Iran, il presidente Usa Trump prova a convincere gli alleati a rinegoziare l’accordo sul nucleare
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, intende rivisitare l’accordo internazionale sul nucleare iraniano per inasprirne le disposizioni, anziche’ abbandonarlo del tutto come minacciato nel corso dei mesi scorsi. La Casa Bianca, hanno riferito fonti governative al “New York Times”, sta esercitando pressioni sui paesi alleati affinche’ convincano Teheran a tornare al tavolo delle trattative. Martedi’, durante il suo primo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Trump ha definito l’accordo “una vergogna per gli Stati Uniti”. Il presidente e’ deciso ad espandere i vincoli temporali cui e’ sottoposto il programma nucleare della Repubblica islamica e ad imporre limiti al programma balistico di quel paese.Nonostante gran parte delle capitali europee si sia espresso con convinzione in favore dell’accordo vigente, alcune avrebbero segnalato di essere pronte a discutere una rinegoziazione. Ottenere il consenso degli alleati europei, pero’, appare una sfida difficile, e questo senza contare Russia e Cina.Mercoledi’ il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha escluso in maniera categorica che Teheran possa prestarsi a ridiscutere l’accordo: “L’Iran – ha avvertito Rohani, intervenuto a sua volta di fronte all’Assemblea generale – non sara’ il rimo paese a violare l’accordo, ma rispondera’ in maniera decisa e risoluta alla sua violazione ad opera di una qualunque controparte”. L’accordo, ha aggiunto, “appartiene alla comunita’ internazionale nella sua interessa, e non a un paese o due”. A sostegno dell’accordo sottoscritto nel 2015 si e’ espressa anche l’Alta rappresentante della politica estera Ue, Federica Mogherini, secondo cui “l’accordo sul nucleare sta funzionando, sta producendo i risultati voluti”. Mogherini ha fatto riferimento al programma nucleare della Corea del Nord, avvertendo che “con una minaccia nucleare proveniente da un’altra parte del mondo, la comunita’ internazionale non puo’ permettersi di smantellare un accordo efficace”.
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Usa, “Russiagate”: il procuratore speciali Mueller in pressing sulla Casa Bianca
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – Il procuratore speciale Robert Mueller, incaricato di indagare sulle intromissioni della Russia nella campagna presidenziale Usa dello scorso anno, e sulla presunta “collusione” tra Mosca e la campagna elettorale dell’attuale presidente Usa, Donald Trump, sta approfittando dell’ampia discrezionalita’ del suo mandato per passare al setaccio qualunque affare o contatto con la Russia dei collaboratori ed ex collaboratori del presidente, anche se risalenti a piu’ di un decennio fa. Nel mirino di Mueller c’e’ in particolare Paul Manafort, ex manager della campagna di Trump con un passato da consulente privato del governo ucraino filo-russo di Viktor Janukovich. Stando alle ultime indiscrezioni di fonti anonime riprese dalla stampa Usa, nel 2016 Manafort avrebbe offerto “briefing privati” a un “miliardario russo vicino al Cremlino”: si tratterebbe di Oleg Deripaska, magnate russo dell’alluminio con cui Manafort aveva intrattenuto affari diversi anni prima. Mueller e la sua squadra investigativa, accusata di partigianeria da Trump per la presenza al suo interno di diversi sostenitori e donatori dichiarati del partito democratico, hanno chiesto di accedere alla quasi totalita’ della corrispondenza della Casa Bianca, con particolare riferimento alle discussioni private di Trump relative al licenziamento dell’ex direttore dell’Fbi, James Comey, e alle accuse mosse all’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn. Se da un lato le accuse mosse all’amministrazione Trump in merito al “Russiagate” restano prive di riscontri concreti, la posizione di Comey si fa invece piu’ complicata. L’ex direttore dell’Fbi, che una larga fetta della stampa Usa sostiene essere vittima di un abuso presidenziale di potere, dal 2016 aveva effettivamente ottenuto l’autorizzazione dall’amministrazione Obama di intercettare la campagna elettorale di Donald Trump; tali intercettazioni, stando a indiscrezioni riprese dal “Wall Street Journal”, sarebbero proseguite anche durante i primi mesi dell’amministrazione presidenziale Trump, nel 2017. Le accuse mosse da Trump dopo le elezioni di novembre, quando aveva denunciato intercettazioni ai suoi danni da parte del suo predecessore e dell’Fbi, sarebbero dunque in buona sostanza tutt’altro che infondate. Negli ultimi mesi, contro Comey si e’ delineata un’altra accusa gravissima: l’ex direttore dell’Fbi avrebbe predisposto l’assoluzione della Democratica Hillary Clinton per le accuse legate al “dirottamento” della corrispondenza ufficiale del dipartimento di Stato Usa, prima ancora che iniziassero le indagini a carico della Democratica.
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Spagna, contro le ambizioni di Barcellona a colpi di editoriali
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – La stampa nazionale non ha dubbi: la corsa della Catalogna verso il referendum che dovrebbe proclamarne l’indipendenza dal resto della Spagna e’ “sconsiderata” e va fermata con ogni mezzo. La cronaca del duro braccio di ferro tra Madrid e Barcellona si arricchisce di nuovi episodi ora dopo ora. Ieri, agenti della Guardia Civil avevano occupato alcuni uffici della Generalitat – il governo della regione autonoma – sequestrando documenti e arrestando elementi della squadra costruita per poter celebrare il referendum il primo di ottobre. Per farli uscire dall’edificio circondato da manifestanti sono dovuti intervenire i Mossos d’esquadra, il corpo autonomo della polizia regionale su cui peraltro sono piovute in questi giorni critiche da Madrid per un presunto scarso impegno a far rispettare la legge nazionale. Il governo catalano parla di “colpo di Stato” e di “atteggiamento antidemocratico” delle autorita’ centrali. Il presidente del governo Mariano Rajoy spiega in diretta che Barcellona fa ancora in tempo a fare marcia indietro e che Madrid e’ pronta a mettere in campo tutti gli strumenti “offerti dallo Stato di diritto” per frenare il processo in corso. Ma sui media la partita si gioca sopratutto a colpi di editoriali, a un ritmo oramai di quasi uno al giorno su ogni testata. “El Pais” mette in fila otto dichiarazioni che il governatore catalano Carles Puigdemont ha reso nelle ultime, convulse ore. Accompagnandole da brevi ma incisive spiegazioni scritte per decretarne la falsita’. “Riteniamo fondamentale che in una democrazia le autorita’ pubbliche non possano mentire impunemente alla cittadinanza”, recita il cappello dell’editoriale che, perche’ anche all’estro non ci sian dubbi, e’ tradotto integralmente in inglese. “La legge avra’ la meglio”, titola l’editoriale de “El Mundo” secondo cui “l’insolita aggressione all’ordine costituzionale sostenuta dalla Generalitat giustifica ampiamente la risposta che lo Stato sta mettendo in campo”. L’intervento richiama il momento in cui Cicerone parlava della liberta’ nella “schiavitu’ della legge”, sicuro che a Barcellona e dintorni “la legalita’ sara’ ristabilita” perche’ “nessun autoproclamato interprete legittimo del popolo si puo’ collocare al di sopra dello Stato di diritto”. Non molto distante il tono dell’editoriale dell'”Abc”, il cui titolo – “Lo Stato si impone” – sintetizza il plauso agli interventi mirati a smontare un referendum che la Corte costituzionale ha di fatto bloccato.
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Spagna, all’Onu la richiesta di rendere illegale la Fondazione Francisco Franco
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – Il Blocco nazionalista galiziano (Bng) ha chiesto alle Nazioni Unite di intervenire sulle autorita’ spagnole perche’ sia resa illegale la fondazione dedicata alla memoria di Francisco Franco. La richiesta – presentata dalla leader del Bng Ana Ponton e dalla portavoce del partito a Bruxelles Ana Miranda -, si articola su tre punti: restituire al popolo galiziano il “Pazo de Meiras” – elegante castello della fine dell’800 e luogo di villeggiatura del “caudillo” -, annullare gli effetti della legge sull’amnistia varata nel 1977 e che impedisce di passare a giudizio i crimini del franchismo, impedire “che si continui a fare apologia del franchismo senza che si faccia nulla”. Il tutto e in sintesi, spiega il quotidiano “El Mundo”, punta dritto a una richiesta di chiusura della Fondazione. In estate una nuova polemica aveva irrobustito il gia’ corposo dossier di dibattiti che da anni si accendono attorno alla memoria del dittatore originario della Galizia. La Fondazione Franco annunciava che si sarebbe fatta carico delle visite guidate al Pazo de Meiras, approfittandone per “mostrare al pubblico la grandezza della figura” di Franco. In segno di protesta, i nazionalisti galiziani occupano il castello e portando la Fondazione a sospendere le visite per “problemi di sicurezza”. Ma il maniero, pur essendo proprieta’ privata della famiglia, e’ considerato Bene di interesse culturale e la legge stabilisce l’obbligo di aprirne le porte al pubblico, per non meno di quattro giorni al mese. Per questo, appresa la notizia della chiusura, la giunta regionale della Galizia inviava alla famiglia Franco una multa di 4.500 euro. Ma il caso per il “Bloque nacionalista” non e’ chiuso e la denuncia arriva dunque all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Come segnala “El Mundo”, il dossier trova forza proprio nelle parole che il relatore speciale Pablo Greiff ha scritto nel rapporto steso dopo la sua visita in Spagna del 2014. Il funzionario sottolineava la necessita’ di “prendere misure per soddisfare le richieste relative alla restituzione delle proprieta’ e dei documenti sottratti ai privati”. Per il Bng il Pazo de Meiras e’ si’ degli eredi Franco, ma e’ stato “stato pagato” dal popolo galiziano attraverso un presunto contributo volontario con cui il dittatore lo ha ricevuto in dono nel 1938, nel pieno della Guerra civile.
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Regno Unito, May critica gli Stati che non rispettano gli accordi e le carenze dell’Onu
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, riferisce il “Financial Times”, ha rivolto un velato rimprovero al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, senza nominarlo, criticando i paesi che “deliberatamente violano, per il proprio guadagno, le regole e gli standard che hanno garantito la nostra prosperita’ e sicurezza collettiva”. “E’ questo sistema di regole che abbiamo sviluppato — con le istituzioni, gli assetti internazionali per il libero ed equo scambio, gli accordi come quello di Parigi sul cambiamento climatico, leggi e convenzioni come il Trattato di non proliferazione nucleare — che consentono la cooperazione globale attraverso la quale possiamo proteggere questi valori”, ha detto la leader di Downing Street, alludendo nella stessa frase alla retromarcia statunitense sull’accordo sul clima e alle provocazioni nucleari nordcoreane, parole che probabilmente hanno irritato la Casa Bianca. May ha usato il discorso per assicurare che la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea non rappresenta un disimpegno dalla cooperazione multilaterale. “Penso che l’unico modo di rispondere a questa ampia gamma di sfide sia unirsi e difendere l’ordine internazionale che abbiamo faticato tanto a creare e i valori che sosteniamo”, ha dichiarato. Al tempo stesso, ha pronunciato una severa critica contro l’Onu per l’eccesso di burocrazia e la carenza di trasparenza, minacciando anche il ritiro di una parte dei contributi se l’Organizzazione non cambiera’. “Dovremmo riconoscere che nella sua storia l’Onu ha evidenziato un divario che sembra incolmabile tra la nobilta’ dei suoi scopi e l’efficacia delle sue azioni. In un momento in cui il bisogno di un’azione multilaterale e’ piu’ forte che mai, le carenze dell’Onu e delle sue istituzioni minano la fiducia degli Stati come membri e donatori”, ha detto May. La premier britannica ha precisato che il Regno Unito continuera’ a essere generoso nei finanziamenti, ma che intende finanziare solo quelle parti dell’Organizzazione che hanno conseguito risultati sufficienti; Londra potrebbe trattenere trenta dei novanta milioni di contributi al bilancio Onu.
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Regno Unito, May punta a bypassare Bruxelles e a rivolgersi ai leader nazionali
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, nel discorso sulla Brexit che terra’ domani a Firenze, anticipa il quotidiano britannico “The Times”, cerchera’ di bypassare la squadra negoziale dell’Unione Europea e di influenzare direttamente i leader nazionali. La leader di Downing Street e’ convinta che qualsiasi decisione sugli accordi con la Gran Bretagna sara’ presa dai capi di Stato e di governo in sede di Consiglio europeo e non dalla Commissione e dal capo negoziatore, Michel Barnier. Secondo indiscrezioni, domani si concentrera’ sulla fase di transizione, riconoscendo che Londra ha un “obbligo morale” e garantendo che i restanti membri non saranno danneggiati a causa della Brexit: cio’ potrebbe significare l’offerta di un contributo per quella fase, un pagamento che potrebbe aggirarsi tra i venti e i trenta miliardi di sterline. Nonostante l’ottimismo di Downing Street, c’e’ il timore di una reazione negativa da parte di alcuni governi europei. Un ambasciatore di un importante paese avverte che non si puo’ scavalcare la Commissione e che il tentativo di ricorrere alla strategia “divide et impera” e’ destinato a fallire. “I negoziati sono strutturati in modo tale che il Consiglio ha dato un mandato alla Commissione, che ha nominato Michel Barnier, ma le decisioni saranno prese dai leader”, ha dichiarato May a New York, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, aggiungendo di aver incontrato diversi leader europei. Nel Partito conservatore della premier c’e’ un crescente nervosismo per lo stallo nelle trattative. Alcuni pensano che la situazione possa sbloccarsi dopo le elezioni tedesche, con la probabile rielezione della cancelliera, Angela Merkel. Fonti diplomatiche dell’Ue, cosi’ come il negoziatore del Parlamento europeo, Guy Verhofstadt, esprimono preoccupazione per la confusione all’interno del governo britannico.
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Francia, nuova giornata di mobilitazione contro la riforma del codice del lavoro
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – Undici federazioni della Cgc (Confederation francaise de l’encadrement) hanno lanciato un appello a manifestare oggi a Parigi insieme alla Confederazione generale del lavoro (Cgt) nella seconda giornata di mobilitazione contro la riforma del codice del lavoro, la cui versione definitiva verra’ adatta domani in Consiglio dei ministri. La riforma “non crea impiego, ne’ mira a ridurre i costi per le imprese, ma facilita i licenziamenti”, denunciano le federazioni. I sindacati non intendono fare sconti alla presidenza. A loro avviso le riforme che saranno sottomesse al Consiglio dei ministri presentano “rischi di dumping sociale” e “mettono in pericolo il sindacalismo nelle imprese”. Tra le misure piu’ contestate c’e’ quella che prevede la possibilita’ di scavalcare i sindacati per negoziare nelle imprese con meno di 50 dipendenti. Dopo una partecipazione contenuta alla manifestazione dello scorso 12 settembre, i sindacati potranno ora contare sull’appoggio delle undici federazioni della Cgc che hanno deciso di unirsi al movimento. Il corteo sfilera’ a Parigi a partire dalle ore 14. Il presidente Macron, per parte sua, ha ribadito da New York, dove si trova per partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la sua determinazione a mandare avanti le riforme malgrado le manifestazioni. “Credo nella democrazia ma la democrazia non e’ la strada. Se io rispetto coloro che manifestano, rispetto anche gli elettori francesi che hanno votato per il cambiamento”, ha affermato il capo dello stato.
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Francia, Florian Philippot annuncia che lascera’ il Front national
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – Il vicepresidente del Fronte nazionale, Florian Philippot, ha annunciato questa mattina che lascera’ il partito.”Mi hanno detto che non servivo a nulla come vicepresidente. Non ho il gusto del ridicolo, per questo lascio il Front national”, ha annunciato colui che e’ stato a lungo considerato il braccio destro di Marine Le Pen dopo essere entrato nel partito nel 2009. L’uscita di scena dell’eurodeputato sembrava inevitabile dopo la decisione di Le Pen di togliere a Philippot la delega alla comunicazione in seguito alla sua partecipazione alla trasmissione “Punchline”, su CNews, durante la quale ha dichiarato che “il movimento sta compiendo dei passi indietro terrificanti”. Le Pen, per parte sua, ha giustificato il provvedimento adducendo l’esistenza di un palese conflitto di interessi: “Florian Philippot non ha risposto alla mia richiesta di mettere fine al conflitto di interessi nato dalla sua doppia responsabilita’ di vicepresidente del Fronte nazionale con delega alla comunicazione e presidente dell’associazione politica les Patriotes”. Oltre a Philippot lasceranno il partito anche alcune persone a lui vicine, come l’eurodeputata Sophie Montel. La notizia ha scatenato i commenti all’interno dell’Fn. “L’Fn ritrovera’ la pace”, ha scritto su Twitter Louis Aliot, compagno di Marine Le Pen, che ha descritto Philippot come “un estremista settario, arrogante e vanitoso, che cercava di mettere la museruola alla nostra liberta’ di dibattito”. Parlando a “France info” il segretario generale del movimento, Nicolas Bay, si e’ detto dispiaciuto della decisione di Philippot, che “aveva tutto il suo spazio” all’interno del partito. Tuttavia, “occorre accettare il dibattito”. Philippot “faceva troppa pubblicita’ alla sua associazione, che ha tutte le caratteristiche di un micro partito”, provocando un “conflitto di interessi con l’Fn”.
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Il futuro “verde” del gruppo energetico EnBw
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – Il gruppo energetico EnBW e’ completamente focalizzato sulle attivita’ dell’energia rinnovabile, della rete e della distribuzione. Il quotidiano “Handelsblatt” ha potuto consultare un documento strategico riservato, denominato “EnBw 2025”, in cui si legge che per il futuro l’energia nucleare e il carbone non svolgeranno alcun ruolo determinante nella produzione energetica. I grandi gruppi energetici stanno progressivamente separando le attivita’ di produzione tradizionale da quelle delle energie rinnovabili. EnBw e’ il quarto gruppo energetico della Germania, con 22.000 dipendenti, e l’ad, Frank Mastiaux, sta orientando l’azienda verso il nuovo settore. Il Gruppo intende utilizzare il suo know-how per gestire i nuovi sistemi legati all’energia verde. Questi includono la costruzione della rete a banda larga, la mobilita’ elettrica o la rete di interi distretti cittadini. Ad esempio, i lampioni stradali intelligenti sviluppati da EnBw possono essere utilizzati anche come punti di ricarica per i veicoli elettrici. Possono anche essere dotati di sensori per misurare il particolato, controllare il flusso del traffico o gestire il parcheggio pubblico. Attualmente la societa’ del Baden-Wuerttemberg gestisce otto centrali a carbone da piu’ di quattro gigawatt, che riforniscono piu’ di cinque milioni di utenti, oltre a due centrali nucleari e due a gas. Gli utili aziendali previsti sono in aumento, entro il 2025, da 1,9 miliardi di euro a piu’ di 3. Come ha dichiarato al quotidiano economico, Mastiaux ritiene che “il 2017 sara’ l’anno della svolta”. Per la prima volta dal 2012 il margine operativo lordo e’ destinato nuovamente a crescere. L’anno scorso, circa un terzo dell’energia elettrica della Germania e’ stata prodotta con fonti sostenibili. Dopo il disastro di Fukushima, il governo federale si e’ orientato verso la svolta energetica e ha determinato la fine del nucleare. Oltre agli operatori classici del mercato, anche altre aziende come Google cercano di entrare in questo settore. “Con la digitalizzazione, il cliente prende parte attiva nella produzione”, ha detto Andreas Stender, esperto d’energia presso l'”A. T. Kearney”. Tra il 2021 e il 2025, EnBw intende investire dieci miliardi di euro, di cui solo il 20 per cento fara’ parte del portafoglio mentre l’80 per cento e’ destinato alla crescita. Sono programmati “quattro investimenti in start-up” ogni anno. La transizione energetica e’ inoltre nell’interesse politico strategico del primo ministro Winfried Kretschmann, e la Regione tedesca e’ il principale azionista del gruppo, con il 47 per cento del pacchetto azionario. Pertanto nutre la speranza che la societa’ possa presto tornare a pagare dividendi con l’impiego delle nuove energie.
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UniCredit interessata all’unione con Commerzbank
21 set 11:05 – (Agenzia Nova) – La prima banca italiana, UniCredit, e’ interessata ad assorbire Commerzbank, e la banca madre della Hypovereinsbank guarda con interesse alla prospettiva. Per il momento, precisa la stampa tedesca, non si sono registrati commenti in proposito da parte del ministero delle Finanze tedesco, ne’ da parte della stessa UniCredit. Il suo ad, Jean-Pierre Mustier, ha sacrificato 14.000 posti di lavoro del suo gruppo per il risanamento aziendale ed ha intrapreso il piu’ grande aumento di capitale mai intrapreso in Italia, 13 miliardi di euro. L’Istituto di Milano vale circa 40 miliardi di euro in Borsa, circa 3 volte piu’ di Commerzbank. In passato anche la Deutsche Bank aveva avviato trattative per l’acquisizione, ma sono durate molto poco. Gli italiani sono in contatto con il Tesoro di Berlino. Il Governo federale e’ ancora proprietario del 15,6 per cento della banca tedesca. Questa non sarebbe la prima acquisizione di UniCredit in Germania. Nel 2005 gli italiani acquisirono la HypoVereinsbank (Hvb) per 15 miliardi in azioni. Da allora la banca si e’ notevolmente ridimensionata, con la cessione di meta’ delle filiali e molti licenziamenti. Una volta era la seconda banca privata del Paese. La sua sfera di interessi e’ principalmente in Baviera e ad Amburgo, ma e’ piu’ redditizia di Commerzbank. Nel secondo trimestre di quest’anno ha guadagnato 945 milioni di euro, il miglior risultato trimestrale in un decennio.
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