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Tlc italiane in crisi. Sindacati: ‘Serve dialogo con Governo e Authority’

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La filiera delle telecomunicazioni è in gravi difficoltà, manca il dialogo fra sindacati (Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil) e Governo e nemmeno le aziende (Asstel) hanno un interlocutore valido con le istituzioni. E’ questo in sintesi il messaggio odierno di Cesare Avenia, presidente di Asstel, Massimo Cestaro, segretario generale Slc/Cgil, Vito Vitale, segretario Fistel Cisl e Salvatore Ugliarolo, segretario generale Uilcom/Uil a margine del Forum della Filiera delle Telecomunicazioni Asstel sindacati e della  presentazione del Rapporto sulla Filiera delle Telecomunicazioni 2014. Il settore è sano, ma interi comparti come ad esempio quello dei call center sono in sofferenza.

Cesare Avenia (Asstel): ‘Se la filiera va male ne risente il Paese’

“Il 2013 è stato l’annus horribilis della filiera delle telecomunicazioni, con un calo dei ricavi in Italia del 7% e del 10% degli operatori – ha detto Cesare Avenia, presidente di Asstel – Ciò detto, gli investimenti ammontano ancora al 16% dei ricavi. La filiera continua a investire. Il 2014 è ancora in calo, ma gli investimenti stanno accelerando. Nel 2013 l’occupazione è diminuita del 2%, ma le buone relazioni industriali hanno minimizzato la perdita di posti di lavoro grazie al massiccio ricorso alla solidarietà. Al Governo vogliamo dire che se questa filiera va male, il problema non è soltanto della filiera ma del Paese intero”.

Secondo Avenia, uno dei problemi maggiori riguarda la scarsa cultura digitale del paese. “Il 23% del territorio è coperto a banda ultralarga, ma la percentuale di sottoscrizioni a servizi è appena dell’1%. Senza la spinta decisa di Governo e Parlamento non si uscirà da questa situazione di impasse. Urge l’attuazione del decreto scavi e delle linee guida sull’elettromagnetismo, provvedimenti fermi da troppo tempo. Lo Sblocca-Italia poi è infarcito di decreti attuativi che ritardano i provvedimenti che in sé sono positivi”.

 

Massimo Cestaro (Slc-Cgil): ‘Settore sano, non possiamo essere spettatori’

I numeri della crisi parlano da soli, “i dati sono oggettivi – dice Massimo Cestaro, segretario generale Slc/Cgil –  ne emerge una difficoltà de settore, nonostante il dato sugli investimenti, per sostanziale arretratezza fra le altre cose della PA. La crisi pesa sui consumi, che hanno subito un calo del 25% che si registra anche nei dati di traffico e di installazioni”.

“Non possiamo essere spettatori di questa situazione, il nostro sforzo deve essere quello di rendere esplicito al Paese che il settore delle Tlc è sostanzialmente sano e che avremmo bisogno di avere interlocutori adeguati a livello istituzionale”, aggiunge Cestaro.

Vito Vitale (Fistel-Cisl): ‘Servono interlocutori istituzionali’

 

“Il settore delle Tlc è in marcata decrescita in Italia   dice Vito Vitale, segretario generale Fistel-Cisl – Per questo avremmo bisogno di essere ascoltati da chi ricopre un ruolo governativo e all’interno dell’Authority per discutere sulla necessità di sburocratizzare le procedure, ad esempio le pratiche per gli scavi; detassare gli investimenti; discutere il quadro regolatorio, che frena la crescita. C’è poi un problema sul mercato del lavoro nella filiera: l’età media si aggira intorno ai 50 anni, servirebbero strumenti per facilitare un ricambio generazionale. Il grido d’allarme riguarda poi un paese, l’Italia, che ha il 100% di copertura di rete e appena il 21% di penetrazione”.

Salvatore Ugliarolo (Uilcom-Uil): ‘Basta agende e spot sui social network’

 

“Questo settore continua a fare ricavi e marginalità, nonostante la crisi – ha detto Salvatore Ugliarolo, segretario nazionale Uilcom-Uil – La decrescita riguarda tutta la filiera, dai grandi operatori ai produttori di apparati e in particolare i call center. Nonostante tutto, abbiamo trovato soluzioni, gestendo vertenze e ristrutturazioni e salvaguardando posti di lavoro. Il settore ha tutte le potenzialità per uscire dall’impasse, però occorre far capire alle istituzioni, che negli ultimi 4 – 5 anni sono state assenti, il potenziale del settore. Di agende ne abbiamo sentite tante, basta spot sui social network. Il problema non è l’articolo 18, la realtà è che gli investitori esteri non vengono a investire in Italia per i problemi legati alla burocrazia e a tutti i malfunzionamenti del paese”.

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