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Tra ‘Comitato Media e Minori’ e ‘Consiglio Nazionale degli Utenti’, lotta impari nel Far West Web per la (non) tutela dei minori

È stato finalmente nominato il nuovo “Comitato Media e Minori”, la cui presidenza è stata affidata a Jacopo Marzetti: la notizia è stata resa pubblica da una nota del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) venerdì scorso 29 ottobre 2021, diramata per prima da un dispaccio dell’Agi nel pomeriggio, ed il quotidiano online “Key4biz” è stata una delle poche testate giornalistiche che l’ha rilanciata (vedi “Key4biz” del 29 ottobre 2021, “Mise nomina il nuovo Comitato media e minori”).

Sui quotidiani nazionali, sia nelle edizioni su carta sia nelle edizioni su web, nessuna traccia della notizia della firma del decreto da parte del Ministro Giancarlo Giorgetti, a (ri)conferma che si tratta di un organismo semi-clandestino, se non addirittura fantasma. Ne hanno scritto soltanto “Key4biz” giustappunto, poi “Prima Comunicazione” (edizione online) ed il sito web di “Vita.it” (il portale del terzo settore).

Insomma, questo “Comitato Media e Minori”… se esiste, nessuno o quasi se ne accorge. Purtroppo.

Eppure, sulla carta, l’organismo avrebbe una funzione importante e delicata.

Il Comitato, noto anche come “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori”, ha (rectius: “avrebbe”!) il compito di assicurare la protezione dei minori dalla diffusione di contenuti nocivi anche nell’era digitale.

Nel Comitato sono coinvolti i rappresentanti di istituzioni, delle emittenti televisive e delle associazioni dei produttori audiovisivi, nonché degli utenti. Il Comitato dovrebbe avere il compito di rafforzare la collaborazione e favorire l’introduzione di strumenti, normativi e tecnologici, in grado di tutelare i minori e i giovani attraverso un uso consapevole dei media.

I componenti effettivi del Comitato nominati dal Ministro sono: Giuseppe Scialla, Iside Castagnola, Remigio Del Grosso e Marianna Sala in rappresentanza delle istituzioni coinvolte; Marcello Ciannamea, Maria Eleanora Lucchin, Giovanni Crudele, Alfredo Donato e Alessia Caricato in rappresentanza delle emittenti e delle associazioni di settore; Emilia Visco, Vincenzo Brogi, Luca Borgomeo, Matteo Santini e Umberto Rapetto in rappresentanza degli utenti.

Di fatto, 5 consiglieri sono indicati dal Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), 1 dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), 4 dal Ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) alias dal titolare del dicastero Giancarlo Giorgetti.

Nella mattinata di oggi, è stata resa nota la notizia dell’apprezzamento per il nuovo Comitato “Media e Minori” da parte del Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), organismo ancora più istituzionale (è organo ausiliario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), ma anch’esso debole a causa del deficit di risorse di cui soffre.

Ha dichiarato oggi Sandra Cioffi (Presidente del Cnu, nominata nel novembre 2020, già parlamentare nelle liste de L’Ulivo nella XV Legislatura, dal 2016 al 2018, già Componente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia): “con molta soddisfazione apprendiamo che il Ministro dello Sviluppo Economico, d’intesa con Agcom, ha firmato il decreto di nomina del Comitato Media e Minori, che sarà presieduto dall’avvocato Jacopo Marzetti, già Garante per l’infanzia della Regione Lazio. Tenuto conto del ruolo di tale organismo, il nostro auspicio è che grazie all’impegno del Presidente e dei suoi Membri, potrà essere portato un concreto innovativo contributo alla tutela dei minori nel campo della comunicazione audiovisiva”.

Precisa Cioffi che faranno inoltre parte del “Comitato Media e Minori”, designati dal Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), 5 componenti effettivi (Emilia Visco, Vincenzo Brogi, Luca Borgomeo, Matteo Santini, Umberto Rapetto) e 5 supplenti (Luisa Lodevole, Giuseppe Magno, Angela Nava Mambretti, Emilio Tosi, Laura Provenzali); ciò – conclude la Presidente Cioffi – “costituisce certamente una garanzia di una costante ed efficace sinergia” (si tratta – commentiamo con affettuosa ironia – di “sinergia” tra 2 soggetti deboli ovvero 1 debolezza + 1 debolezza = 2 debolezze…).

Ricordiamo i componenti del Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu) si sono insediati ad inizio dicembre 2020 (tra parentesi indichiamo l’associazione che li ha espressi): Antonio Affinita (Moige), Giovanni Baggio (Aiart), Mariano Baldi (Mdc), Dino Cimaglia (Unc), Sandra Cioffi (Associazione Sos, Telefono azzurro), Vincenzo Franceschelli (U.Di.Con.), Stefania Leone (Associazione Disabili Visivi, Associazione nazionale per la promozione sociale e culturale dei Non Vedenti e degli Ipovedenti), Mario Russo (Cgd, Agedo), Matteo Santini (Centro studi e ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori), Furio Truzzi (Assoutenti), Emilia Visco (Consiglio Nazionale Donne Italiane e Federazioni Nazionale Insegnanti Fnism). Nella riunione di insediamento, il Cnu ha nominato all’unanimità il Presidente, giustappunto Sandra Cioffi e il Vice Presidente, Vincenzo Franceschelli.

Il Cnu, nella sua attuale composizione, è attivo quindi da un anno, e la sua voce è stata ascoltata in alcune occasioni (vedi l’intervista del Direttore di “Key4bizRaffaele Barberio, nell’edizione del 5 maggio 2021, alla Presidente “Giornata contro la Pedofilia. Cioffi (Cnu): “Sfida importante oggi che richiede più attenzione e impegno civile per il futuro”), ma permane evidente la debolezza dell’organismo.

In Agcom, si ricordi che segue i lavori del Consiglio Nazionale degli Utenti una dirigente di lungo corso (da oltre 20 anni in Autorità), Maria Pia Caruso, già Responsabile dell’Ufficio di gestione del Contact Center e Relazioni con il Pubblico, e prima ancora Responsabile dell’Ufficio Affari Generali e Contratti e, in precedenza, dell’Ufficio per i Rapporti con i Corecom (i Comitati regionali per la comunicazione).

Tutto ciò premesso, nel rituale scambio di auguri di buon lavoro, alcune considerazioni meritano essere sottoposte all’attenzione di coloro che si interessano di queste tematiche.

Il neo Presidente del Comitato Media e Minori, l’avvocato Jacopo Marzetti (già Garante per l’Infanzia della Regione Lazio)

Qualcuno osserva come il neo Presidente del rinnovato “Comitato Media e Minori”, l’avvocato romano Jacopo Marzetti (classe 1982) possa senza dubbio vantare di essere stato Garante per l’Infanzia della Regione Lazio (dal 2016), ma, al tempo stesso, non possa vantare un curriculum qualificato come esperto di comunicazioni elettroniche o come studioso di media, ma piuttosto come amministratore giudiziario, liquidatore societario e curatore fallimentare (dal maggio scorso, come Commissario Straordinario di Farmacap, azienda speciale farmasociosanitaria capitolina) e, soprattutto, ha avuto una precisa connotazione partitica, essendo stato membro del Consiglio Municipale di Roma 2 (quartiere Parioli), dal 2008 al 2013, eletto nelle liste del Popolo delle Libertà.

Sarebbe banale e malizioso insinuare che un professionista che ha militato nelle fila del partito di Berlusconi non possa presiedere un comitato che pure dovrebbe in qualche modo vigilare anche rispetto alle reti del gruppo Mediaset, ed infatti questa malevola tesi la accantoniamo subito. Peraltro Marzetti è stato cooptato a suo tempo dal Ministro Alfredo Bonafede anche nella “Squadra Speciale Giustizia per la Protezione dei Minori”, istituita nel luglio del 2019: insomma, non v’è dubbio che abbia competenza ed esperienza in materia di “minori”, sebbene non nello specifico mediologico.

La nomina dell’avvocato Marzetti sarebbe avvenuta anche con il coinvolgimento di Dario De Falco, considerato da alcuni il “plenipotenziario” dell’esponente grillino Luigi Di Maio: ex compagno di liceo del Ministro, è suo consulente di fiducia (formalmente Consigliere alle relazioni esterne in ambito nazionale del Maeci) e “supervisore” nella distribuzione delle “poltrone” in enti pubblici ed assimilabili. Quella in oggetto è in verità una “poltroncina” veramente.

Quel che riteniamo importante evidenziare è che questi due organismi – Consiglio Nazionale degli Utenti e Comitato Media e Minori – assistono da anni, impotenti, a quel che avviene nello scenario mediale nazionale, televisivo e web.

Non sono dotati infatti delle risorse tecniche (professionali e budgetarie) minime per poter svolgere il loro ruolo in modo serio.

Non giriamoci intorno. La vera verità è questa: il sistema mediale italiano non è sottoposto realmente ad un controllo vigile, accurato, puntuale, delle degenerazioni della sua offerta.

Se un minimo (ma giusto un minimo!) di controllo avviene per le reti generaliste (si tratta di autocontrollo, per lo più, in verità), tutto il restante scenario mediale evidenzia una situazione disastrosa. E totalmente fuori controllo.

Basti osservare quel che offre un canale come Real Time (gruppo Discovery), senza nessuna forma di (auto)censura, con programmi che definire “trash” è gentile eufemismo (ci limitiamo a citare “Sex Unlimited” o “Body Bizzarre” o “Vite al limite”…). Senza dimenticare, su altro fronte (emittente) i picchi di volgarità raggiunti da trasmissioni come “Geordie Shore”, giunta alla 21ª stagione su Mtv Italia (Viacom Cbs).

E che dire dei testi delle canzoni che scalano le classifiche musicali, tra rap e trap, su YouTube ed altri “social media”?!

Alcuni di questi brani di grande successo sono simpaticamente canticchiati (talvolta imparati a memoria) anche da pre-adolescenti, e senza dubbio propongono una visione della vita basata su valori come il danaro, il sesso, la droga.

Far West Web: tutto avviene nella più assoluta indifferenza dei più

Sul web, in sostanza, domina il caos: controllo da parte dell’Agcom zero, ed altresì dicasi di Cnu e Comitato Media e Minori. Il primo lamenta deficit di “giurisdizione” ed il Parlamento ignora l’esigenza naturale, e sana, di estensione del suo perimetro di interventi. I secondi due sopravvivono a se stessi, senza una strumentazione operativa minimamente dignitosa.

Abbiamo denunciato più volte, anche su queste colonne, la grave situazione: vedi, da ultimo, “Key4biz” del 15 ottobre 2021, “Rai, Netflix e TikTok: confronto su Far West del web e retorica del ‘parental control’”.

Abbiamo anche segnalato la contraddizione tra un sistema “regolatorio” rigido (…) per quanto riguarda la proiezione di film nelle sale cinematografiche e la sostanziale assenza di regole per quanto riguarda internet: vedi “Key4biz” del 7 aprile 2021, “Abolita la censura cinematografica. Ma il vero problema è cosa circola sul web”. In quest’ultimo articolo, davamo conto anche di un report di autodescrizione delle proprie attività prodotto nella primavera di quest’anno dal Comitato Media e Minori.

Il Comitato, allora presieduto da Donatella Pacelli (nominata nel gennaio 2018 dall’allora titolare del Mise Carlo Calenda), non ha certo aver brillato per attivismo ed interventismo, e parrebbe abbia piuttosto avuto la funzione della classica italica “foglia di fico”: basti leggere l’autodescrittivo “Report delle attività svolte nel periodo gennaio 2018-febbraio 2021”.

Qualche sanzione, su questi temi, è stata effettivamente decisa dall’Agcom: per esempio, 100mila euro di multa a Rai per una trasmissione di “Lost” (decimo episodio della seconda stagione), nella quale un bambino uccideva con una pistola un vecchio, ma si ha ragione di ritenere che la gran parte del flusso ovvero dell’offerta non sia sottoposto ad adeguato controllo…

Il Comitato Media e Minori non ha peraltro mai operato a pieno regime, e nel succitato “Report” si ha conferma di ciò: viene lamentata “la difficoltà derivante dalla mancanza di risorse economiche (…) questa criticità ha reso estremamente difficile per il Comitato assolvere agli impegni formativi e culturali adesso assegnati”. Nel 2018, il Comitato ha valutato soltanto 72 casi (!), di cui 45 archiviati (!!); nel 2019, 58 casi, di cui 41 archiviati; nel 2020, 49 casi, di cui 31 archiviati… E ciò basti.

Al di là della televisione, va osservato che non esiste alcuna forma di tutela dei minori sul flusso incontrollato di immagini audiovisive che sono ormai accessibili con un clic: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) è sostanzialmente inerte (ogni tanto si desta dalla sonnolenza), e si stenda un velo di pietoso silenzio sull’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Agia), che brilla per la propria sostanziale assenza in argomento (fatte salvi, anche in questo caso, estemporanei risvegli dal torpore).

Agcom interviene. Ogni tanto. 125 mila di multa a Radio Studio 105 per “Lo Zoo di 105”

Certo, si dirà, che Agcom interviene. È vero, interviene ogni tanto.

E colpisce forse 1 caso su 10 (o su 100?!) di quelli che dovrebbero entrare nel suo mirino.

Per esempio, risale ad una settimana fa un suo intervento mirato: mercoledì della scorsa settimana, 27 ottobre 2021, la “Commissione Servizi e Prodotti” (Csp) dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha sanzionato con una multa di 125 mila euro (delibera n. 183/21/Csp) la società Radio Studio 105 s.p.a. per la diffusione di due puntate in fascia diurna del programma “Lo Zoo di 105”. 

AgCom ha accertato la violazione dell’art. 34, comma 2, del Tusmar (Testo Unico della Radiotelevisione) che vieta di trasmettere “programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori e film vietati ai minori di anni 14”.

Denuncia l’Autorità, presieduta da Lasorella: “all’interno delle due puntate sanzionate, andate in onda alla fine del 2020, sono state pronunciate, in maniera continuativa e morbosa, allusioni sessuali, messaggi di intolleranza e sono state utilizzate espressioni volgari e denigratorie rivolte in particolar modo contro donne e omosessuali”.

Si ricordi che l’emittente Radio 105 era già stata diffidata in passato dall’Autorità per aver diffuso espressioni dal contenuto fortemente denigratorio in violazione del regolamento di contrasto all’“hatespeech” (Delibera n. 157/19/Cons).

Commentando la delibera, la Commissaria relatrice Elisa Giomi, sociologa dei media, ha dichiarato: “è fuori luogo parlare di uso iperbolico di espressioni grezze o di mero elemento sonoro – come hanno argomentato, a difesa delle trasmissioni sanzionate, i rappresentanti di Radio Studio 105 – perché il registro umoristico, in queste circostanze, è un’aggravante, contribuisce a creare accettazione e consenso sociale intorno al linguaggio d’odio e allo scherno sprezzante. Ugualmente, il meccanismo della ripetizione ossessiva non determina la perdita di significato delle parole, ma al contrario ne aumenta la carica nociva e il potenziale di riproduzione, come accade con i virus che più circolano più sfuggono al controllo”.

Apprezzabile la decisione sanzionatoria di Agcom, condivisibile il commento della professoressa Elisa Giomi.

Il problema è che questo tipo di fenomeni sono molto più diffusi di questi casi isolati, e richiederebbero un monitoraggio approfondito e continuativo, che certamente non rientra nelle chance operative dell’Agcom.

Il caso sintomatico di “Squid Game”: la Garante per l’Infanzia lo segnala, ma si appella ai genitori!

Un caso, per tutti, sintomatico: da alcune settimane impazza, anche in Italia, su Netflix, la serie televisiva sudcoreana “Squid Game” (in italiano, si traduce con “il gioco del calamaro”), un prodotto di punta dell’offerta di Netflix, lanciata in tutto il mondo il 17 settembre 2021… Creata da Hwang Dong-hyuk (e prodotta da Siren Pictures Inc.), narra, con ritmo incalzante e regia eccellente (e violenza a gogò, con inquadrature che spesso grondano sangue), la storia di 456 persone indebitate fino al collo, coinvolte da una misteriosa organizzazione, che prospetta un premio multi-milionario a chi vincerà una serie di semplici giochi… Chi vince (alla fin fine, 1 vincitore soltanto sui 456 partecipanti) si arricchisce enormemente (in palio 45,6 miliardi di won, pari a circa 33 milioni di euro), ma chi perde viene… giustiziato (brutalmente ucciso): si assiste, puntata dopo una puntata, ad una carneficina…

Qualcuno si è posto il problema di come narrazioni aberranti come questa (la serie è ben fatta, e può anche essere considerata una raffinata metafora dei meccanismi alienanti del capitalismo, ma questa lettura sfugge certamente a bambini e ragazzi) possano influenzare le giovani menti?!

Risvegliandosi dal torpore, è finalmente intervenuta, venerdì scorso, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (Agia): il 29 ottobre, ha preso posizione, ma il suo appello (peraltro privo di alcuna forza normativa) è destinato a cadere nel vuoto (e peraltro non è stato ripreso dai media “mainstream”, se non un trafiletto sul sempre sensibile quotidiano della Cei – Conferenza Episcopale Italiana “Avvenire”)…

Carla Garlatti, titolare dell’Autorità, ha sostenuto (anche a nome dei garanti regionali e delle province autonome, che hanno affrontato l’argomento in occasione dell’ultima “Conferenza Nazionale di Garanzia”), che si deve “non lasciare soli i bambini”… Oh, perbacco!

Ha segnalato che “sono arrivate diverse segnalazioni all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e ai Garanti regionali e delle province autonome a proposito di bambini che nei propri giochi si ispirano a ‘Squid game’, una serie tv destinata a maggiori di 14 anni in cui i protagonisti partecipano a sfide che prevedono punizioni cruente in caso di sconfitta”.

Anzitutto, gentile Garante: la serie sarà anche “destinata ai maggiori di 14 anni” (sulla carta…), ma nessuno effettua controlli in argomento, e ribadiamo che i meccanismi di “parental control” che Netflix o Sky rendono disponibili sono utilizzati da pochissimi utenti. Quindi, si tratta di una “protezione” teorica. Ed ipocrita.

Sostiene Garlatti: “le preoccupazioni sui possibili comportamenti emulativi sono condivise da questa Autorità garante che, come in altre occasioni, tiene sotto attenta osservazione il fenomeno… Certe immagini possono inoltre influire sullo sviluppo dei bambini e dei ragazzi. La visione andrebbe quanto meno accompagnata dalla presenza degli adulti, tenendo conto dell’età e dei contenuti. Va comunque considerato che i minorenni, talora, assistono a immagini di violenza reale, delle quali magari ci si preoccupa meno”. 

Continua la Garante: “è evidente che esiste un problema di controllo da parte degli adulti e, insieme, la necessità di trovare una risposta, in questo caso, a una serie di successo su scala planetaria. I genitori, trattandosi di video diffusi da una piattaforma di streaming, possono attivare sistemi di parental control, ma questo argine può saltare se le stesse sequenze sono condivise sui social, anche se va ricordato che sotto i 14 anni i bambini non dovrebbero poter accedere a tali piattaforme. Da questo punto di vista è inevitabile fare appello alla responsabilità dei genitori, che non dovrebbero mai lasciare i propri figli da soli davanti a uno schermo”.

E, come sempre accade in Italia, “l’Autorità” segnala ma se ne lava le mani e ritiene che la questione debba rientrare nelle competenze genitoriali: da non crederci.

Conclude Garlatti, à la Ponzio Pilato: “è plausibile però che i bambini possano comunque venire a contatto con tali contenuti, magari per il tramite di compagni di classe o di giochi. Per questo è opportuno che genitori ed educatori inizino a discutere insieme ai ragazzi i motivi per i quali sono affascinati dai temi della competizione, della crudeltà, delle differenze sociali e della morte. È infatti essenziale cogliere quali sono gli aspetti importanti di cui sentono la necessità di parlare e affrontarli con loro”.

Lo Stato abdica, e si appella a famiglie e scuole

Lo Stato abdica, e si appella alle famiglie (i genitori) e poi anche alle scuole (gli educatori).

Famiglie italiche che hanno spesso ben altri problemi da affrontare (economici e psico-sociali), certamente più prioritari di questo per la loro sopravvivenza quotidiana.

Scuole italiche nelle quali l’educazione alle immagini audiovisive è intrapresa rara, promossa da pochi dirigenti coraggiosi e professori sensibili. In questa prospettiva, certamente commendevole il progetto congiunto del Ministero della Cultura (Mic) e del Ministero dell’Istruzione (Mi) “Cinema e Immagini per la Scuola”: vedi “Key4biz” del 9 agosto 2021, “36 milioni di euro per il bando “Cinema e Immagini per la Scuola”. Ma non basta.

Scrivevamo su queste colonne, nell’aprile scorso: il Ministro Dario Franceschini, il Presidente Agcom Giacomo Lasorella, la Presidente Agia Carla Garlatti hanno coscienza che basta digitare la parolina magica “YouPorn”, e qualsiasi bambina e bambino d’Italia, ragazzo e ragazza, può liberamente fruire, senza alcuna limitazione, di una quantità infinita di immagini pornografiche?!

E si tratta di pornografia pesante, non quella che caratterizzava gli innocenti filmetti (cinematografici, appunto, e spesso “censurati”) di certa commedia all’italiana di “serie B” (basti per tutti citare il mitico “Giovannona coscialunga disonorata con onore” con la Edwige Fenech, per la regia di Sergio Martino): quella attuale e liberamente accessibile è pornografia spesso caratterizzata da approcci tipici della perversione erotica, e pedagogicamente (in termini di educazione sessuale e di rispetto dell’altro) deleteri.

E naturalmente l’educazione alla sessualità resta argomento tabù nella quasi totalità delle scuole italiane.

Nessuno denuncia questi fenomeni dilaganti, e, in particolare, il Far West Web cresce indisturbato.

Contraddizioni dello Stato? Strabismo di Stato?! Ipocrisia di Stato?!

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