Key4biz

Tratta dei migranti in Libia, Tensioni su Gibilterra, Russiagate, Trump, Germania

finestra sul mondo

Libia, le tribu’ del Sud firmano a Roma un accordo di pace

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Le tribu’ del Sud della Libia hanno firmato a Roma un accordo di pace che in particolare prevede il controllo dei 5 mila chilometri di confini meridionali del paese attraverso cui operano i trafficanti di migranti: lo scrive il quotidiano popolare francese “Le Parisien” riportando informazioni fornite all’agenzia di stampa “France Presse” (Afp) dal ministero dell’Interno italiano. L’accordo in dodici punti, raggiunto al termine di una maratona negoziale di 72 ore ospitata dal ministero romano, prevede la costituzione di “una guardia di frontiera libica”, come ha precisato il ministro dell’Interno italiano Marco Minniti, secondo cui “mettere in sicurezza la frontiera sud della Libia significa mettere in sicurezza la frontiera meridionale dell’Europa”. Il nuovo corpo di guardie di frontiera libiche, la cui composizione tuttavia non e’ ancora definita, completera’ l’azione della Guardia costiera che si sta creando a Nord per il controllo delle coste della Libia: 90 guardacoste libici stanno attualmente completando il proprio addestramento sotto l’egida dell’Unione Europea e dovrebbero essere operativi alla fine di questo mese di aprile o agli inizi del prossimo mese di maggio. L’Italia contribuira’ fra l’altro fornendo le 10 motovedette sequestrate nel 2011, che la Libia aveva ordinato a cantieri navali italiani prima della caduta del regime di Muammar Gheddafi. A Roma i negoziati hanno visto la partecipazione di una sessantina di capi-clan, in particolare quelli dell’etnia Tubu, della tribu’ araba degli Awlad Suleiman e dei Tuareg; era presente anche un rappresentante del governo libico di unione nazionale basato a Tripoli. Dal 2011 il Sud della Libia e’ teatro di una lotta fratricida tra i Tubu e diverse tribu’ arabe per il controllo delle rotte transfrontaliere attraverso cui transitano merci e bestiame, ma anche migranti, sigarette, droghe ed armi; si tratta di una vastissima area desertica che confina con l’Algeria, il Niger ed il Ciad e che sfugge all’autorita’ di Tripoli anche se la maggior parte dei leader politici e militari locali hanno dichiarato fedelta’ al governo di unione nazionale di Fayez al Sarraj. Il documento finale dell’incontro di Roma, svoltosi grazie alla mediazione italiana, afferma di voler combattere “una economia basata sui traffici illeciti che provoca centinaia di morti nel Mediterraneo, spinge migliaia di disperati alla ricerca di una vita migliore ed alimenta le spinte populiste in Europa e la minaccia jihadiste nel deserto”. L’accordo inoltre sancisce l’impegno a mettere in pera al piu’ presto delle opportunita’ di formazione professionale per i giovani libici allo scopo di “allontanarli dal loro unico mezzo di sussistenza, la criminalita’”.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Regno Unito, le tensioni su Gibilterra scatenano parole bellicose

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, andrebbe alla guerra contro la Spagna per difendere Gibilterra. Lo ha detto un ex leader del Partito conservatore, Michael Howard, un’ipotesi in evidenza sul “Financial Times”, nel contesto della crescente tensione tra i due paesi sulla Rocca. A pochi giorni dall’avvio dell’iter di uscita dall’Unione Europea, all’insegna dello spirito “costruttivo, rispettoso e di sincera cooperazione”, i Tory si sono scagliati contro il tentativo di Madrid di utilizzare i negoziati sulla Brexit per estendere la sua influenza sul territorio britannico d’Oltremare. Dalla penisola iberica e’ arrivato anche un altro colpo per Londra, per voce del ministro degli Esteri, Alfonso Dastis: nonostante le preoccupazioni per il separatismo catalano, il governo spagnolo non e’ intenzionato a porre il veto all’eventuale richiesta di adesione all’Ue da parte di una Scozia indipendente. In un’intervista televisiva Howard ha rievocato la decisione della prima ministra Margaret Thatcher di inviare truppe nelle Isole Falkland, nel 1982, “contro un altro paese ispanofono”, l’Argentina, e si e’ detto “assolutamente certo” che May farebbe la stessa scelta per difendere Gibilterra. Sulla stessa linea il segretario alla Difesa, Michael Fallon, convinto che la Gran Bretagna andrebbe “fino in fondo” per salvaguardare il territorio che possiede da tre secoli. Dall’opposizione il leader liberaldemocratico, Tim Farron, ha definito “incredibile” il fatto che a meno di una settimana dall’invocazione dell’articolo 50 si discuta di potenziali conflitti con i vicini europei. Il segretario per l’Uscita dall’Ue, David Davis, si prepara per una visita a Madrid. A irritare Londra e’ stata una frase contenuta nella bozza delle linee guida negoziali europee: si afferma che nessun accordo sui futuri commerci puo’ applicarsi al territorio senza un’intesa tra Spagna e Regno Unito. Cio’ e’ “inaccettabile” per il primo ministro di Gibilterra, Fabian Picardo, al quale May ha assicurato “sostegno costante”. Gibilterra fu ceduta alla Gran Bretagna col Trattato di Utrecht del 1713; nel referendum del 2002 solo 187 voti su 180 mila furono espressi a favore di una sovranita’ condivisa con la Spagna; nella consultazione referendaria dell’anno scorso sull’Ue, il 97 per cento degli elettori ha votato per l’appartenenza.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Spagna, le relazioni pericolose dell’ex senatore russo amico di Trump e Putin

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Per almeno due anni una unita’ speciale della Guardia civil spagnola ha registrato conversazioni tra Alexander Porfirievich Torshin, ex senatore russo “vicino a Vladimir Putin e Donald Trump”, e il suo uomo di fiducia in Spagna, Alexander Romanov. Una relazione particolarmente pericolosa, scrive il quotidiano spagnolo “El Pais” nell’ultimo articolo di una inchiesta che conduce da alcuni giorni. Sfogliando il rapporto stilato dagli inquirenti, Torshin “sembra ‘coinvolto’ nei torbidi affari alberghieri di Romanov”. Quest’ultimo e’ stato condannato a quattro anni di prigione per riciclaggio di denaro sporco e alla restituzione allo Stato dell’hotel Mar i Pins di Maiorca, struttura nella quale ha investito 15 milioni di euro raggranellati dalla Taganskaya, organizzazione criminale “che dagli anni novanta effettua ricatti, estorsioni e omicidi su commissione”. Torshin e Romanov si conoscono dalla meta’ degli anni novanta, quando entrambi lavoravano alla Banca centrale russa. Il tenore delle conversazioni, alcune delle quali effettuate dall’interno dell’ufficio del senatore, rafforza negli investigatori la convinzione che Torshin sia il vero proprietario dei soldi investiti in Spagna per cancellare le tracce del malaffare con cui si ritiene siano stati accumulati. “Il capo ha disposto l’acquisto di un hotel perche’ ha due figlie e vuole che una di loro lo erediti”, si legge in una delle decine di trascrizioni fatte dalla Guardia Civil in ascolto delle telefonate. Nell’estate del 2013 Torshin sarebbe dovuto sbarcare a Maiorca in compagnia di diversi personaggi osservati speciali dalle procure spagnole. Le autorita’ erano pronte a far scattare le manette “e un procuratore rimase apposta di guardia perche’ i suoi colleghi erano in vacanza”, ricostruisce una fonte della magistratura. Quando l’aereo e’ atterrato senza Torshin a bordo la “frustrazione e’ stata totale” e il dubbio di una soffiata si e’ subito insinuato. “Da allora il tono dei messaggi telefonici e’ radicalmente cambiato. Sapeva che eravamo sulle sue tracce”, riferisce la stessa fonte.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Usa, Trump avrebbe “istigato all’odio” durante la campagna elettorale chiedendo l’allontanamento dei contestatori

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Un giudice federale del Kentucky ha accolto le istanze presentate da tre contestatori che lo scorso anno avevano interrotto comizi dell’allora candidato alla presidenza Usa, Donald Trump. Durante la campagna elettorale dello scorso anno, i comizi di Trump erano divenuti bersaglio costante di proteste da parte di attivisti democratici, anche violente. In diverse occasioni, il candidato repubblicano aveva esortato a gran voce i responsabili della sicurezza ad allontanare i disturbatori: abbastanza, secondo il giudice distrettuale David J. Hale, per contestare al presidente il reato di incitazione all’odio. I tre contestatori che hanno intentato causa al presidente – Kashiya Nwanguma, Molly Shah and Henry Brousseau – lamentano di essere stati allontanati con la forza dal comizio di Trump a Louisville, lo scorso marzo 2016. In quell’occasione, Trump aveva tuonato dal palco: “Portateli fuori di qui!”, suscitando un’ovazione da parte dei suoi sostenitori. Secondo il giudice, tanto basta per ritenere che lo stesso Trump sia responsabile delle contestazioni – e talvolta delle vere e proprie violenze – subite dai suoi sostenitori. “E’ plausibile che l’incitazione di Trump a ‘portarli fuori di qui’ abbia promosso il ricorso alla forza” sostiene il giudice in un memorandum. La corte, insomma, ha sposato in pieno la posizione dei manifestanti anti-Trump, affermando che questi abbia “incoraggiato almeno implicitamente l’uso della violenza o di condotte illegali”.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Usa, tre senatori democratici pronti ad appoggiare la nomina di Gorsuch

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Il voto di conferma del senatore Neil Gorsuch, nominato giudice della Corte Suprema Usa dal presidente Donald Trump, rappresenta una sfida insidiosa per i senatori democratici che fronteggeranno la sfida della rielezione nel 2018, in circoscrizioni che lo scorso novembre hanno votato a larga maggioranza per il repubblicano Donald Trump. Nonostante la decisione del leader della minoranza al senato, Chuck Shumer, di annunciare l’ostruzionismo contro la nomina del giudice, che pure gode da anni di un apprezzamento bipartisan, alcuni senatori democratici hanno gia’ annunciato che voteranno in favore di Gorsuch; questi ha bisogno del sostegno di almeno otto senatori democratici, dal momento che la maggioranza repubblicana conta soltanto 52 senatori, e l’ostruzionismo, codificato dai regolamenti del Senato, costringera’ ad un voto a maggioranza qualificata di 60 senatori. Schumer, intervistato ieri dall’emittente Nbc, si e’ detto convinto che Gorsuch non otterra’ i 60 voti necessari alla conferma della nomina; il presidente repubblicano del Senato, Mitch McConnel, e’ pronto pero’ alla cosiddetta “opzione nucleare”: una modifica unilaterale dei regolamenti per forzare un voto a maggioranza semplice. I Democratici ricorsero a una pratica simile prima delle elezioni di medio termine del 2014, ma cio’ non e’ mai accaduto in relazione alla nomina di un giudice della Corte Suprema. circa 35 senatori democratici hanno gia’ chiarito che voteranno contro la nomina. Tre senatori della minoranza – Joe Donnelly dell’Indiana, Joe Manchin del West Virginia e Heidi Heitkamp del North Dakota – hanno invece annunciato il loro sostegno alla nomina: tutti e tre provengono da Stati che Trump ha conquistato a larga maggioranza alle scorse elezioni presidenziali. Resta un’incognita il voto di una manciata di democratici che si giocheranno la rielezione in Stati “ostili” alle prossime elezioni di medio termine: tra questi, Claire McCaskill, del Missouri.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Regno Unito, i nuovi passaporti potrebbero scontentare i “patrioti”

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Il nuovo passaporto britannico, riferisce il quotidiano “The Times” potrebbe essere realizzato da un’azienda comunitaria secondo le regole sulla concorrenza dell’Unione Europea. Gli antieuropeisti hanno colto al balzo l’occasione della riprogettazione del documento per scagliarsi contro l’odiata copertina bordo’ e chiedere il ritorno di quella blu. Per alcuni esponenti Tory, come Andrew Rosindell, sarebbe addirittura “umiliante” per i viaggiatori britannici che stanno riscoprendo il loro orgoglio nazionale viaggiare con un passaporto prodotto da un’impresa europea nel colore previsto da Bruxelles. L’appalto ha un costo stimato in 490 milioni di sterline; dovrebbero essere prodotti circa sette milioni di nuovi documenti. Il bando e’ gia’ stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea a ottobre. La realizzazione del prodotto implica, oltre alla produzione vera e propria, una serie di servizi, dal design alla consegna. Non si fa menzione del colore. L’aggiornamento e’ previsto nell’ambito della revisione quinquennale delle funzioni di sicurezza. Il nuovo modello dovrebbe essere introdotto nel 2019, dopo l’uscita del paese dall’Ue.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Francia, autorizzato il passamontagna per i poliziotti ma solo “in via eccezionale”

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – La Direzione della polizia nazionale francese (Dgpn) nei giorni scorsi ha diffuso una circolare sull’uso del passamontagna da parte degli agenti in occasioni diverse dalle operazioni anti-terrorismo, che il popolare quotidiano “Le Parisien” pubblica oggi lunedi’ 3 aprile: si tratta di una questione che ormai da mesi agita le forze dell’ordine francesi, con gli agenti sul terreno che reclamano la possibilita’ di mascherare la propria identita’ per motivi di sicurezza; i vertici finora si sono opposti ad un uso indiscriminato dei passamontagna, temendo che esso nuoccia ai rapporti tra le forze dell’ordine e la popolazione civile, particolarmente importanti in un momento in cui il contrasto alla minaccia terroristica richiede collaborazione tra autorita’ ed opinione pubblica. Ora pero’ la Dgpn sembra aver fatto una parziale marcia indietro: ha ordinato 80 mila passamontagna di colore nero per circa 66 mila agenti e contestualmente ne ha specificatole regole di utilizzo. La circolare sottolinea che questo indumento deve essere utilizzato solo “in via eccezionale”, nel corso di determinate missioni che vengono puntigliosamente elencate: operazioni contro il terrorismo e l’estremismo islamico, interventi di contrasto alla grande criminalita’, scorta a detenuti “sensibili” o assistenza a particolari servizi specializzati. La regola generale resta quella del volto scoperto degli agenti di polizia, particolarmente raccomandata in caso di interventi per questioni familiari o nel corso di perquisizioni in abitazioni dove siano presenti dei bambini; e ad ogni modo, quando gli agenti utilizzano il passamontagna il loro numero di matricola deve essere ben visibile sulla divisa.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Germania, il bilancio della difesa non e’ solo una questione di denaro

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Secondo il commissario per la Difesa del Bundestag, Hans-Peter Bartels, destinare l’1,5 per cento del prodotto interno lordo alla Difesa basterebbe a soddisfare tutte le esigenze delle Forze armate tedesche. Il parlamentare, come molti altri esponenti politici a Berlino, ritiene eccessivo conseguire l’obiettivo del due per cento del pil entro il 2024, come previsto in sede Nato, che si tradurrebbe in una spesa aggiuntiva di 25 miliardi di euro oltre agli attuali 37. Un simile aumento del bilancio, ritiene Bartels, costringerebbe a reintrodurre la leva obbligatoria e ad accelerare le procedure d’acquisto di nuovi carri armati, aerei da trasporto e navi da guerra. La pressione esercitata dall’amministrazione del presidente Usa, Donald Trump, sugli alleati della Nato, non e’ nuova: gia’ il suo predecessore, Barack Obama, aveva avanzato la stessa richiesta. Il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, e’ scettico quanto Bartels in merito ad un aumento cosi’ consistente del bilancio della Difesa. Il cancelliere Angela Merkel non puo’ assumere impegni precisi, in attesa delle elezioni politiche del prossimo settembre. L’Spd, cosi’ come i Verdi e la Linke, sono invece nettamente contrari. E voci contrarie si levano anche all’interno dell’Unione: un aumento eccessivo dle bilancio della Difesa sottrarrebbe risorse a infrastrutture, ricerca e spesa sociale. Sembra abbastanza improbabile che i due terzi del Bundestag si impegnino formalmente a conseguire l’impegno. Indipendentemente dagli impegni assunti da Merkel con Trump, scrive il quotidiano tedesco “Handelsblatt”, e’ nell’interesse della Germania essere pienamente operativi in tempi cosi’ incerti. Tanto per iniziare, occorrerebbe impiegare le risorse gia’ disponibili in modo piu’ efficace, e rafforzare l’impegno operativo con la Nato.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Germania, favorevoli e contrari a nuove leggi sull’Islam

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Diversi esponenti politici della Cdu tedesca chiedendo che l’Unione di centrodestra includa una legge sull’Islam nel suo programma di governo. La leader di partito Julia Kloeckner ha dichiarato alla “Bild am Sonntag”: “Una legge sull’Islam e’ possibile. Serve una legge che regoli giuridicamente i diritti e le responsabilita’ dei musulmani in Germania”. Secondo Kloeckner, occorre definire lo status giuridico delle organizzazioni musulmane e delle associazioni che fanno riferimento alle moschee, e prevedere espressamente un divieto di finanziamento dall’estero; andrebbe inoltre regolata l’attivita’ dei predicatori musulmani nelle carceri, negli ospedali e nelle case di cura, nonche’ il diritto di sepoltura, ed approntato un registro delle moschee. “E’ importante sapere quante ce ne sono, dove sono e da chi sono finanziate”, ha dichiarato la parlamentare. Il progetto e’ sostenuto anche dal presidente delle associazioni dell’Unione Carsten Linnemann: “Le idee radicali islamiche non possono avere spazio nel nostro paese. E’ necessario impostare le regole del gioco”. Il presidente dell’associazione giovanile dell’Unione, Paul Ziemiak, ha dichiarato: “Lo Stato deve sapere dove sono le moschee e cosa vi succede, se non si parla tedesco e viene praticato un Islam radicale”. Contrario a leggi ad hoc si e’ detto invece il capogruppo parlamentare dell’Unione, Volker Kauder (Cdu): “Quando l’odio viene predicato nelle moschee qui in Germania, e’ possibile gia’ oggi procedere all’espulsione”, ha dichiarato. Contrario anche il politico dei Verdi Volker Beck, secondo cui il perimetro della liberta’ di culto e’ gia’ regolamentato adeguatamente dalla Costituzione.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Ecuador, l’erede di Correa a un passo dalla presidenza, tra la protesta delle opposizioni

03 apr 11:38 – (Agenzia Nova) – Il candidato della maggioranza uscente Lenin Moreno e’ a un passo dal diventare il nuovo presidente dell’Ecuador. Il Consiglio nazionale elettorale (Cne) sta ultimando il conteggio dei voti del secondo turno delle elezioni, ma con quasi il 95 per cento delle schede scrutinate, Moreno ha un vantaggio di circa due punti sullo sfidante, il liberale Guillermo Lasso. Un esito comunque destinato a creare polemiche. Il fronte delle opposizioni contesta il risultato elencando una serie di presunte frodi consumate nei seggi. E “grossolano” sarebbe stato secondo Lasso l’imbroglio fatto dal Cne con un “black out” nella diffusione dei risultati tra il 20 e il 94 per cento delle schede scrutinate. Una protesta che si e’ rovesciata nelle piazze portando a momenti di tensione tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Il banchiere, quasi sicuramente sconfitto, presentera’ ricorso e invita il segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) Luis Almagro a vigilare sulla situazione. Se confermata, la vittoria di Moreno mantiene l’Ecuador sulla strada segnata dai dieci anni di presidenza di Rafael Correa. Co-fondatore del cosiddetto “socialismo del XXI secolo”, Correa ha goduto di un ampio margine di consenso per larga parte del suo mandato, soprattutto in virtu’ dei forti investimenti sociali, protetti da un certo rigore nei conti pubblici, caratteristica non scontata per altri paesi dell’area a partire dal Venezuela. La crisi economica e il peso dello stesso presidente sulla scena hanno finito per disperdere gli entusiasmi e svelato profonde divisioni nella societa’. Simbolo di una certa lotta “anti-imperialista”, l’Ecuador ha inoltre da tempo concesso lo status di rifugiato politico a Julian Assange. Il cofondatore di wikileaks ha salutato il risultato elettorale invitando Lasso ad abbandonare il paese entro trenta giorni, lo stesso margine di tempo che il candidato liberale gli aveva dato nel caso di vittoria alle elezioni.

© Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Exit mobile version