Il Master Service Agreement siglato con Telecom Italia potrebbe rappresentare uno degli elementi più delicati nell’ambito della vendita di Inwit, che entrerà nel vivo, con la presentazione delle offerte vincolanti, a metà marzo.
Il cosiddetto Master Service Agreement (MSA), che disciplina le attività di Inwit nei confronti di Telecom per una durata di otto anni tacitamente rinnovabile per altre due volte (per un totale di 24 anni, fino, quindi al 2039), presenta una serie di vincoli che potrebbero limitare le sinergie e le opportunità dell’eventuale acquirente.
In Inwit sono confluite circa 11.500 torri, sulle quali sono collocati gli apparati di trasmissione radio per le reti di telefonia mobile di Telecom e ospitati quelli di altri operatori.
Innanzitutto alcuni accordi quadro tra Telecom e gli altri operatori, in quanto relativi a condizioni ‘reciproche’, non sono stati conferiti a Inwit la quale, inoltre, per l’intera durata del contratto non potrà stipulare nuovi contratti di ospitalità senza l’autorizzazione scritta di Telecom e fermo restando il riconoscimento di un trattamento preferenziale a Telecom in caso di necessità di nuovi servizi o di nuovi siti.
Soltanto su un numero limitato di siti (circa 1.400 localizzati prevalentemente in comuni con popolazione superiore a 50 mila abitanti) Inwit potrà offrire servizi di ospitalità a terzi senza il beneplacito di Telecom: quindi se Inwit volesse siglare accordi commerciali sulle oltre 7400 torri di Tipo A, collocate cioè nei Comuni con meno di 50mila abitanti, deve avere l’autorizzazione di Telecom. Su altre 3.700 torri di Tipo A, ‘senza impegno’ Inwit potrà ospitare altri operatori ma solo se Telecom non è interessata a usufruirne.
Quanto alla scadenza del contratto, le parti hanno convenuto che in caso di cambio di controllo della società in data antecedente alla prima scadenza contrattuale, quindi entro il 2022 tenuto conto dei 12 mesi di preavviso previsti dalla disdetta, il MSA viene automaticamente rinnovato fino alla scadenza successiva, quindi fino al 2031.
Si tratta di vincoli contrattuali ovviamente “valutati e compensati in maniera” che Inwit ha ritenuto adeguata e di condizioni sottoposte al parere di un esperto indipendente. Telecom Italia versa complessivamente un canone annuo di circa 250 milioni di euro (140 milioni per i siti di Tipo A a cui si potrebbe aggiungere una penale annua massima di 11,3 milioni se Telecom non rispettasse alcuni degli impegni previsti e 113 milioni per i siti di Tipo B)
La società, nata ad aprile dello scorso anno, ha chiuso i suoi primi nove mesi con ricavi pari a 239,2 milioni di euro, di cui: 190,0 milioni di euro da Telecom Italia sulla base del Master Service Agreement e 49,2 milioni di euro dagli OLO, in rialzo del 12,0% sull’importo comparabile del 2014.
Telecom Italia, del resto, oltre a detenere la quota di maggioranza di Inwit (il 60%) è il suo principale cliente: nel 2014, il contratto con Telecom ha generato l’81% dei ricavi proforma. Ovvio che voglia continuare a mantenere i suoi vantaggi e a tutelarsi anche dopo la cessione. E’ anche naturale però che i vincoli del Master Service Agreement peseranno sulla valutazione dell’asset che attualmente ha una capitalizzazione di 2,7 miliardi di euro.
La partita della vendita entrerà nel vivo non prima di metà marzo con la presentazione delle offerte vincolanti (il termine scade l’11) da parte dei pretendenti per la quota del 45% di Inwit messo in vendita da Telecom, che dunque manterrà solo una quota di minoranza.
In corsa, la controllata da Mediaset, Ei Towers, e il tandem Cellnex–F2i: tra le due offerte ancora non vincolanti ci sarebbe uno scarto di 200 milioni. Ei Towers ha presentato un’offerta da 1 miliardo (5 euro per azione) ma soltanto sul 29,9% del capitale, mentre Cellnex-F2i si è fermata a 4,3 euro mettendo sul piatto, però, circa 1,2 miliardi per l’intera quota messa in vendita. La terza pretendente è American Tower con un’offerta da 4 euro per azione.
Favorito nella corsa sembrerebbe il duo F2i-Cellnex. Quest’ultima ha una capitalizzazione 3,65 miliardi di euro e gestisce una rete di circa 15mila torri, delle quali 7.700 in Italia e le restanti in Spagna (dove potrebbe essere interessata anche alle11.500 torri di Telefonica).
Ora starebbe guardando anche ad altri mercati, tra i quali il Regno Unito, ma è l’Italia il mercato al centro del suo interesse.