Usa-Gb, il presidente Donald Trump cancella la sua visita a Londra per il timore delle manifestazioni di protesta
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il timore delle manifestazioni di protesta ha convinto il presidente degli Stati Uniti a cancellare definitivamente la visita prevista per il prossimo mese di febbraio in Gran Bretagna in occasione dell’inaugurazione ufficiale della nuova ambasciata Usa a Londra: lo afferma il quotidiano laborista britannico “The Guardian”, secondo cui a presenziare alla cerimonia sara’ invece il segretario di Stato Rex Tillerson. La rinuncia sembra essere confermata dallo stesso Trump, che in un tweet pubblicato stamattina 12 gennaio ha scritto di non volersi limitare a tagliare un nastro, sottolineando fra l’altro che il trasferimento della sede dell’ambasciata Usa di Londra fu una “cattiva idea” dell’amministrazione Obama. Secondo il “Guardian” in realta’ il passo indietro della Casa Bianca e’ legata al peggioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Gran Bretagna registrato negli ultimi sei mesi, a causa delle polemiche e dei dissensi su materie come la lotta al terrorismo, l’immigrazione e, non da ultimo, il ruolo dei servizi segreti britannici nell’inchiesta sul “Russia-gate”; tutti questi motivi hanno spinto la premier britannica Theresa May a restringere sempre piu’ l’iniziale agenda prevista per il viaggio di Trump, fino a renderla una semplice “visita di lavoro” che, tra l’altro, avrebbe incluso solo un incontro informale con la Regina Elisabetta II, aldifuori del consueto protocollo degli incontri con i capi di Stato stranieri. Il ministero degli Esteri britannico ieri sera giovedi’ 11 gennaio ha rifiutato di commentare la notizia della cancellazione della visita di Trump, limitandosi a dire che “l’invito rimane valido” e che “una data precisa deve ancora essere stabilita”.
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Argentina, governo vara maxi decreto su competitivita’ in vista di candidatura a Ocse
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il governo argentino del presidente Mauricio Macri ha emanato oggi un decreto contenente oltre 170 disposizioni volte a snellire il funzionamento della burocrazia statale in vista degli “esami di ingresso” all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse) che Buenos Aires iniziera’ a sostenere ad aprile presso le commissioni di Politica regolatoria e della Concorrenza dell’Ocse. Quello che e’ stato definito dalla stampa locale come un “mega-decreto”, interviene infatti in modo deciso nell’ambito normativo di diverse aree dell’amministrazione statale in linea con il “Piano di semplificazione” presentato dal ministro della Produzione, Francisco Cabrera, lo scorso novembre. “Cerchiamo di ridurre la quantita’ di pratiche necessarie per le imprese che operano nel nostro mercato” ha affermato ieri Cabrera nella conferenza stampa di presentazione del decreto. Il ministro Cabrera e’ il funzionario incaricato dal presidente Mauricio Macri di portare avanti il piano destinato a migliorare radicalmente la competitivita’ del sistema paese e si avvale del supporto tecnico del sottosegretario alla Semplificazione produttiva, Pedro Inchauspe, a capo di quella che viene denominata all’interno dell’esecutivo come la “Polizia della competitivita’”, alla quale e’ stata assegnata la facolta’ di veto su qualsiasi normativa che riguarda il settore produttivo. Sotto gli ordini del sottosegretario alla semplificazione, i ministeri della Produzione, della Modernizzazione, del Lavoro, delle Finanze, del Trasporto, della Cultura, dell’Agricoltura e dell’Energia hanno compiuto una revisione completa delle rispettive normative a caccia di inutili complicazioni burocratiche. Nelle previsioni del governo, il lavoro di coordinamento di Cabrera ed Inchauspe dovrebbe fruttare adesso al settore privato un risparmio nell’ordine un punto percentuale del Pil grazie solo alla semplificazione normativa. Alcune delle leggi annullate dal decreto risalivano a oltre cento anni e continuavano ad essere vigenti. “Tutto questo riduce i costi improduttivi dell’economia aumentando l’efficienza anche in termini di risparmio di tempo” ha affermato Cabrera, che ha poi affermato che il decreto “e’ in linea con le condizioni necessarie per l’ingresso nell’Ocse”. In questo senso il governo di Mauricio Macri vuole approfittare del contesto favorevole offerto dal fatto di ricoprire presidenza provvisoria del G20 per iniziare al piu’ presto le conversazioni per l’ingresso nell’organismo che riunisce le maggiori potenze economiche. Il rappresentante argentino presso l’Ocse, Marcelo Scaglione, ha affermato di aver studiato i meccanismi di adesione di paesi come Cile, Messico, Colombia, Australia e Corea del Sud, arrivando alla conclusione che era possibile “iniziare a lavorare sul processo di accesso adottando politiche in linea con quelle dei paesi sviluppati prima ancora di essere considerati come candidati”. Secondo Scaglione la strategia ha gia’ dato i suoi frutto dato che attualmente l’Argentina, “dei sei candidati e’ l’unica che gode dell’appoggio unanime dei 35 membri dell’organismo”.
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Usa, il presidente Trump allarma i parlamentari usando termini dispregiativi per i cittadini di Haiti e gli africani
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il presidente Donald Trump ha rifiutato un accordo bipartisan sull’immigrazione che preveda protezioni per i cittadini di Haiti e dei paesi africani chiedendo perche’ avrebbe dovuto accettare immigrati provenienti da “paesi merdosi”, piuttosto che gente che venga da posti come la Norvegia. Lo riferisce il quotidiano “New York Times”, precisando che l’epiteto, pronunciato durante una riunione alla Casa Bianca, ha allarmato e perplesso i parlamentari che hanno assistito. Mentre si discuteva dell’estensione della protezione per i “Dreamers” dalle espulsioni, (i figli degli immigrati illegali arrivati negli Stati Uniti quando erano piccoli) e Trump ha saputo che tra questi rientrano anche i cittadini di Haiti ha commentato “perche’ vogliamo gente di Haiti qui?”. L’episodio odierno richiama quanto gia’ affermato dal capo della Casa Bianca lo scorso anno quando, sempre sul fronte immigrazione, aveva sostenuto che gli haitiani “hanno l’Aids”, cosi’ come i nigeriani che poi non sarebbero mai tornati nelle loro “capanne”.
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Crisi catalana, Forn e Sanchez voltano le spalle a Puigdemont
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Joaquim Forn e Jordi Sanchez, insieme a Jordi Cuixart hanno compiuto l’ultimo sforzo per convincere il magistrato Pablo Llarena sull’inchiesta in corso in relazione al referendum indipendentista catalano dello scorso 1° ottobre. I quotidiani spagnoli “El Pais” ed “El Mundo” hanno riferito ieri che l’ex ministro dell’Interno e i responsabili di Anc e Omnium si sono appoggiati all’affermazione di Oriol Junqueras, ex vice presidente della Generalitat catalana, che la settimana scorsa e’ comparso davanti alla Corte suprema spagnola per chiedere la propria scarcerazione. Forn e Sanchez hanno persino dichiarato di rinunciare al proprio seggio nel futuro parlamento catalano se i rispettivi partiti, Junts per Catalunya e Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc), dovessero decidere di non rinunciare al percorso unilaterale di indipendenza dallo governo spagnolo. I due deputati voltano cosi’ ufficialmente le spalle a Carles Puigdemont, leader di Junts per Catalunya e alla sfida separatista unilaterale iniziata con il referendum pur di uscire dal carcere. L’Ufficio del Procuratore ha annunciato di non escludere, alla luce delle nuove dichiarazioni, la possibilita’ di cambiare il criterio adottato finora, quello della detenzione preventiva per possibile reiterazione del reato di sedizione.
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Gran Bretagna, ipotesi di fusione tra i Royal Marines ed i paracadutisti
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – I capi militari della Gran Bretagna hanno messo a punto progetti di tagli al bilancio che prevedono la riduzione di 14 mila effettivi delle Forze armate e comporterebbero, per risparmiare soldi, la forzata fusione di unita’ di elite come i Royal Marines ed i paracadutisti: lo rivela oggi venerdi’ 12 gennaio il quotidiano tradizionalista “The Times”, anticipando i tre pacchetti di proposte che oggi saranno sottoposti al neo ministro della Difesa Gavin Williamson. Nove navi militari, tra cui sette fregate di Tipo 23, rischiano di essere messe a riposo definitivamente come pure un centinaio di elicotteri con la sostanziale contrazione della flotta di velivoli da combattimento Apache; i tagli proposti inoltre porterebbero l’Esercito a circa 70 mila effettivi, riportandolo alle dimensioni precedenti alle Guerre napoleoniche, con un passo indietro di oltre 200 anni; infine anche le attuali tre Brigate di Commandos di cui fanno parte i Royal Marines e le 16 Brigate di assalto aereo dei paracadutisti sarebbero notevolmente ridotte e costrette ad operare come unita’ combinate, cosa che secondo gli esperti militari ne ridurrebbe considerevolmente le capacita’ di combattere e di portare avanti operazioni di lunga durata. Si tratta di tagli cosi’ dolorosi che l’ex capo di stato maggiore, generale Sir Richard Barrons, ha commentato dicendo che la Gran Bretagna “diventerebbe come un Belgio con armi nucleari”. I risparmi imposti alle Forze armate sono parte della piu’ ampia revisione della spesa per la sicurezza della Gran Bretagna che i vari ministeri stanno esaminando a causa delle ristrettezze di bilancio: il ministero della Difesa quest’anno deve far fronte a meno fondi per 500 milioni di sterline (circa 560 milioni di euro, ndr), per 2 miliardi l’anno prossimo (circa 2,25 miliardi di euro, ndr) e in totale per il prossimo decennio di almeno 20 miliardi (circa 22,5 miliardi di euro, ndr). Il ministero avrebbe dovuto decidere quali risparmi effettuare il 19 novembre scorso; ma il ministro Williamson ha assunto l’incarico solo il 2 novembre, per sostituire il predecessore Michael Fallon dimessosi per accuse di molestie sessuali, ed ha preso tempo nel tentativo di convincere il cancelliere allo Scacchiere Philip Hammond e la premier Theresa May della necessita’ di aumentare le dotazioni delle Forze armate per consentire alla Gran Bretagna di far fronte alle sfide ed alle minacce internazionali del nostro tempo. Ma ormai e’ arrivato il tempo delle decisioni, per quanto difficili possano essere: lo ha confermato ieri il sottosegretario Tobias Ellwood in un dibattito alla Camera dei Comuni dedicato alle questioni della Difesa.
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Francia-Italia, il presidente Macron a Roma per sottolineare l’intesa con Gentiloni
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il presidente francese Emmanuel Macron ha incontrato ieri a Roma il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ne parla la stampa francese. “A Roma Macron ha tessuto un elogio di Gentiloni a meno di due mesi dalle elezioni italiane” scrive “Le Monde”, ricordando che Parigi e Roma devono concludere il Trattato del Quirinale che punta ad intensificare la cooperazione in materia di migranti. Nel corso della conferenza stampa il presidente francese ha parlato di una “relazione particolare” tra i due paesi. “Voglio sottolineare il piacere che ho avuto nel lavorare in questi ultimi mesi al fianco di Paolo Gentiloni” ha poi detto in chiusura. Secondo il quotidiano si e’ trattato “un messaggio di sostegno” in un momento in cui la destra e il Movimento 5 stelle stanno guadagnando terreno nei sondaggi. “Les Echos” amplia il discorso affermando che nella capitale italiana Macron ha ribadito la “sua vicinanza con il sud dell’Europa, facendo riferimento all’intervento che il capo di stato francese ha fatto giovedi’ al summit Med 7, che comprende sette paesi europei del Mediterraneo (Francia, Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Malta e Cipro). Un appuntamento che, secondo il giornale economico, si posiziona contro le politiche migratorie del gruppo di Visegrad, formato da Polonia, Ungheria, repubblica Ceca e Slovacchia.
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Migrazioni, ministro turco Cavusoglu: l’Unione europea sta violando gli accordi
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il governo turco vuole migliorare fondamentalmente le relazioni con l’Europa e gli Stati Uniti nel corso del 2018, ma mantiene le sue critiche nei confronti dei suoi partner. “Il 2018 sara’ un buon anno per tutti noi”, ha detto il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ai giornalisti tedeschi ad Antalya. Il Ministro ha criticato il fatto che la Ue non abbia rispettato il trattato sui rifugiati del 2016, e che gli Stati Uniti continuino a sostenere le milizie curde Ypg nel Nord della Siria, oltre a non consegnare alla Turchia il predicatore Fethullah Guelen, accusato di aver orchestrato il golpe fallito del 2016. Cavusoglu ha elogiato il riavvicinamento tra Germania e Turchia durante il suo recente incontro a Goslar con il ministro degli Esteri tedesco, il socialdemocratico Sigmar Gabriel (Spd). Ha inoltre auspicato un incontro tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e il cancelliere tedesco Angela Merkel. Parlando del caso del giornalista tedesco detenuto nelle carceri turche, Deniz Yuecel, Cavusoglu ha dichiarato: “Questo non e’ un caso politico, ma puramente legale. Per superare il problema non e’ possibile intervenire politicamente in campo giudiziale”. Tuttavia il ministro si e’ detto disponibile ad intercedere presso il ministro della Giustizia per un rapido svolgimento del caso. Cavusoglu ha stabilito una connessione tra il caso Yuecel e 2.000 turchi imprigionati in Germania. “La Germania sta causando tanti problemi a causa di una persona. Cosa dovremmo dire dei 2.000 cittadini turchi detenuti in Germania? Ho mai detto che sono prigionieri politici o ostaggi? No”. Cavusoglu e’ fiducioso sulla normalizzazione delle relazioni con la Germania, che si riflette anche nell’aumento degli investimenti e del numero di turisti. L’economia della Turchia e’ in espansione e il ministro ha respinto l’idea che le pressioni economiche abbiano spinto la Turchia a essere piu’ conciliante. Il politico turco ha inoltre criticato la Ue per il ritardo dei pagamenti degli aiuti promessi dall’accordo sui rifugiati siriani del marzo 2016, che in cambio di una stretta al flusso di migranti attraverso l’Egeo impegnava l’Ue ad accelerare l’ammissione dei richiedenti asilo siriani dalla Turchia e un aiuto finanziario di 6 miliardi di euro entro la fine del 2018. Anche se il denaro e’ pronto a Bruxelles, finora sono stati erogati solo 900 milioni di euro. “Il denaro che sonnecchia a Bruxelles, non aiuta a migliorare le condizioni di vita dei siriani”, ha detto il ministro turco.
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Compagnie aeree europee, Lufthansa riluttante all’acquisto di Alitalia
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Lufthansa, in trattativa per l’acquisizione di una grossa parte della compagnia italiana Alitalia, frena. “Alitalia dovrebbe essere completamente ristrutturata prima di un acquisto da parte di Lufthansa”, ha scritto l’amministratore delegato Carsten Spohr in una lettera al ministro dell’Industria italiana Carlo Calenda lo scorso giovedi’. La compagnia aerea deve essere piu’ piccola e piu’ focalizzata sia in termini di personale che di forza della flotta. La ristrutturazione potrebbe richiedere circa un anno e mezzo, secondo gli esperti del settore. All’inizio di dicembre, il ministro dei Trasporti italiano aveva annunciato che avrebbe dato alla compagnia un nuovo proprietario prima delle elezioni parlamentari del 4 marzo.Sono interessati alla compagnia italiana anche la compagnia aerea low cost britannica Easyjet e l’investitore finanziario Cerberus. Lufthansa non e’ interessata ai servizi di terra e sarebbe disponibile a ricevere solo una meta’ degli attuali dipendenti. Nella lettera, Spohr offre consulenza ai commissari che attualmente gestiscono la compagnia aerea per conto dello Stato. “Come discusso in precedenza, tuttavia, Lufthansa non e’ in grado di svolgere un ruolo da protagonista in questa fase”, e’ precisato. Anche gli esperti del settore considerano un rischio acquisire l’Alitalia nel suo stato attuale. Con il forte ruolo dei sindacati e l’influenza della politica, l’azienda non puo’ dirsi riabilitata, ha detto l’esperto di aviazione Gerd Pontius della societa’ di consulenza di Amburgo Prologis. “Alitalia ha cosi’ tante cose in sospeso e allo stesso tempo poco spazio per la necessaria trasformazione radicale, che il rischio legato a un’acquisizione e’ difficilmente calcolabile”, ha affermato. Alitalia e’ fallita nella primavera del 2017 dopo che i dipendenti si sono opposti a un piano di salvataggio negoziato da sindacati e dirigenti. Da allora il governo di Roma ha sostenuto l’azienda con un prestito ponte di 900 milioni di euro.
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Francia, il ministero dell’Economia convoca i dirigenti Lactalis sul latte in polvere contaminato
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il ministro dell’Economia, Bruno le Maire, ha convocato per oggi i dirigenti di Lactalis, azienda responsabile di aver immesso sul mercato del latte in polvere contaminato. Lo riferiscono i quotidiani francesi, sottolineando la “collera” del titolare di Bercy nei confronti della societa’ e delle catene di distribuzione. Lo scandalo e’ scoppiato proprio durate la visita del presidente francese Emmanuel Macron in Cina, durante la quale e’ stata evocata anche “la questione della sicurezza del latte francese. “Se delle sanzioni devono essere prese, saranno prese” ha detto il presidente Macron durante la sua visita a Roma. La direzione generale del consumo, della concorrenza e della repressione delle frodi ha lanciato controlli a tappeto in 2.500 negozi per assicurarsi del ritiro del prodotto, ma nel rapporto presentato l’11 novembre si legge che 91 punti vendita ancora avevano sugli scaffali il latte in polvere Lactalis. Le Maire ha annunciato che la prossima settimana saranno effettuati altri 2.500 controlli. Intanto, cominciano ad arrivare i primi effetti di questo affaire. Lactalis, che realizza un fatturato annuo di piu’ di 20 miliardi di euro, ha l’azienda di Craon bloccata dall’8 dicembre con 250 dipendenti in “disoccupazione parziale”.
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“Financial Times”, in Italia la “flat tax” sembra una mossa audace, ma potrebbe contribuire a riformare il sistema fiscale
12 gen 11:00 – (Agenzia Nova) – Il “Financial Times” ha pubblicato oggi, nello spazio “Lettere al direttore”, un ampio intervento dei professori Nicola Rossi e Alberto Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni di Milano, a commento dell’articolo del corrispondente da Roma James Politi apparso ieri sul quotidiano economico britannico intitolato “Berlusconi woos Italian voters with flat tax plan” (“Berlusconi corteggia gli elettori italiani con la promessa di una flat tax”, ndr). Nella loro lettera i due economisti italiani confermano la bonta’ della loro proposta di applicare un’aliquota unica del 25 per cento a gran parte delle diverse tasse in vigore in Italia, non soltanto per l’imposta sui redditi: ammettono che questo provocherebbe una perdita di gettito per le casse pubbliche; ma al contempo sono convinti che serverebbe a costringere il paese a tagliare le spese statali superflue consentite da una eccessiva tassazione, a trasformare profondamente il welfare e a riequilibrarlo a favore di quanti vivono al di sotto del livello di poverta’ istituendo un sistema universale di sussidi. Secondo Nicola Rossi e Alberto Mingardi, la “flat tax” non e’ affatto un coniglio estratto dal cilindro da qualche politico-prestigiatore, bensi’ una proposta basata sulle idee di premi Nobel per l’Economia come Milton Friedman e Sir Tony Atkinson: puo’ sembrare troppo audace per un paese come l’Italia, ma di fronte alla complessita’ del sistema fiscale nazionale, un radicale semplificazione ha piu’ probabilita’ di successo di un programma graduale di riforme di un sistema di tasse che va assolutamente cambiato. L’Istituto Bruno Leoni ha calcolato che una “flat tax” al 25 per cento ridurrebbe del 4 per cento la pressione fiscale complessiva, portandola vicina alla media europea: cio’ comporterebbe per il Fisco mancati introiti per 27 miliardi di euro all’anno, ma questa cifra corrisponde a quanto negli anni scorsi gli studi sulla “spending review” hanno proposto di tagliare nella giungla della spesa pubblica. “E’ una questione di volonta’ politica e non di carattere tecnico” affermano i due economisti: “E se una tale volonta’ non ci fosse”, concludono, “la classe politica italiana meriterebbe di essere bollata nel suo complesso non come irresponsabile ma come incapace e incompetente”.
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