Anche l’operatore spagnolo Telefonica sta preparando la vendita di circa 11.500 torri di trasmissione, nell’ambito del processo di dismissione delle attività non-core, tra le quali anche i data centre e i cavi sottomarini.
Questi asset, secondo indiscrezioni non ancora confermate, dovrebbero confluire in una nuova società che sarà messa in vendita entro metà 2016, con un ricavo stimato tra 5 e 6 miliardi di euro.
Telefonica possiede circa 60 mila torri in Spagna e non ha escluso la possibilità di far confluire quelle gestite dalle controllate in Brasile e Germania in una nuova unità internazionale del valore di circa 10 miliardi di euro.
La società spagnola ha un debito di quasi 50 miliardi di euro e per alleggerirlo ha già avviato la cessione della controllata britannica O2 a 3UK per 14 miliardi di euro, anche se l’operazione deve ancora essere approvata dalle autorità nazionale ed europee.
La finalizzazione della cessione è attesa per il secondo trimestre di quest’anno, ma resta da capire se otterrà il via libera dell’antitrust europeo, che potrebbe arrivare, sì, ma con condizioni molto rigide che renderebbero l’accordo meno attraente per Telefonica.
In caso di pollice verso, Telefonica potrebbe quindi considerare opzioni alternative, quali la quotazione della controllata messicana.
La vendita delle torri si conferma comunque una via privilegiata per liberarsi di un asset costoso e non strategico e concentrarsi sulle attività principali, cogliendo così le nuove opportunità di un mercato in continua evoluzione.
Per gestire la crescita esponenziale del traffico dati, ad esempio, gli operatori sono chiamati a trasformare completamente le proprie reti estendendo le coperture 4G, acquisendo nuove frequenze e avviando l’evoluzione verso le reti 5G. in questo scenario, la condivisione ed esternalizzazione di asset e servizi infrastrutturali rappresenta un’importante leva per ottimizzare l’utilizzo del capitale investito.
Per i fornitori di servizi infrastrutturali, invece, le opportunità di crescita derivano sia dalla domanda di infrastrutture radio tradizionali e cioè nuovi accessi radio su siti esistenti o nuovi Siti, ma anche dalla necessità di nuovi servizi legati allo sviluppo di coperture microcellulari multi – operatore. Opportunità di crescita inorganica sono invece legate all’acquisizione di nuovi asset che gli Operatori potrebbero decidere di esternalizzare o al consolidamento tra operatori infrastrutturali.
In Italia, intanto, è entrato nel vivo il processo di cessione di un ulteriore quota del 45% di Inwit, la società in cui sono confluite le torri di Telecom Italia. L’operazione dovrebbe essere conclusa entro la prima metà di quest’anno. Offerte sarebbero arrivate da Cellnex-F2i, Ei Towers e American Tower.
A giugno dello scorso anno, Telecom ha quotato in Borsa il 40% di Inwit generando un ricavo di oltre 875 milioni di euro.
Inwit ha attualmente una capitalizzazione di oltre 2,9 miliardi. La quota in mano a Telecom, pari al 60% del capitale, rappresenta un bel tesoretto per la società telefonica, che ha più volte detto di non volerne mantenere il controllo.
In pole position per l’acquisizione sembrerebbe il tandem Cellnex-F2i. la società spagnola, ex Abertis, – che ha già acquisito 7.300 torri di Wind e altre 300 da Atlantia – potrebbe pagare un premio tra il 5% e il 10% rispetto al valore di Borsa alla luce delle sinergie possibili con le reti già in suo possesso (con le 11.500 torri Inwit, raggiungerebbe quota 38 mila siti). Sinergie stimate nell’ordine di almeno 1 miliardo di euro.
Il Fondo F2i, dal canto suo, è già azionista di maggioranza di Metroweb e non ha mai nascosto la sua inclinazione verso il settore delle infrastrutture per le telecomunicazioni.
Inwit, intanto, nell’ottica di rafforzamento delle attività ha appena annunciato di aver completato l’acquisto di 76 siti per reti di telefonia mobile in Lombardia localizzati principalmente nella provincia di Brescia per un corrispettivo complessivo di 7.9 milioni di euro.