalutare un atteggiamento di indifferenza, se non di rifiuto, da parte di Washington, che potrebbe proprio non voler più prendere parte a questi incontri. Staremo a vedere.