Iran, Trump puo’ rimettere mano all’accordo sul nucleare
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, puo’ ancora puntare a rinegoziare l’accordo sul nucleare dell’Iran, senza spingersi all’atto estremo di bocciarlo per intero. E’ quanto affermano, in un editoriale pubblicato dal “Wall Street Journal”, Mark Dubowitz, ad della Fondazione per la difesa delle democrazie, e David Albright, presidente dell’Istituto per le scienze e la sicurezza internazionale. Trump, sostengono gli autori dell’editoriale, dovrebbe intraprendere la via della “decertificazione” dell’accordo. L’Iran Nuclear Agreement Review Act varato dal Congresso federale Usa dopo l’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare iraniano, nel 2015, prevede che il presidente Usa certifichi al Congresso ogni 90 giorni l’adesione di Teheran ai termini dell’accordo e che la sospensione delle sanzioni alla repubblica islamica sia ancora vitale per gli interessi di sicurezza nazionale usa e proporzionata agli sforzi di Teheran di arrestare il suo programma nucleare. Se il presidente fornisse queste garanzie al Congresso, scrivono Dubowitz e Albright, la Casa Bianca “verrebbe assorbita dall’inerzia e dallo status quo, e si troverebbe impigliata nella politica di ‘pazienza strategica’” che il suo precedessore Obama riservo’ alla Corea del Nord. Secondo gli autori dell’editoriale, l’accordo sul nucleare iraniano “prelude a una versione mediorientale del caos nordcoreano”. Trump dovrebbe dunque rifiutarsi di prendere atto dell’adesione iraniana all’accordo: cio’ non equivarrebbe a venir meno a quest’ultimo, come accadrebbe se Washington ripristinasse le sanzioni. Si tratterebbe pero’ di uno “schiaffo” che il presidente potrebbe accompagnare con l’imposizione di nuove sanzioni alle aziende e agli individui coinvolti nel programma balistico iraniano, cosi’ da chiarire che l’accordo internazionale attualmente in vigore “e’ fondamentalmente sbagliato nella sua architettura, e non soltanto nell’attuazione”. Secondo Dubowitz e Albright, Trump dovrebbe anche includere la Guardia della Rivoluzione iraniana nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dal dipartimento di Stato, e rendere permanenti i limiti imposti alla sperimentazione e all’impiego di centrifughe per l’arricchimento di materiale fissile da parte dell’Iran. Frattanto, il Congresso “dovrebbe fare la propria parte, aggiustando l’accordo”. La parte difficile di questo approccio sarebbe convincere i Repubblicani a non votare per ripristinare le sanzioni revocate nell’ambito dell’accordo sul nucleare, cosi’ da mantenerlo formalmente in vigore: per farlo, la Casa Bianca dovra’ “dimostrare di disporre di una strategia globale per modificare l’accordo e della determinazione a ricorrere a tutti gli strumenti di potenza degli Stati Uniti per neutralizzare e respingere l’aggressione iraniana”.
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Argentina, da ottobre i prezzi delle benzine tornano liberi
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – Ad ottobre, dopo 16 anni di prezzi bloccati, il mercato delle benzine in Argentina torna libero almeno per un mese. Lo ha reso noto il ministro dell’Energia Juan Jose’ Aranguren parlando di una decisione adottata venerdi’ scorso sulla scorta di un accordo firmato a inizio anno con le imprese della raffinazione. L’intesa prevedeva una revisione trimestrale del prezzo dei carburanti in base alle quotazioni del greggio nazionale, al prezzo dei biocombustibili e al tasso di cambio. Per sostenere il settore, le raffinerie dovevano comprare il greggio in Argentina, pagando pero’ una quota utile a mantenere il prezzo finale sotto controllo. Ma i prezzi del greggio sui mercati internazionali sono stati per dieci giorni di seguito superiori a quelli praticati in Argentina e, come vuole una delle clausole dell’intesa – che comunque non sarebbe stata valida oltre il 31 dicembre del 2017 -, le raffinerie possono tornare a scegliere il dove comprare il greggio a seconda della convenienza. Risultato, dal 1 di ottobre e per tutto il mese finiscono i sussidi alla produzione nazionale e i prezzi potrebbero salire fino al 6 per cento degli attuali. Ma, scrive la testata “Infobae”, il ministero avrebbe chiesto informalmente alle compagnie petrolifere di non far scattare gli aumenti fino a novembre, preservando cosi’ la data del 22 ottobre, giorno in cui il paese andra’ ale urne per rinnovare parte del Parlamento. E le sigle andrebbero oltre, spostando ogni decisione all’anno nuovo. Parlando a “La Nacion”, lo stesso Aranguren ha detto di non attendersi grandi cambi nei prezzi.
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Giappone, Abe scommette sul voto anticipato, ma rischia la fine della britannica May
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro del Giappone, Abe Shinzo, ha annunciato lunedi’ l’intenzione di indire elezioni generali anticipate, per approfittare della frammentazione delle opposizioni parlamentari e consolidare il suo controllo sul Partito liberaldemocratico (Ldp) in vista delle difficili battaglie sul fisco e la difesa nazionale. Il premier punta in particolare a indirizzare le maggiori entrate che deriveranno dall’aumento dell’imposta sul valore aggiunto, il prossimo anno, a un potenziamento dell’assistenza sociale alle famiglie, anziche’ al consolidamento dei conti; una mossa che esulerebbe dal programma elettorale del suo partito e che ha suscitato aperte contestazioni da parte di diversi esponenti della maggioranza parlamentare. Secondo il “Wall Street journal”, la decisione di Abe di tornare anticipatamente alle urne “non e’ un segnale di forza, ma di debolezza”. Come ricorda il quotidiano, il tasso di fiducia del premier e’ crollato quest’anno a circa il 30 per cento a seguito di uno scandalo riguardante il presunto trattamento preferenziale concesso a due scuole private. Abe ha pero’ goduto nelle ultime settimane di un parziale “rimbalzo” grazie a un rimpasto del gabinetto di governo, con la sostituzione dell’impopolare ministro della Difesa Tomomi Inada, cui e’ succeduto Itsunori Onodera. L’Ldp del premier inoltre, resta saldamente primo nelle intenzioni di voto, e il Giappone ha registrato nel secondo trimestre 2017 una crescita economica inattesa, del 2 per cento su base annua. resta pero’ il fatto, scrive il quotidiano Usa, che Abe “non e’ riuscito a tener fede alle sue promesse elettorali: Tokyo continua a spendere senza ritegno, e la Banca del Giappone prosegue il programma di quantitative easing”. Il premier giapponese, insomma, “si appresta a tornare alle urne nel timore che il tempo possa ridurre le sue possibilita’ di vittoria”, come ha fatto quest’anno la sua omologa britannica, Theresa May. Il rischio, come nel caso di quest’ultima, e’ che tale mossa indebolisca il leader uscente, anziche’ consolidarne il potere.
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Spagna, Rajoy negli Usa per “stringere” con Trump sullo sfondo della crisi catalana
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – Il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy e’ atterrato ieri sera a Washington, pronto ad incontrare il presidente Usa Donald Trump. Un faccia a faccia dal quale i media nazionali attendono diverse risposte. Per il quotidiano “El Pais”, la missione ha “l’unico e sperato obiettivo di dare vita a una positiva e produttiva riunione di lavoro” con l’inquilino della Casa Bianca. Il copione della visita non da’ priorita’ a nulla in concreto: Rajoy vuole “entrare in sintonia” con Trump, restituirgli l’invito per una visita in Spagna, e spingere le opportunita’ di investimento e di partnership commerciale tra i due paesi. “In politica internazionale Rajoy vuol far valere la leadership della Spagna nella sua durezza diplomatica” mostrata con Venezuela e Corea del Nord, “due grandi ossessioni attuali di Trump”. la settimana scorsa Madrid ha disposto l’espulsione dell’ambasciatore nordcoreano, e Pyongyang ha “ringraziato” dicendo che la Spagna ha cosi’ guadagnato il titolo di “fedelta’” a Trump. Il presidente spagnolo, prosegue la testata, spera che oltreoceano i numeri della ripresa dell’economia nazionale servano a rafforzare le gia’ buone relazioni economiche, magari aggiungendo il cote’ degli investimenti nelle infrastrutture a quello gia’ collaudato della finanza. Detto del trattamento personale di favore che il magnate riserva alla delegazione spagnola – particolarmente apprezzato dalla Moncloa -, “El Pais” non attende dal vertice un grande spazio per la questione dell’indipendenza della Catalogna. Washington ha gia’ espresso in maniera “chiara” il proprio appoggio alla legge e alla Costituzione nella gestione di un problema interno spagnolo e alle inevitabili domande dei giornalisti sul tema, nessuno si aspetta “sorprese nelle risposte”. La pensa diversamente “Abc”, secondo cui il formato della visita permettera’ “una dichiarazione precisa di Trump” sulla questione catalana. D’altro canto, ricorda la testata, lo scorso fine settimana il segretario di Stato alla Difesa James Mattis ha consegnato alla collega spagnola Maria Dolores de Cospedal una “idea molto chiara” di appoggio al governo di Madrid. E parlando di Difesa, “El Pais” segnala che la visita potrebbe dare modo al governo spagnolo di prendere per la prima volta un impegno finanziario nella coalizione Nato contro l’Isis, alleanza di cui Madrid fa parte dalla sua fondazione, nel 2014. Il paese iberico contribuisce con 450 militari e uomini della Guardia Civil impegnati ad addestrare le forze locali, ma non ha finora aperto il portafoglio, operazione sempre piu’ necessaria visti gli sforzi che la coalizione deve effettuare per ricostruire le terre sottratte al califfato. In attesa di decidere cifre ufficiali, Rajoy potrebbe anticipare lo stanziamento di 15 milioni di euro.
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Regno Unito, l’Ue respinge la richiesta di trattative rapide sulla transizione
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – L’Unione Europea, riferisce il “Financial Times”, ha inaspettatamente respinto la richiesta della premier del Regno Unito, Theresa May, di trattative rapide su un periodo di transizione dopo la Brexit. In apertura del quarto round negoziale a Bruxelles, il capo negoziatore della Commissione, Michel Barnier, ha ribadito che non ci sara’ una discussione su una fase transitoria finche’ non ci saranno “sufficienti progressi” sulle questioni dei diritti dei cittadini comunitari, dell’Irlanda del Nord e degli obblighi finanziari. La linea dura si oppone a una delle principali richieste del discorso pronunciato la scorsa settimana a Firenze dalla leader britannica, aggravando le tensioni e assestando un duro colpo alle speranze di un accordo a ottobre per aprire il negoziato commerciale. Ad accrescere la pressione su Londra si e’ aggiunto il primo ministro irlandese, Leo Varadkar: dopo aver incontrato Theresa May a Downing Street, il taoiseach di Dublino ha dichiarato che al momento non si ravvisano i “sufficienti progressi” sulla base dei quali il Consiglio europeo di ottobre potrebbe decidere di dare il via alla trattativa sugli scambi e che dalla Gran Bretagna si attende ancora chiarezza su molti punti riguardanti il futuro rapporto con l’Ue e con l’Irlanda. Il leader irlandese, tuttavia ha accolto positivamente l’impegno a non ripristinare barriere fisiche al confine tra i due paesi.
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Regno Unito, la proposta del Labour di nazionalizzare i contratti Pfi allarma le imprese
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – Al congresso del Labour, principale forza di opposizione del Regno Unito, il cancelliere ombra dello Scacchiere, John McDonnell, ha proposto la nazionalizzazione dei contratti di iniziativa finanziaria privata (Pfi) usati nel partenariato pubblico privato. L’annuncio, riferisce il quotidiano britannico “The Guardian”, e’ stato accolto con entusiasmo dagli attivisti, cosi’ come quelli riguardanti la nazionalizzazione delle utility e delle ferrovie e il tetto agli interessi sul credito al consumo, e con preoccupazione dalla Confederation of British Industry, la confederazione degli industriali: secondo la direttrice generale della Cbi, Carolyn Fairbairn, un massiccio intervento statale e’ “il piano sbagliato al momento sbagliato”, considerando le difficolta’ legate all’uscita dall’Unione Europea. Fairbairn ha criticato anche altre proposte, come l’aumento delle imposte societarie e il limite alle retribuzioni massime, sostenendo che aggiungerebbero incertezza in una fase gia’ delicata. Critico anche Adam Marshall, direttore generale delle British Chambers of Commerce, che rappresenta le Camere di commercio. Secondo un’analisi del Partito laborista i contratti Pfi, usati da vent’anni per finanziare grandi progetti di infrastrutture, hanno generato solo negli ultimi sei profitti per 831 milioni di sterline per il settore privato e costi a lungo termine per i contribuenti; a cio’ si aggiungono i soldi sottratti al fisco da societa’ che investono in questi progetti e hanno sede in paradisi fiscali. Un comunicato successivo all’intervento di McDonnell ha sfumato la posizione del partito precisando che un governo del Labour rivedrebbe tutti i contratti e li porterebbe sotto il controllo pubblico “se necessario”; gli azionisti sarebbero compensati mediante uno scambio di azioni per obbligazioni pubbliche. Secondo le stime di John Appleby, capo economista di Nuffield Trust, ente benefico che opera nella sanita’, solo nel servizio sanitario nazionale il costo per rilevare tutti i Pfi supererebbe i cinquanta miliardi di sterline.
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Francia, governo lancia piano di investimenti da 57 miliardi di euro
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – Era una delle promesse della campagna elettorale di Emmanuel Macron, insieme al suo programma economico: lanciare un vasto piano di investimenti per sostenere la crescita e accompagnare i cambiamenti economici e sociali del paese. Quattro mesi dopo il suo arrivo all’Eliseo la cosa e’ fatta. Il primo ministro Edouard Philippe ha annunciato ieri lo stanziamento di 57 miliardi di euro per “preparare la Francia alle sfide del ventunesimo secolo”. A 48 ore dalla presentazione del progetto di legge finanziaria 2018, che delineera’ i crediti riservati a ciascun ministero, l’esecutivo vuole dimostrare che il bilancio non sara’ fatto solo di tagli alla spesa pubblica e riforme radicali. “La spesa pubblica e’ troppo elevata, ma non trattiamo il problema facendo ogni anno dei tagli supplementari”, ha detto l’economista Jean Pisani-Ferry, tra gli ideatori del piano. I fondi saranno cosi’ ripartiti: 20 miliardi di euro andranno alla transizione ecologica; 15 miliardi alla formazione; 13 miliardi verranno destinati a promuovere la competitivita’ attraverso il prolungamento del programma di investimenti, mentre altri 9 miliardi andranno alla trasformazione tecnologica dell’apparato statale. Questa ripartizione, leggermente diversa da quella annunciata in campagna elettorale, si propone di fare fronte ad alcune grandi sfide, come la creazione di un’economia in grado di compensare le sue emissioni di Co2, e di “rispondere ai nostri ritardi su impiego e produttivita’”, ha spiegato Pisani-Ferry, tra i redattori del programma di Macron, secondo cui si tratta anche di ridare allo Stato il gusto del rischio. “Trenta o quarant’anni fa lo stato si assumeva dei rischi, come nel caso del programma elettro-nucleare. Ma da allora e’ stata adottata una visione a breve termine. L’idea del piano e’ quella di ristabilire una cultura dell’innovazione lungimirante nella sfera pubblica”.
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Germania, sulla coalizione di governo nulla e’ ancora scritto
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – La cristiano democratica Angela Merkel (Cdu) alla Konrad-Adenauer-Haus, ha cercato di vedere qualcosa di positivo dalla caduta drammatica di consensi del suo partito, cominciando a discutere delle possibili coalizioni. “Nessun governo puo’ essere formato contro di noi”, ha affermato il cancelliere, ma molti dei leader della Cdu che l’hanno ascoltata hanno immediatamente pensato: “Anche con noi e’ difficile”. Raramente la formazione di coalizione, dopo un’elezione del Bundestag, e’ stata teoricamente cosi’ semplice, ma praticamente cosi’ problematica. Dopo la dichiarazione di voler stare all’opposizione del candidato socialdemocratico Martin Schulz, l’unica soluzione possibile e’ un’alleanza a quattro: Cud-Csu, Fdp e Verdi. Proprio unire questi due ultimi partiti e’ difficile. Un appello in tal senso e’ stato fatto dal segretario generale della Merkel, Peter Tauber (Cdu) lunedi’ mattina: “Una coalizione funziona solo se tutte le parti collaborano e non c’e’ rottura”. I Verdi e l’Fdp (liberali) sono agli antipodi, come i loro maggiori esponenti Christian Lindner e Cem Oezdemir. Ma un’altra incognita e’ data dai cristiano sociali della Csu, precipitati di 10,5 punti percentuali rispetto alle scorse elezioni. Al suo interno c’e’ una lotta tra Horst Seehofer e il ministro delle Finanze della Baviera Markus Soeder. E’ chiaro che il partito gemello dei cristiano sociali rendera’ ancora piu’ difficile il cammino della Merkel, soprattutto in merito alla politica sui rifugiati e per la sicurezza interna. “Mi e’ difficile immaginare un’alleanza con l’Fdp e i Verdi”, ha dichiarato il Segretario generale della Csu Andreas Scheuer. Tali dichiarazioni hanno causato la reazione negativa dell’esponente dei Verdi Gerhard Schick. Nel caso che la Cdu fallisse i negoziati con l’Fdp e i Verdi dovrebbe cercare di convincere l’Spd a fare una grande coalizione. Per questa ragione il presidente della Cdu del Baden-Wuerttemberg Thomas Strobl ha auspicato la presenza dei socialdemocratici durante i colloqui per la formazione del governo, ma l’ipotesi e’ molto remota. I liberali e i Verdi chiederanno importanti incarichi ministeriali, il che rappresenta un ulteriore problema per il cancelliere Merkel.
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Germania, un lavoro difficile attende il cancelliere Merkel
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – La trasmissione televisiva “Berliner Runde” della rete televisiva nazionale “Zdf” ha fatto da palcoscenico ad un breve, ma eloquente scambio di battute tra l’esponente dei Verdi Katrin Goering-Eckardt e il leader dei Liberali (Fdp) Christian Lindner, esponenti dei due partiti che si suppone debbano dar vita alla nuova coalizione di governo tedesca assieme ai Cristiano-democratici (Cdu) di Angela Merkel. “La questione ambientale ci divide per molte ragioni”, ha tagliato corto l’esponente dei Verdi, rimarcando la sua netta distanza dalla linea politica dei Liberali. Dati questi presupposti – sottolinea il settimanale “Der Spiegel” – cosiddetta “coalizione Giamaica” (Unione, Verdi e Liberali) pare un obiettivo decisamente in salita. La Germania mira a ridurre le proprie emissioni di CO2, ma i Verdi vogliono forzare le tappe, chiudendo immediatamente 20 grandi centrali a carbone nel Paese. L’Fdp ha altre priorita’, e sottolinea come la chiusura immediata delle centrali avrebbe conseguenze gravi in termini di sicurezza dell’approvvigionamento energetico e costi dell’energia. I Liberali auspicano piuttosto “regole di mercato per le energie rinnovabili, con tutti i rischi e i benefici che ne deriveranno in futuro”, come e’ scritto sul loro programma elettorale. Lindner ha inoltre messo in guardia dalla “caccia alle streghe” riguardo la tecnologia diesel, trovandosi su questo punto d’accordo con il cancelliere Angela Merkel. Sul fronte dell’economia, il leader dei liberali si e’ detto categoricamente contrario al progetto del presidente francese Emanuel Macron di un bilancio comune dei paesi della zona euro. Il segretario dell’Fdp vuole inoltre vuole abolire il Meccanismo europeo di stabilita’ (Esm). Anche sugli altri fronti, le posizioni di Verdi e Liberali appaiono assai distanti: dalla fiscalita’ alle politiche abitative, sino al sistema sanitario, di cui i Liberali chiedono la privatizzazione. Entrambi i partiti sono per la digitalizzazione cosi’ come per la vendita delle azioni residue di Deutsche Telekom da parte dello Stato, mettendo poi il ricavato nell’espansione della fibra ottica. Mediare le opposte istanze dei due partiti, conclude il settimanale, sara’ per il cancelliere Merkel una sfida erculea.
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Per Gentiloni la Germania lavorera’ al rilancio dell’Unione europea
26 set 11:00 – (Agenzia Nova) – I risultati delle elezioni tedesche non devono essere interpretati come un freno alle prospettive di rilancio dell’Europa, ne’ come un ripiegamento della Germania su se stessa. Lo ha detto il primo ministro Paolo Gentiloni in un’intervista al quotidiano “Figaro”, rilasciata alla vigilia del suo incontro con il presidente francese Emmanuel Macron, previsto per domani. Il premier ha espresso dispiacere per il “cattivo risultato di un pilastro dell’edificio europeo come la Spd”, e preoccupazione “per la crescita di un partito antieuropeista e xenofobo come l’Afd”. Tuttavia “ho fiducia in Angela Merkel e nella sua capacita’ di creare un governo orientato verso il rilancio dell’Europa. Molto dipendera’ dalle iniziative comuni di Francia e Italia”, ha detto il premier.
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