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Trump: “Gli europei dovranno comprare più gas e petrolio dagli Stati Uniti”, o arriveranno i dazi

L’Europa compri più gas e petrolio dagli Stati Uniti, “o risolveremo la cosa con i dazi

Come promesso, appena effettuato il giuramento da 47° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha firmato i primi ordini esecutivi. Molti altri ne arriveranno, certamente, mentre se è vero che anche le parole hanno un peso (oltre a ciò che è scritto su carta), allora bisogna iniziare a prendere molto sul serio quello che il nuovo Presidente americano sta dicendo all’Europa.

Prima di tutto, l’Unione europea deve continuare ad acquistare gas e petrolio dagli Stati Uniti, anzi molto di più di quanto già fatto, altrimenti la scure dei dazi si abbatterà sull’economia, già in difficoltà del vecchio continente.

Trump vuole far cassa e con i soldi europei, non c’è dubbio. Se qualcuno ancora pensava, ingenuamente, che il Presidente americano avrebbe ‘aiutato’ l’Europa, indebolita da due guerre alle sue frontiere e minacciata continuamente dalla crisi energetica, ora è il momento di svegliarsi.

Rivolgendosi ai giornalisti dopo il suo insediamento, Trump ha affermato: “L’unica cosa che possono fare rapidamente gli europei è comprare più petrolio e gas. O si muoveranno così, o risolveremo la cosa con i dazi”.

I dazi a Canada e Messico

E non scherza. Visto che ha annunciato l’imposizione entro il 1° febbraio di nuove tariffe fino al 25% su tutti i prodotti in arrivo da Canada (un membro del G7 vale la pena ricordarlo) e dal Messico, come ritorsione per il flusso di migranti illegali che dalle due frontiere sfonda il confine degli Stati Uniti.

Questo scatenerà una potenziale guerra commerciale dal valore di 1,8 trilioni di dollari, perché va a scombussolare l’Accordo Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA, che ha preso il posto del vecchio Nafta), che regola lo scambio di beni e servizi tra i tre Paesi.

Dal Canada gli USA importano automobili e componenti, ma anche energia. Questo nuovo passo di guerra di Trump contro Toronto potrebbe avere un impatto negativo enorme anche sull’economia interna americana, in particolare l’industria automotive. Il 40% dei veicoli che Stellantis vende nel mercato americano, il 30% di quelli venduti da General Motors e il 25% di quelli venduti da Ford Motor Co. sono imporrati proprio dal Canada.
Quanto dovranno pagare gli americani per acquistare un’automobile e molti altri beni attualmente prodotti in Messico e Canada?

Unione europea o Stati clienti?

Secco, diretto, senza mezzi termini. Trump non la manda a dire agli europei, altro che aiuti, siamo ai ricatti e alle minacce. D’altronde, l’Unione europea è in difficoltà e da Washington se ne sono accorti da tempo.

Lo scontro tra Bruxelles e Mosca sulla guerra in Ucraina è passato anche per la questione energetica. Bisognava sostituire il gas naturale russo e il gas naturale liquefatto (GNL) americano era lì bello e pronto.

L’unico problema, non da poco per noi, è che costava molto di più (anche se l’impatto sulle nostre bollette è stato falsato dall’intervento dei trader europei, che hanno guadagnato enormemente speculando sulle nostre necessità energetiche). Si disvela ora in tutta la sua pericolosità la nostra condizione di Stati clienti (Stati economicamente, politicamente o militarmente subordinati ad un altro Stato più potente, ma non sottoposti direttamente alla sua sovranità).

Serve più Europa per affrontare una situazione del genere e uscire dalle infinite ‘dipendenze’ di cui siamo soggetti, o per la scelta sarà sempre tra un polo e l’altro del mondo.
E basta anche parlare di sovranismo in termini generici o riferito solo alle singole Nazioni, come purtroppo si sente spesso dire anche in Italia. Da soli in questo nuovo scenario globale non si va proprio da nessuna parte (a dirla tutta è assolutamente impensabile).
Sarà in grado l’Unione europea di fare un deciso passo in avanti verso una maggiore integrazione politica, oltre che economica?

Come funziona il mercato “galleggiante” del GNL

Sul momento gli Stati Uniti non possono aumentare la propria capacità di produrre GNL e poiché viene venduto tramite contratti a lungo termine, si tratta di cambiare lo schema delle forniture su scala globale.

Non potendone produrre di più sul breve periodo, gli USA gestiscono le loro riserve stoccate in enormi navi da trasporto in giro per i mari di mezzo mondo, trasformandole all’occorrenza in forniture per chiunque ne abbia bisogno. O come nel nostro caso, debba accettarne la fornitura.

Come accaduto ne 2022, si tratta di reindirizzare la gran parte delle esportazioni dall’Asia e dall’America Latina verso l’Unione europea e la Gran Bretagna.

Drill, baby, drill! Fare “un sacco di soldi” con l’energia

Per aumentare il prima possibile la capacità di offerta di petrolio e gas, Trump vuole tornare a perforare ed estrarre la maggior quantità possibile di combustibili fossili, quindi anche il carbone.

Dichiarando l’emergenza energetica nazionale, il Presidente in carica ha revocato i divieti imposti dall’amministrazione Biden sulle trivellazioni, rilanciando il vecchio slogan “Drill, baby drill!” (utilizzato dall’ex vicegovernatore del Maryland, Michael Steele, in occasione della campagna repubblicana del 2008 a supporto del candidato repubblicano John McCain contro il democratico Barack Obama).

Le trivellazioni quindi riprenderanno alla grande. “Faremo un sacco di soldi dall’energia”, ha dichiarato Trump durante la firma dei primi ordini esecutivi, “ne abbiamo più di chiunque altro”.

In un altro ordine esecutivo formato davanti alla folla entusiasta dei suoi sostenitori, Trump ha sancito nero su bianco l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima. Il che significa che a Washington non interessa più perseguire nessuno degli obiettivi climatici e di decarbonizzazione fin qui sostenuti. Un duro colpo ad ogni transizione ecologica in corso.

Il capo e la folla

La caratteristica fondamentale della folla, protagonista della politica moderna, è il bisogno di un capo. Da ciò ha origine, nell’epoca contemporanea, la personalizzazione della politica e del potere anche nelle democrazie moderne.

Così lo storico Emilio Gentile, in un libro uscito una decina di anni fa (“Il Capo e la Folla”), riprendeva le teorie del grande Gustave Le Bon per spiegare l’attuale tendenza a trasformare la l’idea (ormai ripetitiva, ripetuta e quindi svuotata) del ‘governo del popolo, dal popolo, per il popolo’ in una “democrazia recitativa”, dove “la politica diventa l’arte di governo di un capo”, che in nome del popolo muta i cittadini, sedotti dalla falsa coscienza di un’identità e di un’autonomia del proprio sé, in una folla omogenea, apatica e servile.

Il nuovo Presidente in carica degli Stati Uniti, Donald Trump, ha suonato la carica, “America is Back” si legge a caratteri cubitali sul sito della Casa Bianca, firmato i primi sette ordini esecutivi alla Capital One Arena, davanti ad una folla esaltata di decine di migliaia di suoi sostenitori, tra cui la grazia a tutti i militanti di estrema destra, circa 1.500, che furono arrestati nell’attacco a Capitol Hill (il Parlamento americano) il 6 gennaio 2021, con la revoca di 78 leggi emanate da Joe Biden.

Inizia così la nuova età dell’oro degli Stati Uniti (dopo la Gilded Age di 150 anni fa, tanto che Trump ha più volte ricordato William McKinley nei suoi discorsi, il 25° Presidente degli Stati Uniti, un altro Repubblicano che ha usato i dazi come una clava e che inaugurò anni di espansionismo, annettendo Cuba, Hawaii e Filippine), che ora torneranno grandi, a detta di Trump. In queste affermazioni ci sarà da capire che cosa esattamente tornerà grande e cosa accadrà alla democrazia, per come l’abbiamo conosciuta noi, che forse per troppo tempo abbiamo considerato cristallizzata e imperitura.

C’è già chi parla apertamente di “nuova monarchia americana“, come il sedicente filosofo reazionario  
Curtis Yarvin, che sul New York Times ha parlato apertamente di “morte della democrazia” e dell’affermazione storica dell’illuminismo di destra, una filosofia antidemocratica, anti-egualitaria e reazionaria. Siamo avvertiti.

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