l'ordine esecutivo

Trump istituisce gruppo di lavoro sulle criptovalute. Il Governo USA tiene in cassa 21 miliardi di dollari in bitcoin

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Il team sarà guidato dallo "Tsar dell’AI e delle cripto", David Sacks. Ne faranno parte il segretario del Tesoro, il Procuratore generale e il capo della SEC. Obiettivo: sviluppare una strategia federale per la regolamentazione delle criptovalute e delle stablecoin. Prossimo passo una riserva nazionale di asset digitali?

Al via gruppo di lavoro sulle criptovalute

Ieri il Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, intervenendo da remoto al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, ha dichiarato: “Siamo la capitale dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute”.

Ulteriore conferma di quanto la sua amministrazione ormai tenga in massima considerazione il mercato delle criptovalute negli Stati Uniti.

Sempre nella giornata di ieri, secondo Reuters, Trump avrebbe firmato un nuovo ordine esecutivo per l’istituzione di un gruppo di lavoro sulle cripto guidato da David Sacks, già responsabile per la sua amministrazione dell’intelligenza artificiale (AI) e delle criptovalute (anche noto come lo “Tsar dell’AI e delle crypto”).

L’incipit dell’ordinanza chiarisce più o meno le finalità di quest’azione: “Il settore delle risorse digitali svolge un ruolo cruciale nell’innovazione e nello sviluppo economico degli Stati Uniti, nonché nella leadership internazionale della nostra nazione”.

Del team di lavoro faranno parte anche il segretario del Tesoro degli Stati Uniti, il Procuratore generale e il capo della SEC (Securities and Exchange Commission).

Obiettivo: ideare, sviluppare e rendere operativa una strategia federale per la regolamentazione delle criptovalute e delle stablecoin, in uno scenario in cui Washington non guardi più di traverso questo settore, ma cerchi invece di sfruttarlo a proprio vantaggio.

Ovviamente, come sta accedendo dal 20 gennaio a oggi, questo executive order annulla tutte le precedenti decisioni prese dall’amministrazione Biden.

Prossimo passo creare una “riserva nazionale” di asset digitali?

Sull’ipotesi di creare una “riserva nazionale” di asset digitali, quindi di criptovalute (magari di Bitcoin), al momento è confermata dallo stesso gruppo di lavoro l’intenzione di farlo al più presto, ma non nell’immediato. Si procede a piccoli passi su questo, per ora si parla di uno studio di settore.

Secondo una ricerca di Arkham Intelligence, una società di intelligence blockchain, il governo degli Stati Uniti detiene attualmente già 21 miliardi di dollari in criptovalute (quasi tutti bitcoin, in massima parte sequestrati ad attività illegali e depositati presso lo US Marshals Service).

C’è anche una deadline per il team annunciato da Trump: 30 giorni di tempo per redigere il primo Report e per individuare le politiche chiave per promuovere le criptovalute negli Stati Uniti.

Investire in Bitcoin come si investe nell’oro

Seguendo questa strada, tra non molto, gli Stati Uniti potrebbero iniziare ad investire massicciamente in criptovalute, in particolare in bitcoin, come fa oggi nell’oro.

L’idea l’ha lanciata lo stesso Trump in occasione della conferenza Bitcoin 2024 di Nashville, lo scorso luglio, ripresa e sottoscritta poi anche dalla senatrice repubblicana del Wyoming, Cynthia Lummis.

Secondo Trump, detenere bitcoin darebbe agli USA un certo controllo su un asset globale sempre più importante. Per la Lummis, potrebbe persino aiutare il paese a ridurre il suo debito (la senatrice ha anche proposto che il Tesoro degli Stati Uniti acuisti 1 milione di bitcoin, con l’impegno di non venderne per 20 anni).

Texas, Ohio e Pennsylvania hanno già introdotto una legge per istituire riserve statali di criptovalute e presto potrebbe seguirli anche lo Stato dell’Oklahoma.

Criptovalute basate sul dollaro

Un’interessante spunto di riflessione ce lo suggerisce il membro del board della Banca centrale europea, Piero Cipollone, che, partecipando ad una conferenza dell’Institute for law and finance a Francoforte, ha dichiarato: “Il 99% delle criptomonete è denominato in dollari americani e questo dà il senso della situazione in corso. Il problema più grande che abbiamo attualmente è che manca il senso di urgenza nella creazione dell’euro digitale“.

Abbiamo bisogno dell’euro digitale anche perchè le banche ne hanno bisogno per contrastare il processo di disintermediazione che è già in corso ed è pericoloso. E tra le ragioni se ne aggiunge ora un’altra, la volontà della nuova amministrazione americana di accelerare nel rafforzamento della leadership nella tecnologia finanziaria“, ha aggiunto Cipollone.

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